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TESTO Il dono del Risorto

padre Gian Franco Scarpitta  

VI Domenica di Pasqua (Anno A) (27/04/2008)

Vangelo: Gv 14,15-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Solo Gesù ci mostra il vero volto di Dio, delucidandoci sulla sua vera natura e sul reale concetto che va coltivato ineluttabilmente della divinità. Come più volte si è affermato e abbiamo sentito da varie fonti, Egli è infatti il Verbo di Dio fatto uomo, Dio stesso incarnato ed entrato nella storia e questo suo essere il Dio con noi ci ragguaglia sul Dio Verità, che è un Dio davvero Onnipotente poiché a lui non è impossibile nemmeno essere Uno e unico e al contempo anche Tre: una natura tre Soggettività, che si riconoscono e si appartengono a vicenda nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. E appunto a questa Terza Persona la liturgia odierna dedica una particolare attenzione, visto che, sempre in forza dell'incarnazione di Dio nel Cristo, Essa ravviva in noi la conoscenza della verità conducendoci al possesso pieno di ogni cosa; lo Spirito Santo oggi non lo esalteremo come nel giorno (non lontano) della Pentecoste nella quale ci soffermeremo sulla missione apostolica nel suo nome, ma siamo invitati a considerare lo Spirito come dono di Gesù risorto.

Egli viene definito il Paraclito o anche il Consolatore, che Gesù promette ai suoi discepoli dopo la sua ascensione al cielo: Con questo termine (Consolatore o Paraclito) che viene attribuito anche allo stesso Gesù Cristo che in tal modo si identifica con lo Spirito Santo essendo con Lui e il Padre Dio, si evince la certezza immediata di essere tutti quanti illuminati e orientati, in quanto lo Spirito medesimo

interviene nella nostra vita per donarci capacità di scelta nella riflessione, nel discernimento e nella molteplicità dei suoi doni. Il termine Paraclito vuol dire Consolatore, ma assume anche connotati di assistenza, per cui si tratta sempre di un Soggetto che viene in nostro aiuto, nello Spirito santo Paraclito è anzi lo stesso Gesù che si rende presente in tutte le dimensioni del vissuto, compenetrando ogni realtà e rendendosi attivo nell'intervenire a nostro vantaggio e "grazie al Paraclito Gesù e la sua parola possono rendersi presenti e 'rimanere' in molteplici contesti di vita e di esperienza" (Welker) quindi nello Spirito Santo abbiamo la certezza della vicinanza costante e attiva di Gesù che ci sprona e che sostiene nelle scelte incoraggiandoci nelle indecisioni e nelle difficoltà. Lo Spirito Santo Paraclito è il Dio che accomuna il Padre e il Figlio rendendoli una cosa sola e non manca di arrecare anche la comunione fra di noi scompaginandoci nonostante le nostre dispersioni e le multilateralità delle esperienze vissute: lo Spirito Santo in ogni settore esistenziale crea e fonda la comunione. Non solamente però la comunione "ab extra" relativa all'intersoggettivià delle nostre relazioni e nella condivisione sociale e collettiva, ma anche la comunione di intenti nella stessa persona umana del singolo molte volte lacerata dalle inquietitudini e dalle incertezze, per cui la presenza della Terza Persona assume rilevanza in quanto fonda, fortifica e consolida nell'intimo.

Lo Spirito Santo è il dono promesso da Gesù a coloro che nell'orazione si rivolgono a Dio impetrando grazie e favori ed è l'unica promessa che Egli nell'immediato ci concede, visto che ottenuta questa è possibile accedere da noi stessi al raggiungimento di tutti gli altri nostri desideri e perseguire tutti i nostri propositi, egli è in definitiva il Dio che, da noi concepito come Altro e Lontano ci si rende Immediato e alla portata di tutti, qualificandosi come il Dio della vita e dell'esperienza.

Dello Spirito Santo non è sufficiente parlare se non lo si sperimenta nella preghiera e nell'accoglienza spontanea e convinta di Lui come dono da parte del Risorto: la fede quale atto di abbandono totale e fiducioso in Dio non può non spronarci a pregare lo Spirito prediligendolo nell'orazione a tutti gli altri oggetti di venerazione quali potrebbero essere i Santi o la stessa Vergine Maria! Come mai non siamo (comunemente) abituati a rivolgerci in primo luogo allo Spirito Santo nelle nostre orazioni abitudinarie e quando ci si rivolge a Lui non si è capaci di pregarLo senza ricorsi a formule precostituite? Come mai, ad eccezione delle realtà carismatiche ecclesiali, la preghiera individuale comune esclude di rivolgersi spontaneamente a parole proprie alla Terza Persona che la Chiesa ci insegna essere fautrice di doni e di carismi per l'edificazione di noi stessi e degli altri? E' importante anche considerare appunto l'importanza degli attributi che ci provengono dallo stesso Spirito Santo e dei suoi carismi che immancabilmente vanno messi a servizio dell'intero corpo ecclesiale, in quanto il riconoscerci destinatari dell'azione dello Spirito apporta immancabilmente la nostra identità che ci qualifica verso noi stessi e verso gli altri e invocare lo Spirito Santo su ogni decisione anche professionale da assumere e su ogni attività nuova da intraprendere non deve essere affatto considerato come alienante o irreale.

Stefano (I Lettura) svolge il suo ministero in Samaria e la sua missione viene rafforzata dalla presenza avallante di Giovanni e Pietro, per mezzo dei quali lo Spirito Santo si autocomunica ai credenti per sostenerli nella fede. Lo stesso Spirito garantisce (II lettura) che si renda ragione della propria speranza, ossia che ci si riconosca sempre più consapevoli della propria fede, facendo esperienza in prima persona dell'annuncio che si sta effettuando agli altri: non può mai esservi successo apostolico, infatti, né risultato adeguato nelle nostre iniziative se non abbiamo in primo luogo acquisito noi stessi il valore degli argomenti di cui siamo latori e in tutti i casi è sempre opportuno credere in tutto quello che si fa. Altrimenti la disfatta è assicurata.

Nella circostanza della Pentecoste i discepoli, prima rinchiusi nel cenacolo per paura della persecuzione dei Giudei, dopo l'irrompere dello Spirito infrangono le porte e si lanciamo nell'annuncio del risorto e la loro opera apporterà frutto in ogni luogo.

Come si nota, lo Spirito, che in tante circostanze assiste l'uomo, costituisce pertanto uno sprone valido e irrinunciabile che realizza in tutti e in ciascuno la verve missionaria di annuncio del Cristo in tutte le situazioni animando in noi il coraggio e la stima di noi stessi e incutendo la capacità di valutazione e di raziocinio che ottiene il perseguimento di tutte le mete.

 

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