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TESTO Diventerai quello che credi di essere

Marco Pedron  

V Domenica di Pasqua (Anno A) (20/04/2008)

Vangelo: Gv 14,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via».

5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.

12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.

Anche questa domenica incontriamo il vangelo di Giovanni. E' l'Ultima Cena e dopo aver lavato i piedi ai suoi amici Gesù, fa un lungo discorso d'addio (Gv 13-17). Gesù se ne va e lascia ai suoi amici il proprio testamento, ciò che più gli sta a cuore, le cose più intime, profonde e care.

E' sempre un buon esercizio fare almeno una volta all'anno il proprio testamento spirituale: quando scriviamo qualcosa che possa rimanere per gli altri, noi leggiamo e meditiamo sulla nostra vita.

Quando Gesù dice queste parole, ha già lavato i piedi ai suoi discepoli e Giuda lo ha già tradito. Fra qualche ora le guardie verranno a prenderlo.

Pietro proprio nei versetti precedenti dice a Gesù: "Darò la mia vita per te". Ma Gesù gli risponde: "In verità ti dico: non canterà il gallo prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte". (Gv 13,36-38). Tommaso gli dice: "Signore non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la strada?" (Gv 14,5). Filippo, invece gli dice: "Signore mostraci il Padre e questo ci basta" (Gv 14, 8).

Questo significa che i discepoli sono pieni di confusione, di paura, sono travolti dalle emozioni e dal terrore. Sentono che per Gesù sta per arrivare la fine; sentono il pericolo e la paura per la propria vita. E' per questo che si pongono molte domande: "Che ne sarà di noi? Cosa ci accadrà? Dove andremo a finire? Finirà tutto? E tutto quello che c'è stato? Ci siamo sbagliati a credere in Gesù?".

I discepoli vorrebbero certezze: "Indicaci la strada; dicci come fare; dacci regole chiare su dove andare, come fare, cosa essere, e noi lo faremo". "Facci vedere Dio e non avremo più dubbi". Sono cuori pieni di paura.

Il verbo greco atarasso (turbare), indica una profonda agitazione: sono sconvolti: "Gesù tu eri tutto, avevamo messo tutto in te, ci avevi appassionato il cuore... e adesso?".

E Gesù risponde: "Non abbiate paura. Abbiate fiducia in me e in Dio". "Vado a prepararvi un posto". Cioè: "Ci rivedremo. Ma volete che il Dio che vi ho fatto vedere vi lasci proprio adesso? Non vi ho sempre detto che è nostro Padre? Non abbiate timore! Vi ho mai traditi? Vi ho mai lasciati?".

Possiamo capire la paura e il terrore degli apostoli. Ma Gesù li tranquillizza: "Io me ne vado e voi sarete un po' tristi. Ma tranquilli: vado a prepararvi un posto. Non scappo. Ci rivedremo. Vado e poi torno a prendervi". Gesù dice agli apostoli: "Voi avrete paura e crederete che sia la fine. Voi avrete sofferenza perché tutto sembrerà finire. Sembrerà: non è così. Dietro al buio si nasconde una luce più grande".

Allora: non mi posso sottrarre alla paura. Non posso evitarmi il dolore. Ma posso affrontarlo nella fiducia di Gesù perché ogni paura nasconde nel suo profondo una verità più grande e ogni dolore una gioia più grande. S. Teresa d'Avila: "Nulla ti turbi, nulla ti spaventi, chi ha Dio nulla gli manca. Nulla ti turbi, nulla ti spaventi solo Dio basta".

Queste parole sono l'ancora di salvezza della vita: "Io sono figlio dell'Altissimo: Lui è mio Padre". In ogni momento difficile della vita io mi devo ricordare chi sono io e chi è mio Padre.

Quando non sono compreso e vengo attaccato da più parti mi devo dire: "Non aver paura, Lui sa". Questo mi dà pace; questo tranquillizza il mio cuore e la mia anima. Anche se gli altri non mi comprendono Lui mi comprende.

Quando mi guardo allo specchio e mi vergogno di quello che sono o di quello che ho fatto allora mi devo dire: "Non aver paura, tu sei figlio dell'Altissimo". Sento che la mia dignità profonda non viene rovinata od offuscata da ciò che faccio. Posso ripartire, posso ricominciare, posso darmi un'altra chanche.

Quando c'è la tempesta nel mio cuore e io mi sento una barchetta in balia dell'oceano sbattuta di qua e di là senza saper dove andare o cosa fare, mi devo dire: "Non aver paura, c'è Lui". Allora mi ancoro in Lui e la barca trova un approdo sicuro.

Quando devo affrontare un superiore mi dico: "Non aver paura, tu sei figlio di Dio, nessuno è superiore a te e nessuno è inferiore a te". Questo mi da una grande pace.

Quando devo affrontare una prova difficile, un incontro dove so che "non sarà semplice", allora mi dico: "Non aver paura, abbi fiducia in te e in quello che sei; abbi fiducia in Dio che ti aiuterà; abbi fiducia che, qualsiasi cosa succederà, il tuo valore di persona non è in discussione". Questo mi dà sempre una grande pace, mi toglie "l'ansia da prestazione" e funziona!

Quando devo affrontare un cambiamento mi devo dire: "Non avere paura e abbi fiducia nella vita che finora ti è sempre stata amica". Questo pensiero mi dà grande energia, e vince il naturale timore del cambiamento.

Quando sono agitato e nervoso mi devo dire: "Stai tranquillo e non fare il bambino. Non aver paura: puoi contare su di te e soprattutto su di Lui". E a volte devo essere "cattivo", risoluto con me perché mi accorgo di fare i capricci come i bambini, adducendo motivazioni futili o inesistenti. A volte mi devo proprio dire: "Smettila di farti le paranoie!".

In certi momenti particolarmente forti ho bisogno, nel silenzio della mia camera, di ripetermi una, due, dieci, cento volte: "Non aver paura, abbi fiducia in te e in Dio". A volte lo ripeto piangendo, cantando o al ritmo del respiro. I problemi rimangono perché la preghiera non porta la soluzione dei problemi, ma pace al cuore.

La preghiera non è una "bacchetta magica" per ciò che non riusciamo a fare o ad accettare. La preghiera scioglie il cuore dalla paura, non elimina i problemi. I problemi, quindi rimangono ma una pace, una presenza mi abita e una fiducia mi sostiene. E' la percezione che se anche tutto dovesse finire, che se anche tutto dovesse crollare, che se anche dovessi sbagliare tutto, poi, c'è Lui, e di Lui, di Dio non c'è da temere, non c'è da aver paura.

In ogni momento devo parlare a me stesso e dirmi: "Non aver paura: abbi fiducia in te e abbi fiducia in Dio". Una parte di me fa Gesù e parla all'altra che ha paura come gli apostoli; Gesù è dentro di noi e se possiamo dargli voce, dargli spazio allora Lui può rassicurarci, calmarci, consolarci, rafforzarci.

In ogni momento della giornata e in ogni situazione mi devo dire: "Non avere paura". Quando si è assaliti dai mostri della paura, che come una ragnatela ti paralizza, o dell'odio, che sembra appiccicarti addosso, o della vergogna che ti fa nascondere e scappare, allora si chiude con tutto, si fa silenzio, ci si inginocchia, ci si concentra con il respiro, si piange e si urla finché tutto quello che c'è dentro esca e più a fondo di ogni grido e urlo si possa sentire la Voce dell'Amore: "Non sia turbato il tuo cuore, abbi fiducia in Me. Ci sono Io, stà tranquillo". Quando si giunge lì si è salvi, al sicuro, ancorati pur in mezzo alle tempeste.

Un amico anni fa lasciò il ministero (era un sacerdote) e si sposò. Ci furono delle critiche molto forti e per reggere a tutto questo faceva questo esercizio di preghiera. Si chiedeva: "Cosa esisteva qui cento anni fa? E cosa esisterà tra cento anni? E fra mille?". E' chiaro, nessuno ricorderà più tutto questo.

Un giorno gli scrissi che ero molto dispiaciuto da tutto quel vociferare inutile e malizioso (è la rabbia della gente che cerca pretesti buoni per scaricarsi senza pietà) lui mi rispose: "Non ti preoccupare, passerà". "Non farti spaventare dal giudizio degli altri, dalle situazioni. Non aver paura, ci sono Io".

Sullo stipite di una porta ad Auschwitz c'era scritto: "Fra cento anni sarà tutto finito".

Nella vita si può sbagliare, e tutti noi a volte facciamo errori grandi (questo è molto importante perché distrugge le nostre idee onnipotenti). Allora io ho bisogno di dirmi: "E allora? E' poi così grave? E' la fine del mondo? Non aver paura. Hai solo una vita, vivila!".

A volte si è presi dalla paura terribile di aver sbagliato tutto, di non aver capito niente, di essersi illusi. Allora io mi devo dire: "E anche se fosse? Non aver paura, Io ci sono".

A volte si è presi dalla paura di sbagliare nelle scelte. Allora io ho bisogno di dirmi: "E allora? E anche se fosse? Non scegliere è già uno sbaglio. In ogni caso, ci sono Io, non aver paura". Allora sento che posso provarci, che posso rischiare, perché in ogni caso Lui c'è.

Poi qui Gesù dice: "Nella casa del Padre mio ci sono molti posti" (Gv 14,2). Molti, vuol dire "tanti, per tutti". E allora perché temere? Perché aver paura? In Dio c'è spazio per tutti.

Ma "molti posti", vuol anche dire che ciascuno ha il suo posto. Il mio posto non è il tuo e il tuo non è il mio. Io non copio te, e tu non copiare me.

La gente si sente brava se fa come tutti gli altri. E, invece, dovrebbe sentirsi male. Perché Dio non crea nessun doppione, nessun duplicato e nessuna fotocopia. Ogni riproduzione è una vita sbagliata, non realizzata, non osata.

Poco dopo Gesù dirà: "Chi crede in me compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi" (Gv 14,12). Cioè: tu non devi fare quello che ha fatto Gesù. Tu non devi essere Gesù, perché Gesù era lui e tu sei tu. Gesù aveva da realizzare un progetto e il tuo progetto non è il suo. Lui è vissuto duemila anni fa e c'era un motivo, mentre tu vivi oggi e c'è un motivo.

Allora: non diventare come Gesù, diventa un altro Gesù, non copiarlo. Cioè realizza nella tua vita il progetto di Dio, il motivo per cui esisti, fa' qualcosa di significativo con i tuoi giorni.

Dio in ciascuno di noi è diverso da chiunque altro. Allora ho bisogno di vedere e di guardare gli altri per imparare, per capire, ma il Dio che si vuole far vedere e manifestare in me, che vuole nascere in me, è altro, diverso da chiunque altro. E' qualcosa di nuovo e di unico, di creativo, d'originale, mai scoperto prima.

Per molte persone "differenza di cammino" vuol dire "divisione", invece è solo diversità. Per molte persone uniformità, appiattimento, vuol dire comunione, invece è solo omologazione.

Lo slogan di Dio è: "Ognuno al suo posto perché ognuno ha un suo posto".

Un giorno al figlio rabbino che sostituì il padre rabbino morto dissero: "Non sei colme tuo padre?". E lui rispose: "Sì, invece, sono uguale a mio padre. Lui non copiava nessuno e io neppure". Ciascuno ha il suo posto. Ciascuno ha il suo compito. Ciascuno ha la sua strada.

Non confrontare nessuna strada, nessuna vita e nessuna esperienza, perché ogni cammino, strada, vita, è unico, originale: non si può confrontare. Vivi ciò che sei e trova il tuo posto unico a questo mondo. Non copiare nessuno, realizza la tua vita e lascia che gli altri realizzino la loro. Se non fanno come te è bene; e se tu non fai come loro è bene perché ognuno è unico.

Che ci siano molti posti vuol dire anche ci sono molte vie per arrivare a Dio. Per tanto tempo si è detto: "C'è un'unica via per andare a Dio. O fai così o non puoi andarci". "Per arrivarci devi fare così e così...", e giù tutta una serie di indicazione molto precise e dettagliate. Ma dire questo vuol dire che siamo tutti uguali, identici, per cui c'è un solo modo di vivere e di credere.

Ma basta guardarsi attorno: non c'è una foglia, una pianta, una formica in natura che sia uguale all'altra. Non c'è un volto, una persona, una storia, che sia identica ad un'altra: ognuno è assolutamente unico, originale, diverso. Tanti posti, quindi, perché ci sono tanti modi.

Allora: io arrivo a Dio con una strada, che è la mia e tu ci arrivi con un'altra che è la tua. Nessuno invidia nessuno, nessuno impone a nessuno.

C'è chi arriva a Dio attraverso la parrocchia e chi arriva attraverso il travaglio della vita.

C'è chi arriva attraverso la conoscenza di sé (e più a fondo si scopre qualcuno ben più grande di sé: Dio) e c'è chi arriva aiutando le persone e facendo della propria vita un servizio agli uomini.

C'è chi arriva con una vita contemplativa e monastica e c'è chi arriva passando per una vita mondana.

C'è chi arriva dedicandosi solo a Dio e c'è chi arriva amando un altro essere umano (che non è mai in contrapposizione a Dio).

E c'è anche chi non ci arriva mai... in ogni caso è Dio che arriva a tutti.

C'è chi arriva a Dio pregando con molte parole e per lui può essere buono così, e chi arriva attraverso il silenzio e la meditazione. C'è chi arriva ascoltando ciò che ha dentro e chi arriva ascoltando quello che "le autorità" religiose stabilite dicono.

Molte delle mie "nonnette" pregano Dio con il rosario: a me personalmente non dice molto perché lo sento come una ripetizione; a me fa più bene "ripetere" un'unica parola del vangelo, come un mantra, armonizzandola con il mio respiro. A ben pensare anche il mio è un particolare tipo di rosario...

Anni fa "andavo pazzo" per gli incontri di gruppo: giornate della gioventù, Taizé, Giubileo 2000. Quello andava bene ieri, oggi ho bisogno di qualcos'altro, di meno emotività di gruppo e di più incontro personale. Quella era la mia via di ieri e andava bene ieri. Così non giudico chi oggi fa così.

Molti giovani trovano il vangelo dentro la loro vita: guardandosi dentro scoprono nella loro vita un vangelo già scritto; altri, invece, hanno bisogno di studiarlo; altri ancora arrivano a Dio attraverso un incontro di preghiera con molti canti (cfr. Taizé). Alcuni pregano in ginocchio, altri in piedi, altri seduti, altri cantando, altri non dicendo niente.

Non bisogna mai fare confronti quando si tratta di vita di preghiera e di esperienza di fede. Non dare mai dei giudizi: ognuno ha la sua.

Ognuno ha la sua maniera, il suo stile e il suo modo, proprio del suo carattere, della sua storia, del momento che si sta vivendo, dell'evoluzione spirituale. Dio non guarda mai le forme ma il cuore (Lc 18,9-14).

Ci sono molti modi per arrivare a Dio: segui il tuo e lascia agli altri il loro. Chi vive il proprio non invidia quello degli altri. Chi vive il proprio non giudica quello degli altri.

Quando una persona giudica il modo degli altri, allora crede la sua strada migliore: e questo è già un buon indice che quella strada non porta a Dio.

Quando una persona invidia o giudica il modo degli altri allora non è contento del suo: e questo è già un buon indice che quella persona lo fa per dovere, per paura o per costrizione.

Gesù poi dice: "Io sono la via... la verità... la vita" (14,6). E non è casuale l'ordine.

Gesù è la strada verso la verità perché solo una vita vera, piena, sensata realizzata, fa vivere.

Gesù non disse mai: "Io ho la strada". Disse: "Io sono la strada". Gesù non ha regole, norme, indicazioni chiare e precise, semplicemente da eseguire. Gesù è un cammino che ti coinvolge.

Molte persone gli chiedevano: "Come fare per avere la vita eterna; come fare per essere felici; come fare per andare al Padre". A tutti diceva sempre: "Seguimi". La fede non è un possesso saldo: "Sono battezzato: sono a posto!". La fede è un movimento, una dinamica, una via.

Gesù non disse mai: "Io ho la verità". Disse sempre: "Io sono la verità". Ci sono molte agenzie e molte chiese che si arrogano questo diritto, che dicono: "Noi abbiamo la verità". Ma la verità non la si può possedere: la si può vivere. Non si può mai avere la verità; si può al massimo essere veri.

Per molte persone la verità è aver un pacco di conoscenze da applicare. Per Gesù verità (a-leteia, togliere il velo) è scoprire quello che si è, è scoprire la realtà così com'è.

Gesù non disse mai: "Io ho la vita". Disse sempre: "Io sono la vita". Gesù non è un'assicurazione per una vita felice, tranquilla, senza sbalzi o problemi. Gesù è la vita: "Vuoi vivere? Vivi!".

Non c'è altra possibilità per sentire la ricchezza della vita che buttarsi dentro e vivere. Nessuno lo può fare per te. O lo fai tu o nessun altro lo può fare per te.
Vuoi conoscere il mare? Devi immergerti dentro.

Vuoi conoscere l'amore? Non ti basta un libro e neanche diecimila: devi amare ed essere amato, solo allora conoscerai l'amore.

Molte persone scambiano la vita con il fare molte cose, con l'avere un sacco di esperienza, con il viaggiare molto. Ma vivere, per il vangelo, è sentire, percepire, sperimentare la vita che scorre in noi.

La vita vive già dentro di noi; la vita ci appartiene già; la vita ci anima già. Vivere è nient'altro che esprimere (nel senso di tirar fuori, di dar voce) la vita che già vive in noi.

Poi il vangelo si conclude con una frase incredibile: "Voi farete quello che compio io e cose più grandi".

Credo che la maggior parte di noi non possa credere a tutto questo. La maggior parte delle persone non crede di essere potente, importante, di poter fare grandi cose. E non ci crede perché come noi ci guardiamo è molto diverso da come Gesù ci guarda.
Guardatevi allo specchio: cosa vedete?

"Sì, non è poi così male la mia vita, ma ho questi nodi irrisolti, ho queste lacune, ho questi traumi. Se fossi un po' più intelligente... se sapessi un po' di più... se avessi l'intelligenza di quel tale o la simpatia di quel tal l'altro... se fossi nato in un altro tempo... se sapessi parlare meglio... E poi se si sapesse che ho fatto questa cosa... se si sapesse che faccio questi pensieri... se venisse fuori che io sono...". Voi vi vedete così per cui diventerete così.

Ma Gesù non vi vede così: "Voi farete cose più grandi di me".

Quando Gesù vide per la prima volta Pietro, in quell'uomo vide qualcosa di grande, di forte e lo chiamò "Roccia", Pietro (Cefa', Pietro, vuol dire roccia). E sì che tutti vedevano uno dei "boanerghes" ("figli del tuono"): lui e suo fratello erano così chiamati per via del "caratterino" impetuoso. Gesù vide la bontà, la forza, dove tutti, anche Pietro, vedevano dell'altro.

Se crederete di essere potenti (pieni cioè della forza di Dio) lo diventerete perché noi ci trasformiamo in ciò che crediamo. Se non credi a queste parole non le realizzerai mai. Se non credi alla forza che è in te, a poter essere questo non lo sarai mai.

Una storia narra che un giorno una principessa incontrò un rospo. La principessa si spaventò al sentire parlare un rospo la lingua degli uomini. Ma il rospo la rassicurò: "Non sono un rospo, sono un principe che una strega ha trasformato in rospo. Ma se troverò una principessa che per tre giorni stia con me l'incantesimo si spezzerà". Così la principessa se lo portò a palazzo. Tutti erano ripugnati dal vederla con un animale simile. Ma dopo tre giorni l'incantesimo si ruppe e il rospo ridivenne il bellissimo principe.

Tutti siamo rospi. E Gesù è quella principessa che ci dice: "No, non è vero che tu sei così. Io ho visto ciò che è nascosto in te, ciò che sei dentro. Tu farai cose grandi. Io lo so, tu credici".

Se non crederete che dietro o dentro a quello che appare si nasconde un principe rimarrete per sempre dei rospi.
Sei quello che vuoi credere di essere.

E diventerai esattamente quello che credi di essere.

Pensiero della Settimana
"Un giorno Lui era fuoco divorante.
Un altro giorno era calma.
Un giorno era pace.
Un giorno era passione e lotta.
Un giorno era tenero amore.
Un giorno era dura purificazione.
Un giorno era presenza e accettazione.
Un giorno era dappertutto.
Un giorno non era in nessuna parte.
Un giorno era qui.
Un giorno era lì.
Ogni giorno Lui passa.
Oggi non è come ieri.
Domani non è come oggi.
Lui è sempre Lui.
Lui è sempre Lui, ma è così creativo e grande
che Lui non è mai Lui".

 

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