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TESTO Commento su Matteo 28,16-20

don Daniele Muraro  

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Ascensione del Signore (Anno A) (04/05/2008)

Vangelo: Mt 28,16-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 28,16-20

16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

I lbri dei quattro Vangeli sono i ricordi dei discepoli di Gesù messi per iscritto. Ad essi si aggiungono gli Atti degli Apostoli. San Luca, autore sia del terzo Vangelo che del libro degli Atti degli Apostoli, ci racconta per due volte l'episodio dell'Ascensione al cielo di Gesù. Infatti il suo Vangelo si conclude con Gesù che stacca i piedi da terra e viene portato verso il cielo dopo avere benedetto gli apostoli e nella seconda parte della sua opera, quella dedicata alla descrizione dei primi tempi della vita della Chiesa, lo stesso evangelista riprende il racconto proprio dalla partenza di Gesù sotto gli occhi dei suoi discepoli. Per quaranta giorni gli apostoli avevano potuto vederlo risorto e conversare con Lui più volte.

Alla fine Gesù dà le ultime raccomandazioni e poi si sposta in luogo aperto, aprendo la processione di tutti fino a raggiungere un luogo preciso, a qualche chilometro di distanza dal Cenacolo, poco fuori Gerusalemme, verso Betania, sul monte degli Ulivi.

Nella scelta del luogo dell'ultimo saluto ai suoi apostoli e a tutta la prima comunità sembra che Gesù voglia sottolineare il legame fra la sua passione e morte e la sua resurrezione e ascensione al cielo. Gesù non chiede di passare sopra alle vicende trascorse quasi che fossero uno spiacevole incidente, un equivoco risolto da mettere da parte.

Egli non dice ai suoi apostoli: "Dimenticate tutto; sono stati giorni difficili, ma si è trattato di una parentesi, perché sono ancora vivo e la mia condizione è migliore della precedente." Egli non suggerisce ai suoi apostoli di superare il trauma del venerdì santo rimuovendolo dalla loro coscienza ed espungendolo dalla versione ufficiale dei fatti.

Se Egli parte, non per questo dovrà essere cancellata dalla mente dei suoi apostoli, testimoni oculari dei fatti, la memoria della sua passione e morte a partire dall'ultima Cena del giovedì santo.

In quell'occasione egli aveva raccomandato agli stessi apostoli: "Fate questo in memoria di me" e nei giorni successivi alla sua resurrezione durante le apparizioni non manca di spezzare egli stesso il pane. Così facendo Egli ribadisce ai discepoli commossi e dubbiosi la necessità che il suo comando non sia trascurato.

Anche nel racconto della prima lettura gli apostoli raccolgono le ultime parole di Gesù mentre egli si trova a tavola con loro. Con tutta evidenza san Luca non intende descrivere il gruppo in un momento di rilassamento, si respira anzi una certa tensione legata alla prossima partenza di Gesù, ma si capisce che il contesto è quella della preghiera liturgica e in particolare della memoria del sacrificio del Signore.

Con un giorno di anticipo sulla sua morte, Gesù aveva celebrato la prima eucaristia con gli Apostoli ed Egli continua la sua presenza nella Chiesa attraverso la celebrazione della Messa. Il ritorno di Gesù preannunciato dagli angeli ai discepoli che non volevano distogliere gli occhi dalla nuvola che aveva nascosto il Signore alla loro vista si attua ogni volta che viene celebrata l'Eucaristia in attesa della venuta finale, quando tutti lo vedranno in maniera gloriosa.

Intanto però ciò che tiene viva la fede della Chiesa è la memoria delle parole e di gesti di Gesù, confermata dalle illuminazioni dello Spirito santo. È lui la forza che viene dall'alto, cioè da Dio, in maniera che di quello che riguarda Gesù gli apostoli e tutti gli altri credenti abbiano una idea chiara, non soggetta a fraintendimenti personali, ma legata alla sua giusta rappresentazione.

Lo stesso Spirito santo però si dimostra vincolato alle parole di Gesù. Nella Messa il pane e il vino diventano il corpo e il sangue di Cristo, a motivo dell'azione dello Spirito santo che però ha bisogno della ripetizione delle parole di Gesù: "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo... Prendete e bevete questo calice è il mio sangue versato..."

Il potere che Gesù ha ricevuto dopo la sua resurrezione e di cui parla agli apostoli prima di salire al cielo, è quello di far convergere verso di Lui le menti e i cuori di tutti gli uomini. Il cielo e la terra prima o poi finiranno, le sue parole non possono perdere di attualità.

La formula che Egli usa per istruire i suoi apostoli su come battezzare è ancora valida: "battezzate nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo" e durerà finché esisterà il battesimo amministrato validamente dalla Chiesa.

La parola del Signore dunque è da custodire e da non svendere troppo facilmente: di fronte alle tante opinioni diverse sul mercato della comunicazione si fa strada infatti nella mentalità corrente la tentazione di relativizzare la parola del Vangelo. "Può essere così, ma non necessariamente..."

Di fronte ai tempi che cambiano la risposta del cristiano non può essere quello di ammollire la genuina consistenza della fede. Di fronte alle sfide di un mondo che si allontana dal Vangelo invece il nostro compito di cristiani invece sarà quello di approfondire il messaggio di Gesù, di ritornare alle fonti della Parola di Dio e del Magistero della Chiesa per comprendere sempre meglio la straordinaria grandezza della nostra fede, la sua potenza, la sua forza, la sua efficacia e il suo vigore, come si esprime san Paolo nella seconda lettura.
Tornare alle fonti dunque non è mai inutile.

 

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