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TESTO Commento su Giovanni 20,19-23

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Pentecoste (Anno A) - Messa del Giorno (11/05/2008)

Vangelo: Gv 20,19-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

* Nel giorno di Pentecoste, al termine del tempo pasquale, la Chiesa ci chiede di guardare a ciò che di più misterioso, indefinito, difficile da scorgere c'è nella nostra esistenza individuale e comunitaria: lo Spirito Santo. La sua presenza è vicina, vicinissima, eppure così sfuggente, impalpabile, facilmente fraintendibile e addirittura ignorabile. Il Concilio non ha paura di dirci che questa presenza è universale, diffusa quanto è diffusa l'umanità sulla faccia della terra, e quindi vicina ad ogni persona umana, eppure avvolta nel mistero: "Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale" (GS 22). C'è però un luogo in cui l'invisibilità dello Spirito Santo si infrange, e la sua diventa una presenza luminosissima, evidente, che può diventare oggetto del nostro discernimento. Questo luogo sono i frutti che lo Spirito Santo produce nella vita di una persona e di una comunità. Sì, nessuno di noi può vedere lo Spirito santo, ma tutti possiamo fare un discernimento sulla presenza dei suoi effetti. E le tre letture di questa liturgia eucaristica ci aiutano a specificarne alcuni.

* Il racconto degli Atti che leggiamo come prima delle tre letture ci dice che dove c'è lo Spirito si crea un legame tra la capacità di parlare la lingua dell'altro e quella di annunciare le grandi opere di Dio "li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio". Non solo la capacità dell'annuncio di fede, e neanche, da sola, la capacità di comunicare con l'altro, il lontano, lo straniero che possiede un'altra lingua. Ma un annuncio che va insieme alla capacità di farsi vicino all'altro. Le opere di Dio vanno dette, ma vanno dette nella lingua udibile dall'altro, da colui che non le conosce. Lo Spirito Santo guida i cristiani in questa avventura dell'annuncio, ma la trasfigura continuamente nell'avventura di un incontro, di una comunicazione efficace, di una parola umana vera, detta da un uomo ad un altro uomo che si incontrano a partire dalla loro distanza. La strada della missione e dell'evangelizzazione è sempre anche la strada della relazione. Nessuna verità è possibile al di fuori della carità, e lo Spirito non ci permette di far diventare l'annuncio della fede un obiettivo in nome del quale ignorare le persone e la loro presenza, ma ci aiuta a comprendere che proprio l'incontro con l'altro e con la sua lingua rende possibile l'annuncio dell'amore di Dio per ogni uomo.

* Nell'insegnamento di Paolo ai cristiani di Corinto vi è un altro segno attraverso il quale si può riconoscere l'invisibile presenza dello Spirito: l'intuizione che nella differenza è nascosta una unità. Gli occhi di chi è abitato dallo Spirito sono capaci di uno sguardo che tiene insieme il rispetto per la varietà dei carismi, dei ministeri, delle caratteristiche plurali delle persone e delle situazioni, con la coscienza di un fiume sotterraneo che tutto ciò attraversa, un fiume che lega ogni cosa con l'altra. Sappiamo bene che proprio questo era il problema di quella giovane e ricca comunità greca: la vivacità e la ricchezza dei doni personali stava rischiando di spaccare il senso della comunione e della fraternità. Le appartenenze diverse, i riferimenti a diversi maestri stavano minando l'amore della comunità. Paolo va alla radice, e ricorda che tutta quella varietà andava guardata con gli occhi dello Spirito, per vedervi "una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune". Ciò che costituisce il proprio, il particolare, va visto come una espressione dello Spirito che è lo stesso in ognuno, e che tutto spinge verso l'utilità di tutti.

* Un terzo segno della presenza dello Spirito Santo è quello che la pagina evangelica ci suggerisce, quando ci racconta della capacità di Gesù di partecipare le sue cose agli altri. Del resto è questo il senso stesso, nel IV vangelo, della Pentecoste, che coincide con la Pasqua di Gesù. E' quando muore, quando ama fino alla fine donando tutto di sé agli altri, che Gesù "diede lo Spirito" (Gv 19,30). Qui, nel racconto dell'apparizione del Risorto ai discepoli, si dice che questo dono riguarda anche la sua missione, e in essa persino il suo potere di rimettere i peccati. Per Gesù donare lo Spirito è anche donare tutto ciò ch'egli appartiene, facendo entrare nel senso della sua vita gli altri, aprendo quel senso, che è ciò che di più personale, specifico esiste in lui come in ogni persona. Gesù ha vissuto per rispondere ad una missione del Padre, e ora apre quella missione ai discepoli. Egli è venuto per perdonare i peccati e salvare il mondo, come l'autore del IV vangelo ha continuamente ricordato nel suo racconto, e ora dice che questa stessa missione deve essere continuata dai discepoli, e devono essere loro a rimettere i peccati. Il dono dello Spirito, in Gesù, diventa così dono di ciò che di più personale e proprio egli ha ed è, ad altre persone.

* Il legame tra verità e carità. L'intuizione che nel molteplice vi è una unità profonda. Il dono che sa partecipare ciò che è profondamente proprio agli altri. Ecco il luogo dello Spirito: nel legame, nel traversamento, nel "tra". Ma non è questo ciò che la fede trinitaria ci insegna? Non è, nel mistero profondo della vita di Dio, questo ciò che fa incessantemente lo Spirito Santo, sin dall'eternità? Legare il Padre e il Figlio? Percorrere nell'amore la distanza tra Colui che genera e il Generato, tra l'Amante e l'Amato? E così Egli continua a tessere legami nella nostra esistenza, tenendo insieme l'amore per le persone e l'amore per la verità, il gusto per la varietà e la pluralità e l'intuizione dell'unione di tutto con tutto, e il senso della particolarità di ciascuna persona con quello del dono di sé agli altri.


Commento a cura di don Gianni Caliandro

 

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