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TESTO Chi è il sano e chi è il malato?

Il pane della domenica  

X Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (08/06/2008)

Vangelo: Mt 9,9-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 9mentre andava via, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.

10Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. 11Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». 12Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. 13Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Sono venuto a chiamare i peccatori

La chiamata di Matteo Levi descritta da lui stesso nel suo vangelo ha veramente un qualcosa di fulminante, che pone ciascuno di noi di fronte alla sua vocazione di vita.

1. Viene subito in mente la sintesi meravigliosa che ha fatto il Caravaggio nel suo quadro sulla vocazione di s. Matteo esposto nella chiesa di s. Luigi dei Francesi a Roma. Matteo è al tavolo di un'osteria e conta i soldi, intorno a lui varie figure di clienti e avventori. Una luce taglia l'aria gonfia e livida dell'osteria e illumina la mano del Cristo che lo chiama (con lo stesso gesto con cui Dio crea Adamo nella volta michelangiolesca della Cappella Sistina) da dietro le spalle di un apostolo. Matteo è colto nel momento fulminante in cui si gira e vede Gesù che gli dice: "Seguimi!". In realtà il racconto di vocazione è fulmineo e sobrio. Una sola parola, "Seguimi!", e poche azioni di Gesù "passando... vide... disse", e di Matteo "seduto... si alzò... lo seguì". Nessuno spazio al racconto interiore (cosa provò Signor Matteo? Cosa dissero i suoi amici? Prego, un'intervista per la stampa!), neppure alle emozioni. Solo quelle due azioni di Matteo tradiscono un'intenzione teologica del racconto: da seduto egli si "alza", cioè in un qualche modo "risorge" (in greco il verbo è proprio il medesimo). La vocazione cristiana è così descritta in modo fulmineo: un alzarsi, un risorgere, per seguire Gesù. Cadono qui tanti luoghi comuni sulla vocazione: non molte "voci", non molti "segni", non molti travagli, non troppi incontri di verifica...

Ognuno di noi è prima di tutto chiamato da questa pagina di vangelo ad andare a quel momento, forse nella preadolescienza, o forse nella giovinezza, in cui abbiamo detto "sì Signore, ci sto, ti seguo... ancora non ho chiaro come e con chi, ma adesso so che voglio essere cristiano".

2. Ma la cosa sorprendente di questo vangelo è che Matteo, alzatosi dal tavolo dove era seduto, deve seguire Gesù... che si mette a sedere a tavola in casa! Come non si può cogliere qui una lieve ironia? Peccato che Caravaggio non abbia dipinto questa tavolata alla quale pian piano si uniscono pubblicani, peccatori, magari qualche allegra servetta... Certamente si sarebbe sbizzarrito un bel po'. Infatti alla sobrietà della prima scena si aggiunge nel vangelo una seconda scena molto più movimentata.

Gesù tramite Matteo incontra una varia umanità, certamente non tra quelli più pii e devoti! Fuori, intanto, perché "loro" stavano sempre "fuori" da questi momenti conviviali i farisei fanno dei commenti scandalizzati con i discepoli (si vergognavano anche loro?): "perché mangia e beve con quella gente?". Il ragionamento non fa una piega. Ci vogliamo qui fermare perché l'immagine del mangiare e bere non è banale. C'è di più di un dialogo e di una condivisione intellettuale. Sarebbe fuori luogo pensare a un Gesù serio, serio a quella tavolata. Il mangiare e bere significa condividere, e in qualche modo accettare... almeno di condividere il pane. Siamo molto distanti dall'ultima cena? Ce la sentiamo anche noi di dire che in fondo quella volta di Matteo Gesù è stato "al gioco" per poter eventualmente guadagnare alla sua causa qualcuno?

E forse all'ultima cena non c'era chi lo avrebbe tradito e lasciato solo di lì a poche ore? Si tradirebbe il vangelo se si desse agli episodi di banchetto descritti nei vangeli solo una dimensione "occasionale": Gesù riserva a questi momenti di condivisione un valore simbolico molto forte. Essi sono il luogo della "misericordia", cioè il luogo in cui si svela il vero volto di Dio.

3. Ora se è vero che Gesù non si trova, ma sceglie di mangiare e bere con i peccatori, significa che in quella situazione sono coloro che lo seguono. E infatti la sua risposta ai bigotti farisei è chiaramente in questa linea: sono venuto per i peccatori. Questo dà una luce importante alla nostra vocazione cristiana. Pur avendoci chiesto di seguirlo, Gesù sa che non siamo "impeccabili", anzi sa e conosce nella fattispecie i nostri peccati, le nostre debolezze, anche i nostri fallimenti. Eppure lui vuole sedersi a mensa con noi. La vocazione cristiana non è per chi è già arrivato, per chi è già santo. La chiamata alla comunione con il maestro è per chi, pur nella fatica, desidera seguirlo. Ma la cosa sorprendente è che lui per primo si trova come "seguito" da Gesù. Anche se noi sappiamo che non sempre possiamo o riusciamo a "stare alle calcagna" del nostro maestro, la fede ci dice che Lui sempre è con noi, basta che gli abbiamo detto di sì!

Ci sono pagine di s. Teresa di Gesù Bambino (la monaca carmelitana giovanissima che è salita ai più alti gradini della mistica attraverso una via semplicissima) molto interessanti: Teresina chiede a Gesù di poter sedere con lui al tavolo dei peccatori per poterne guadagnare il più possibile alla via del cielo! Quanto le nostre pastorali specializzate riescono a far propria questa provocazione fortissima che ci viene da Gesù stesso?

Gli ultimi, i poveri o, semplicemente, quelli "fuori giro", riescono a sedersi al tavolo delle nostre comunità parrocchiali, dei nostri gruppi e godere di momenti di condivisione e di ascolto? Proprio per questo agire di Gesù le nostre comunità, e tutti noi, ci dobbiamo sentire chiamati al "primo annuncio della fede", là dove si rivela un volto di Dio amico degli uomini che ama intrattenersi con loro, nella verità, ma anche nell'amore.

Commento di don Guido Benzi

tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi"
Ave, Roma 2007

 

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