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TESTO Commento su Giovanni 20,19-23

Suor Giuseppina Pisano o.p.

Pentecoste (Anno A) - Messa del Giorno (11/05/2008)

Vangelo: Gv 20,19-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

"Alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo...» "; l'effusione dello Spirito è dono del Risorto, dono pasquale, che segna l'inizio di una nuova vita, in Cristo Gesù, il Redentore, morto e risorto per la salvezza di tutti gli uomini.

In questa domenica, di Pentecoste, con la quale si conclude il Tempo pasquale, la Chiesa ripropone alla nostra riflessione, lo stesso passo del Vangelo di Giovanni, proclamato nella seconda domenica di Pasqua; e non è da sorprendersi, perché le Resurrezione del Signore, la sua Ascensione al Padre e l'effusione dello Spirito, costituiscono un unico, insondabile, ineffabile Mistero.

Così, il passo del Vangelo di oggi, ci riconduce al giorno della resurrezione di Cristo:" La sera di quello stesso giorno, recita il testo, il primo dopo il sabato..."; al mattino, le donne, e poi Pietro e Giovanni, avevano visto, con stupore, il sepolcro ormai vuoto, con le bende e il sudario ripiegati con cura; era il " segno" della resurrezione, ma come dice il testo:" essi non avevano ancora compreso le Scritture, che egli, cioè, doveva risuscitare dai morti. "; ora è sera, e gli Undici sono chiusi nel cenacolo, le porte, soprattutto, sono accuratamente chiuse, essi sono in preda allo sconforto, allo sconcerto, alla paura, la loro mente è ricolma delle immagini della recente tragedia, e anche quel lungo discorso di addio, ricco di promesse, di rivelazione, e di amore, sembra dimenticato.

Il Maestro in quella sera, veramente memorabile, aveva parlato loro del dono dello Spirito:" è meglio per voi che io parta, aveva detto, perché, se non parto, il Paraclito non verrà a voi. Se, invece, me ne vado, ve lo manderò..."(Gv.16,7); ora, è Lui, il Signore risorto che, lo porta in dono, fermandosi tra i suoi, nonostante quelle porte chiuse. Egli si fa riconoscere con i segni, ormai gloriosi della passione e morte, e dissipa ogni paura ed ogni angoscia; recita infatti il testo:" i discepoli gioirono al vedere il Signore.", gioiscono, e il loro cuore si apre alla consolazione dello Spirito.

La Pentecoste è mistero di consolazione e di gioia, la gioia della Presenza, felicità per la certezza che il Maestro, il Signore è vivo, è con loro, e dà loro il suo Spirito, Colui che li guiderà nella conoscenza della Verità, quella autentica che è libertà e pace; sono ancora le parole di Lui che dice: «Pace a voi!».

La pace, dono di Cristo, è quella che rinnova lo spirito, quella che fuga le ansie, i dubbi, e le paure; è dono che viene dall' Alto, è liberazione autentica e profonda; è gioia nella comunione, gioia nell'esperienza della Presenza misteriosa, ma reale del Signore, è energia vitale nuova, che sarà sempre vivificata e rafforzata dal dono dello Spirito, Colui che li guiderà nella missione che il Signore affida loro: «Come il Padre ha mandato me, anch'io mando Voi».

Inviati, come il Cristo, ad annunciare la salvezza a tutte le genti, consacrati ad una missione che, di suo, supera le reali capacità di questi pochi, pavidi uomini, gli Undici, per il dono dello Spirito, rinascono, come da una creazione nuova, quella stessa che Gesù aveva rivelato a Nicodemo, in quel lungo, faticoso, colloquio notturno:" Se uno non è nato dall'acqua e dallo Spirito non può entrare nel regno di Dio. Chi è nato dalla carne, è carne, ma chi è nato dallo Spirito, è spirito." (GV.3,5-6)

In tal modo, gli Undici rinascono, e, come loro rinasceranno, quanti, lungo lo scorrer del tempo, per il ministero della Chiesa, riceveranno l'unico medesimo Spirito di Dio; una creazione nuova, come quella prima creazione, quando il Padre:" plasmò l'uomo con la polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita.." (Gn.2,7); ora, è il Figlio, il Risorto, che alita sui discepoli quello stesso Spirito, Persona divina, che vivifica e trasforma, che dà luce e forza, e rende, questi uomini, capaci, non solo di annunziare con forza il Vangelo, ma, anche, di testimoniare, in modo altissimo la loro fede in Cristo Gesù, il Salvatore.

Come sia avvenuta questa trasformazione, lo leggiamo in Luca, in quel racconto degli Atti, carico di simboli, e che ci è familiare.

" furono tutti pieni di Spirito Santo, recita il testo, e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita, perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, della Frigía e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia, vicino a Cirene, stranieri di Roma, Ebrei e proseliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio.» ".

Un evento strepitoso, questo narrato da Luca, un miracolo veramente grande, sopratutto perché è il miracolo della comunione e della comunicazione, pur nelle diversità di culture e di linguaggi.

Sappiamo bene, che il racconto non deve esser preso alla lettera, ma, nei simboli, indica una verità profonda, opera dell'unico, Santo, Spirito di Dio, che opera unità; un 'antica invocazione recita:" Vieni Spirito Santo! Abita, in pienezza i cuori dei tuoi fedeli, Tu, che pur nella molteplice diversità delle lingue, li riunisci, tutti nell'unica fede."

La solennità di Pentecoste è, dunque, la solennità che celebra l'infinito Amore, che è comunione trinitaria, e che, per partecipazione, è comunione dell'uomo redento col suo Dio, una comunione che è nuova creazione, che si manifesta nel vincolo di amore tra gli uomini, in virtù del dono dello Spirito.

E' in questa dimensione di amore, che i discepoli ricevono il potere di perdonare, cioè di liberare gli uomini dal peccato, nel nome di Cristo redentore: «a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».

Da allora in poi, gli Undici, e quanti succederanno loro nel ministero sacerdotale, sono i testimoni e gli annunciatori della misericordia, che perdona, e che accoglie, nell'infinito abbraccio, ogni uomo che, con fede si rivolga al suo Dio, nel quale formiamo una sola famiglia, o, come Paolo dice: " un solo corpo".

Su questa unità profonda, che è comunicazione di fede e di ideali, tra persone che si riconoscono unite in Cristo, insite, la liturgia di questa domenica, proponendo alla nostra riflessione il passo della prima lettera ai Corinzi, che così recita:" Fratelli, nessuno può dire «Gesù è Signore» se non sotto l'azione dello Spirito Santo. Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; Vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune. Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così, anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito."

Nel nostro mondo lacerato e inquieto, in un clima di crescente violenza e sopraffazione, in una cultura che favorisce la diffidenza, è importante, per ogni battezzato, tener presenti nella memoria ed interiorizzare le parole dell'Apostolo, assumendole come guida dell'esistenza, per vivere in una dimensione autenticamente fraterna e solidale, pur nelle diversità tra persona e persona, pur nelle differenti capacità, pur nella complementarietà dei ruoli; parlare di unità, infatti, non significa parlare di qualcosa di indifferenziato, in cui le potenzialità e peculiarità del singolo si spengano.

Unità, nella fede, nello Spirito, e nell'amore, significa reciprocità, attenzione, dedizione e apertura all'altro, che da noi aspetta il dono, ma è, esso stesso, dono per ognuno di noi.

E' una via lunga e, non sempre agevole, da percorrere, questa, che la solennità della Pentecoste ci ricorda, una via, che vuole radicare nel mondo lo Spirito; sappiamo, tuttavia, che in questo percorso non siamo soli, perché è Lui stesso che guida, Lui, che la Liturgia definisce: " dito della mano di Dio", indice che mostra la via, mano che sostiene, protegge, risana e conduce, non uno, ma tutti, verso quell'unico capo che è Cristo Signore

Sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it

 

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