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TESTO Dalla paura al coraggio di annunciare Cristo

padre Romeo Ballan  

V Domenica di Pasqua (Anno A) (20/04/2008)

Vangelo: Gv 14,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,1-12

1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via».

5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.

12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.

Riflessioni

Le parole del Vangelo hanno il sapore e l'emozione di un testamento, che Gesù affida ai discepoli dopo l'ultima cena, nelle ore prolungate dell'addio (Gv 13,31-17,26). Sono l'eredità che Gesù lascia ai suoi discepoli come prezioso insegnamento, poche ore prima di entrare nella sua via (v. 4.6): la via della croce-morte-risurrezione. Testamento ed eredità che, comunemente nella vita di tutti, diventano effettivi solo dopo la morte del testatore. Il caso di Gesù è diverso: non è il testamento di un morto, ma di un vivente. A ragione, quindi, la liturgia ci rivela questo testamento nelle domeniche dopo la Pasqua di Gesù, facendocelo gustare come parola viva del Risorto. Anzitutto, è una parola di conforto e di speranza per la comunità dei credenti, affinché non si lascino turbare ma siano forti nella fede (v. 1) e disposti a seguire i passi del Maestro sulla stessa via: il cammino verso la Pasqua, verso la casa del Padre. La casa del Padre, però, non è immediatamente il paradiso, ma è anzitutto la comunità dei credenti: dove ci sono "molte dimore"; dove Gesù ci ha preceduto e ci ha preparato un posto (v. 2-3); dove i posti, le mansioni e i servizi da svolgere sono molti; dove il posto migliore è quello che permette di servire di più e meglio gli altri.

Aiutarsi da fratelli a fratelli, lavarsi i piedi gli uni gli altri (Gv 13,14), senza titoli di classe, onore, prestigio... Tale era l'ideale e la forte testimonianza della comunità primitiva, nella quale c'era una differenza, l'unica, riconosciuta da tutti sin dall'inizio: la differenza in base al servizio (o ministero) richiesto e prestato alla comunità. È un tema missionario appassionante. Il messaggio del Vangelo di questa domenica e le esperienze della prima comunità cristiana (I e II lettura) contengono preziose luci per la missione della Chiesa. Il libro degli Atti (I lettura) presenta un quadro di difficoltà missionarie concrete e frequenti: riguardano la crescita numerica, la pluralità culturale della comunità (v. 1: conflitto fra ellenisti ed ebrei, con risvolti sociali ed economici), l'organizzazione dell'assistenza ai bisognosi... Per la soluzione vengono impiegati criteri che sono fondamentali per lo svolgimento della missione: ampia consultazione all'interno del gruppo (v. 2), ricerca di persone piene di Spirito e di sapienza (v. 3.5), definizione dei ministeri (v. 3.4.6) dei diaconi (servizio alle mense) e dei Dodici Apostoli (preghiera e servizio della Parola).

Oggi diremmo che la soluzione è stata trovata grazie ad un esercizio sinodale e plurale dell'autorità: nella collegialità e nella ministerialità, che hanno permesso di operare con pluralismo culturale e con decentramento. La Chiesa di Gerusalemme è uscita da quell'incidente più matura, arricchita di nuove forze per l'apostolato, più aperta alle esigenze culturali dei vari gruppi. È stata una soluzione esemplare, che ha avuto immediati effetti di irradiazione missionaria: "e la parola di Dio si diffondeva", con crescenti adesioni alla nuova fede (v. 7).

Soluzioni di quella natura si addicono a un popolo che San Pietro (II lettura) chiama regale, santo, eletto da Dio (v. 9), chiamato a stringersi al "Signore, pietra viva", e quindi, un popolo composto da "pietre vive" ( v. 4.5). Ritorniamo qui al tema dei ruoli o servizi nella casa di Dio: non ha importanza che si tratti di pietre di facciata o di pietre nascoste nelle fondamenta. S. Daniele Comboni raccomandava ai suoi missionari per l'Africa: "Il missionario lavora in un'opera di altissimo merito sì, ma sommamente ardua e laboriosa, per essere una pietra nascosta sotterra, che forse non verrà mai alla luce, e che entra a far parte del fondamento di un nuovo e colossale edificio, che solo i posteri vedranno spuntare dal suolo" (Regole del 1871, Scritti, n. 2701). Ciò che importa è essere parte della comunità dei credenti ed essere attivi nel servizio alla missione di Cristo Salvatore. (*)

Gesù non è venuto a toglierci la sofferenza, ma a darci forza per affrontare le paure profonde della malattia, del futuro, della solitudine, della morte... "Dio non è venuto a spiegare la sofferenza; è venuto a riempirla della sua presenza" (Paul Claudel). Nella conversazione con i discepoli (Vangelo), Gesù li invita a non lasciarsi turbare dalle paure (v. 1). Li esorta a credere in Lui, che è "la via, la verità e la vita" (v. 6). Parla della sua unità con il Padre, al punto che chi ha visto Lui ha visto il Padre (v. 9). Gesù è il primo missionario del Padre: lo ha rivelato e annunciato con la parola e con le opere (v. 11). Sorge qui la domanda fondamentale per la missione di tutti i tempi: oggi, a chi tocca rivelare il Padre e rivelare Gesù, che il Padre ha inviato come Salvatore del mondo? La sfida permanente del cristiano è poter dire: chi vede la mia vita e ascolta la mia parola, vede il Padre, vede Cristo! Qui ha le sue radici ed estensione la missionarietà di ogni battezzato.


Parola del Papa

(*) "La Chiesa di oggi deve ravvivare in se stessa la consapevolezza del compito di riproporre al mondo la voce di Colui che ha detto: 'Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita' (Gv 8,12)".
Benedetto XVI

Primo Discorso da Papa, nella Cappella Sistina, 20 aprile 2005


Sui passi dei Missionari

- 20/4: S. Marcellino (+374), vescovo: nacque in Africa e, assieme ai due compagni Vincenzo e Donnino, fu ardente evangelizzatore nella Francia meridionale.

- 21/4: S. Anselmo d'Aosta (1033-1109), dottore della Chiesa, monaco benedettino e abate di Bec (Normandia); nominato vescovo di Canterbury, lottò e soffrì molto per la libertà della Chiesa in Inghilterra.

- 21/4: Nel 1957 Pio XII pubblicò l'enciclica missionaria "Fidei Donum", sulla situazione delle missioni cattoliche, particolarmente dell'Africa.

- 23/4: S. Giorgio (s. IV, in Palestina), santo popolare per la lotta contro il drago; martire venerato fin dall'antichità dalle Chiese di Oriente e di Occidente.

- 23/4: S. Adalberto (Vojtech), vescovo di Praga e martire (956-997), intrepido missionario in Polonia e presso altri popoli slavi.

- 23/4: B. Maria Gabriela Sagheddu (1914-1939), nata in Sardegna e morta come monaca trappista a Grottaferrata (Roma), offrì la sua vita per l'unità dei cristiani.

- 24/4: S. Fedele da Sigmaringen (1577-1622), sacerdote cappuccino svizzero, protomartire della Congregazione di Propaganda Fide (fondata nel 1622) e dell'incipiente Ordine dei Cappuccini.

- 25/4: S. Marco, evangelista, discepolo di Paolo e di Pietro, ritenuto il fondatore della Chiesa di Alessandria d'Egitto.

- 25/4: S. Pietro di Betancur (1626-1667), fratello terziario francescano, missionario spagnolo in Guatemala, chiamato "uomo che fu carità" per la sua dedizione agli orfani, mendicanti, malati.

 

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