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TESTO Commento su Giovanni 14,1-12

don Stefano Varnavà

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V Domenica di Pasqua (Anno A) (20/04/2008)

Vangelo: Gv 14,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via».

5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.

12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.

Questo è un brano di Giovanni: non semplice ma profondo; un brano di teologia, un insegnamento su Dio. Insegnamento non usuale o tradizionale, ma nuovo: io lo chiamerei un approfondimento.

Tommaso dice: "Non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?". Gesù risponde: "La via del Cielo non esiste". A questo punto immagino l'espressione sul volto di Tommaso!

La via del Cielo non esiste: non occorre "andare" (in Cielo) ma occorre "sbocciare". Bisogna lasciare che in noi "venga" lo zampillo d'acqua viva di cui Gesù parla molte volte. "Occorre che lo zampillo "sbocci" e si manifesti perché Dio (dice Gesù) è già in Me, come Io sono nel Padre il Padre è in Me", e questo concetto Gesù lo applica ai Suoi Apostoli.

Noi siamo in Dio e Dio è in noi, quindi non c'è bisogno di fare una "strada" per arrivare a Dio perché Dio è già dentro di noi; Dio è già qui.

Questo, Gesù vuol farci comprendere: "Io sono la Via, la Verità e la Vita. nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me". Attenzione alla costruzione della frase: Gesù non dice: "Nessuno "va" al Padre se non per mezzo di Me", ma "Nessuno "viene" al Padre...". Ripeto, attenzione, perché la differenza è grande.

Gesù è nel Padre, il Padre è in Gesù.

Alcuni potrebbero considerare questa precisazione una sfumatura teologica, invece è un concetto fondamentale: ci troviamo di fronte a Gesù risorto che ci dice, che esiste una Presenza in ciascuno di noi. Presenza che noi abbiamo chiamato, in altre occasioni, anima (diversa dallo spirito, e diversa dal corpo).

L'anima è una parte di Dio, quindi Dio è già qui, è già dentro di noi. Il nostro non è un "andare a" ma un "far venire fuori da noi". Ciascuno di noi deve coscientizzare quello che già ha.

Non c'è via, non c'è niente se non Lui, Gesù, che ci possa aiutare a far "venir" fuori da noi quella parte di Dio che si chiama anima, quella parte di Cielo che si chiama anima, alla cui guardia Dio ha messo, come nel Paradiso Terrestre, gli Angeli, gli Arcangeli e i Cherubini con una spada di fuoco. Il diavolo non può niente contro l'anima (neanche contro quella di un peccatore o di un ateo) perché l'anima, è parte di Dio.

Il Paradiso (quello che noi chiamiamo Paradiso) ha una estensione totale, pur avendo una dimora: Dio, luogo di cui si parla nella prima parte del Vangelo.

Gesù dice: "Non sia turbato il vostro cuore, nella Casa del Padre Mio vi sono molti posti. Io vado a prepararvi un posto. Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto ritornerò e vi prenderò con Me".

Questa frase ci indica che la Casa del Signore c'è; che c'è un luogo diverso da questa terra (anche se non sappiamo dove), un luogo esteso (anche se non sappiamo quanto). Un luogo dove il regno di Dio ha il compimento assoluto, e dove esistono e coesistono solo gli esseri che sono in linea con Dio e che hanno assunto, progressivamente, la mentalità di Dio: "Siate perfetti come è perfetto il Padre Mio che è nei Cieli".

Un luogo, dove tutte le persone che hanno "assimilato" la mentalità di Gesù sono beate: il Paradiso.

Paradiso, dove beatitudine significa godere di una gioia, di una felicità senza il timore che ci venga portata via, o che cessi. Un luogo, quindi, di protezione e di esistenza diverso da quello in cui viviamo noi.

Qui sulla terra noi cerchiamo i piaceri, le gioie, i momenti di felicità, ma.... questi non durano a lungo.

Noi camminiamo su un ponte, lo attraversiamo, ma siamo lontani dal punto di arrivo.

Gesù vuol farci capire che: "Il punto d'arrivo è il Paradiso e non questa terra".

Si arriva di là nella misura in cui si imita Lui.

Tutti coloro che si trovano e si troveranno in questo luogo (Paradiso) vivranno contenti, felici e beati perché non ci sarà più nessun ostacolo, perché non ci sarà più nessuna voce stonata: esisterà tutto un coro di gioia e felicità che si chiama "Beatitudine eterna". Gesù assicura questo per i Suoi Apostoli, ma anche per noi: "C'è un posto per ciascuno di voi!".

Nei testi dei canti: "Negro Spirituals", è messo in risalto il fatto che le persone che non potevano sperare in grandi cose terrene, perché vivevano in schiavitù, avevano però fede e fiducia che per ciascuno di loro era preparato un posto in Cielo.

Ciascun figlio di Dio ha diritto ad un posto in Cielo proprio perché figlio di Dio: i figli hanno diritto a un posto nella Casa del Padre. Questo concetto, che nei "Negro Spirituals" è molto sviluppato, deve stare alla base della nostra fede, deve diventare una certezza per ciascuno di noi: chiunque creda veramente in Gesù sa che c'è un posto preparato per lui; un posto preparato da una Persona che gli ha voluto bene prima ancora che lui esistesse.

Gesù come natura umana è Figlio, ma come presenza di Dio incarnato in noi è Padre. Un Padre buono che cerca di dare il bene a tutti contemporaneamente: ciò che difficilmente si riesce a fare su questa terra, perché, a volte, per essere buoni con una persona non lo si è con un'altra; è difficile essere buoni con tutti, come è difficile essere giusti con tutti. Lo notiamo in politica, la quale ha per base il principio "sballato": tu sei dei miei e allora ti favorisco; tu non sei dei miei e allora ti schiaccio... Quello che sto dicendo non è un segreto perché lo leggiamo tutti i giorni sui giornali: i politici non pensano a fare il bene di tutti, sono partigiani, partisti...; sono ben lontani dal concetto di buono o di giustizia.

Gesù è insieme Figlio e Padre. Figlio come natura umana, Padre come presenza.

Dice Gesù che in noi non c'è una mutazione qualitativa perché in noi già esiste una qualità che è Dio, Divinità, e che deve essere sviluppata.

Dobbiamo sviluppare in noi non solo le doti umane, ma anche quelle spirituali già insite in noi.

Dobbiamo risvegliare, in noi e negli altri, le doti spirituali che già esistono "dentro".

Gesù ci tiene molto a mettere insieme il concetto di Padre e di Figlio.

Noi dobbiamo evocare nel prossimo, oltre che in noi stessi, questa realtà: "Tu sei figlio di Dio".

Per evocare negli altri questa realtà, dobbiamo comportarci con loro, in modo da mettere in evidenza malgrado: le apparenze, il loro modo di fare, la "repellenza" che alcuni creano in noi, la presenza di Dio che c'è in ciascuno di loro. Solo agendo così il rapporto con il prossimo diventa un rapporto giusto.

Molti di coloro che parlano di solidarietà ci ingannano e ci inganneranno sempre perché sono atei, quindi non credono in Dio-Padre e di conseguenza non credono nell'uomo figlio di Dio. Credono nell'uomo solo come individuo, infatti, gli atei trattano il prossimo come un "numero" e hanno, nella storia, ucciso dei "numeri", per realizzare un loro piano.

Ateismo vuol dire non credere in Dio e, non credere in Dio nella vita pratica, nella vita politica, nella vita economica, non permette l'imitazione di Gesù.

Non possono stare insieme un vero ateo e un vero cristiano, mentre possono coesistere un falso ateo e un falso cristiano, e... di loro si dirà che sono un ateo moderato e un cristiano moderato (termine di moda!).

In tutti i campi della vita, se non si prega, se non si crede che il prossimo è figlio del nostro stesso Padre, non ci si può sentire fratelli, e... a lungo andare, verso colui che non si sente veramente fratello, la carità si spegne.

Gesù dice: "I poveri li avrete sempre con voi". Proprio perché i poveri li abbiamo sempre con noi non sempre li troviamo di nostro gradimento: bisogna avere una gran fede per continuare ad aiutare i poveri, perché legato alla povertà c'è sempre qualche cosa di negativo: atteggiamenti o lacune umane per le quali, a volte, si manderebbe tutti quanti a "quel paese"...!!".

Se non si ha il concetto fondamentale che nel prossimo (anche nel drogato che ti "rompe l'anima", anche nel povero che è povero perché non sa conservarsi il posto di lavoro) è presente Dio, si rischia veramente di disinteressarsi del prossimo.

Coloro che non hanno creduto in Dio, e tantomeno hanno creduto che nel fratello ci fosse presente Dio, come si sono comportati con (secondo loro) la "zavorra umana"? Li hanno distrutti, li hanno bruciati nei forni crematori, li hanno deportati nel "Lager".

Credere in Dio è il punto di arrivo della "tesi" e, la storia ce lo ha dimostrato.

Ripeto, fortunatamente tanta gente che si proclama atea non è atea ma...., ha solo nostalgia di Dio, come tanta gente che si proclama cristiana non è cristiana ma ha solo nostalgia di Dio.

Dobbiamo aiutare tutti i nostri fratelli (ripeto: tutti, senza guardare al loro colore) a far sbocciare in se stessi la realtà che il Regno di Dio è già in ciascuno di loro.

Il concetto di Gesù: "Io sono nel Padre e il Padre è in Me", è un concetto importantissimo da capire perché ci spiega che la Sua non è una mutazione qualitativa che avviene in Lui alla Resurrezione, ma è solo un aspetto di visibilità:

Gesù si è reso visibile. Infatti Lui dice: "Filippo, chi vede Me vede il Padre, Io sono il visibile di Dio".

Gesù, il visibile di Dio continua la Sua presenza tra noi in un'altra maniera, nell'Eucarestia, presenza che deve essere da noi considerata e vissuta giorno per giorno.

Nell'Eucarestia dove è presente Gesù è presente il Paradiso; nell'Eucarestia c'è il Paradiso, e quando uno riceve l'Eucarestia riceve il Paradiso in se stesso, anche se purtroppo nessuno di noi lo pensa (o lo sa).

Noi siamo ciechi e Gesù ce lo dice: "Se voi aveste detto: siamo ciechi, vi sareste salvati, invece dite: ci vediamo, e non vi accorgete del grande dono che Io vi ho fatto dell'Eucarestia, non vi accorgete del grande dono della Mia presenza in mezzo a voi". Una presenza che deve essere evocativa, una presenza che deve far "uscire" da noi quello che realmente siamo: deve far uscire la nostra dignità.

Il figliol prodigo è tornato dal padre quando ha riscoperto la dignità che c'era in lui; in un primo tempo ha speso i soldi del padre con le prostitute, con gli amici, in viaggi... non pensando alla sua dignità, a quello che lui realmente era, ma poi ha capito!

Noi molte volte, nella prassi cristiana, diciamo alle persone quello che devono fare: "Devi fare questo o quest'altro...", ma non gli spieghiamo mai quello che sono, non li aiutiamo a far emergere la loro dignità.

E' solo la dignità che salva le persone; è solo la dignità che salva il falso ateo, che salva il falso cristiano.

E' solo la dignità che salva l'uomo: tu sei figlio di Dio, e Dio ti vuol bene anche se sei peccatore.

Il peccato è una incrostazione dell'anima, ma non è la rovina e neanche la perdita dell'anima che è il dono più grande che il Signore ci ha fatto.

Quando il figliol prodigo, pascolando i maiali, ha capito che un operaio nella casa di suo padre era trattato meglio di come lui veniva trattato; quando ha capito che lui nella casa del padre era il figlio del padrone e non il servo, si è alzato da terra e ha detto: "Torno da mio padre" e... così facendo è andato incontro alla salvezza.

Io vorrei che ciascuno di noi fosse cristiano nel modo giusto, tanto da ricordare ed evocare in tutte (dico tutte) le persone che noi incontriamo questa loro realtà, realtà che è anche la nostra.

Nella misura in cui noi sapremo aiutare gli altri a ritrovare la propria dignità di figli di Dio, noi stessi ne saremo rinforzati, e il nostro sguardo si allargherà, si allungherà, permettendoci di "vedere" che la vita non finisce qui sulla terra, e che i nostri problemi più gravi non sono quelli economici (anche se pesanti), non sono quelli di "oscurare o meno" una televisione, ma... che il problema vero e reale è solo quello di salvare l'anima.

"Cosa serve a un uomo guadagnare tutto il mondo intero se poi perde la sua anima?".

L'anima è rappresentata dalla parabola delle "mine" e non da quella dei talenti: "Il Signore ha dato a ciascuno una mina, se questi la fa fruttificare è sua per sempre, altrimenti gli viene tolta.

Questo è il significato della fine del mondo e del Giudizio, dove alcuni andranno per la vita eterna, mentre altri, invece, andranno per la morte eterna perché sarà loro tolta l'anima.

 

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