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TESTO Commento su Giovanni 14,15-21

Omelie.org - autori vari  

VI Domenica di Pasqua (Anno A) (27/04/2008)

Vangelo: Gv 14,15-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Tempo pasquale: come viverlo? Viverlo nel memoriale dell'Evento più importante dell'anno o nell'attesa dello Spirito Santo nella solennità della Pentecoste?

Nei primi tempi della Chiesa, la Pasqua costituiva oltre che il ricordo della Resurrezione del Signore Gesù, l'entrata definitiva nella Chiesa dei catecumeni che, dopo una forte preparazione nel tempo della quaresima, nella notte pasquale ricevevano il Battesimo divenendo cristiani ed entrando nella comunità dei credenti, cioè la Chiesa. Il tempo che seguiva il giorno della loro nuova nascita era per loro un tempo riservato ad una profonda presa di coscienza di ciò che il Battesimo aveva realizzato in loro, un'iniziazione ai misteri, quell' apprendimento, cioè, chiamato MISTAGOGIA.

A questo proposito le letture delle Messe delle domeniche del tempo pasquale (in particolare nel ciclo A) erano utilizzate per poter approfondire la realtà della nuova condizione del neo battezzato e del comportamento inerente a questo nuovo modo di essere.

Questa premessa ci permette di cogliere sotto una particolare luce i temi delle letture odierne e di viverle tenendo presente che anche a noi, che nella notte di Pasqua abbiamo rinnovato le promesse battesimali, ci è data la possibilità di accogliere, con spirito rinnovato, quella Parola fonte di sapienza e di verità.

In particolare in questa VI domenica del tempo pasquale emergono tre temi che si presentano alla nostra attenzione e che sono, come vedremo, conseguenti l'uno dall'altro.

La seconda lettura (1Pt 3,15-18) inizia con un imperativo categorico: "Adorate il Signore Cristo nei vostri cuori pronti sempre a rispondere della speranza che è in voi ".

Questo brano è situato in un contesto dove si parla di probabili persecuzioni da parte dei nemici. Dio deve essere santificato e adorato in modo tutto personale nel proprio cuore. In Lui i cristiani devono trovare la forza di presentarsi senza timore anche davanti agli imperatori, come martiri, come testimoni della verità.

"... Poiché anche Cristo è morto una volta per i peccati..." (v. 18); questa è la motivazione profonda che giustifica un atteggiamento di coraggio e d'amore: si può perché "anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio..." (1Pt 3,18), "anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme"(1Pt 2,21). Perciò la sofferenza di Cristo ha un valore determinante per i cristiani: per il solo fatto che Cristo, innocente, ha sofferto, la sofferenza senza colpa dei cristiani ha un suo pieno valore che l'associa al valore della sofferenza di Cristo. Il cristiano fedele può affrontare il mondo ed i suoi persecutori con fiducia (parresia) perché, con la fede ed il battesimo, partecipa alla vittoria del suo Signore.
Si può perché Cristo vive in me.

"... Lo Spirito trasforma, per così dire, in un'altra immagine coloro nei quali abita. Infatti, porta con facilità dal gusto delle cose terrene a quello delle cose celesti e da una imbelle timidezza a una forza d'animo piena di coraggio e di generosità. I discepoli erano così disposti e così rinfrancati nell'animo dallo Spirito Santo, da non essere per nulla vinti dagli assalti dei persecutori, ma fortemente stretti dall'amore di Cristo" (S. Cirillo di Alessandria).

" In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi" (Gv 14,20).

Con questo versetto ci troviamo nel cuore del Vangelo odierno. Questa pericope, (Gv 14,15-21 ) è un compendio del primo discorso di addio che ha come tema centrale la partenza ed il ritorno di Gesù. Una prima riflessione ci può far pensare che un tale discorso si sarebbe dovuto offrire come lettura nel tempo prima della Pasqua, come in realtà è la sua collocazione nel Vangelo giovanneo. In realtà il discorso di addio, essendo un insieme di promesse, di apertura alla comprensione degli avvenimenti che si sarebbero verificati nei giorni successivi, viene compreso in pienezza alla luce del ricordo di tali avvenimenti con la mente e gli occhi illuminati dallo Spirito venuto a "insegnare ogni cosa". Inoltre l'esperienza vissuta delle prime comunità cristiane ha permesso di comprendere meglio il senso della presenza in mezzo a loro di Gesù, del Padre e dello Spirito.
"Se mi amate osserverete i miei comandamenti" (v. 15);

"Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui" (v. 21);

"Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (v. 22).

Queste tre citazioni costituiscono una sempre più profonda spiegazione dello stretta connessione esistente fra l'osservanza dei comandamenti, l'amore, e la presenza di Dio in noi. Il tema dei comandamenti e dei precetti da osservare e l'incapacità dell'uomo ad essere fedele ad essi è una riflessione che percorre le pagine dell' Antico Testamento. Due passi di esso, all'epoca dei profeti, costituiscono un'apertura ad una soluzione di tale problema, una promessa ancora velata ma incoraggiante:

"... porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore..." (Ger 31,33);

"... vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le leggi" (Ez 36,26-27).

Ora queste promesse divengono più concrete più visibili, più prossime; sono la promessa, il testamento di Gesù alla vigilia della sua morte:

"Io pregherò il Padre che vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo spirito di verità... Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi" (vv.16-17).

Qui il collegamento con la prima lettura sopra esaminata: emerge con chiarezza il tema dell'inabitazione di Dio in noi;
"Siamo noi il tempio del Dio vivente" (2Cor 6,16);

"Rientra nel tuo cuore tu che sei diventato estraneo a te stesso... esamina quel che forse percepisci di Dio, perché lì si trova l'immagine di Dio; nell'interiorità dell'uomo abita Cristo, nella tua interiorità tu vieni rinnovato secondo l'immagine di Dio" (S.Agostino, In Joh. Ev. 18,10).
"... i manifesterò a lui..."(v. 21).

A questo punto, dopo le affermazioni e le promesse di Gesù, di essere cioè "in voi", questa manifestazione non potrà essere altro che una manifestazione tutta spirituale e intima che rende i discepoli e i credenti coscienti della loro comunione di vita con Gesù e con il Padre, coscienti, per una "esperienza" profonda, d'essere oggetto dell'amore di Dio, un amore che inevitabilmente si prolunga nell'amore fraterno rendendo visibile l'amore divino per cui si può affermare che l'unità dei battezzati è un'epifania dell'amore divino: nei fratelli che amiamo noi possiamo cogliere, grazie alla fede, la presenza di Gesù e, in lui, del Padre.

Il testo del brano tratto dagli Atti degli Apostoli (I lettura) si trova nel contesto del capitolo 8 degli Atti dove Luca tratteggia l'inizio della missione tra i pagani. Filippo predica in qualità d'araldo di Cristo, con straordinario coraggio, ai samaritani considerati dai giudei eretici e nemici del popolo, semipagani e perciò al di fuori della comunità della salvezza. Con la predicazione di Filippo ha inizio un nuovo stile, un'apertura nuova, s'intravede fin d'ora il carattere salvifico universale della Chiesa. Con la discesa dello Spirito gli Apostoli hanno preso coscienza d'essere portatori dell'Amore; ed ora sanno che la loro missione consiste nel comunicare l'Amore, la gioia dello Spirito.

Anche per noi oggi risuona con forza la parola di questa liturgia della VI domenica del tempo pasquale. La grazia battesimale rinnovata e attualizzata nella solenne liturgia della veglia pasquale, ci fa prendere di nuovo coscienza d'essere tempio di Dio, portatori, in continuo atteggiamento d'adorazione, della SS. Trinità che abita in noi. Viviamo perciò, attenti a cogliere, stupiti, la manifestazione di Dio attraverso la Sua Parola, i Sacramenti, gli avvenimenti d'ogni giorno nei quali Egli continuamente s'incarna, preparati così ad affrontare, come Cristo, le forze avverse del male ed ansiosi di comunicare ai fratelli quella ricchezza racchiusa nel nostro intimo e che si chiama Spirito Santo.

Commento a cura delle Monache Benedettine di Citerna

 

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