PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Lo Spirito, per ascoltare la voce di Gesù

don Maurizio Prandi

IV Domenica di Pasqua (Anno A) (13/04/2008)

Vangelo: Gv 10,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 10,1-10

1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

La quarta domenica del Tempo di Pasqua è tradizionalmente dedicata alla preghiera per le vocazioni di speciale consacrazione e forse possiamo allora verificare la nostra vita proprio intorno a questa parola: vocazione. Il cristiano è un vocato, un chiamato da Dio... ecco che dentro a questa idea possiamo leggere la nostra come un'esistenza nella quale la categoria della relazione diventa fondamentale. Penso alla relazione con Dio in particolare, il quale in prima battuta ci chiama alla intimità con Lui. Tutto il brano di vangelo sottolinea il nostro appartenere a Lui, appartenenza che non è regolata da un possesso, ma dal dono che Gesù fa della sua vita... permettete che vi ripeta quanto già tre anni fa vi dicevo: ci chiama "suoi" Gesù... dice conosco le mie e le mie conoscono me... ricordate? Il nostro nome non è pecore, il nostro nome è "mie"... ci chiama "suoi" non perché Lui è il nostro padrone, ma perché per noi è pronto a dare la sua vita. Capite la prospettiva allora? Posso dire di voi che siete "miei parrocchiani" solo se per voi io sono disposto a donare la mia vita. Posso dire "mia moglie" solo se per lei sono disposto a dare la mia vita. Posso dire "mio marito" solo se per lui sono disposto a dare la mia vita. Posso dire "mio figlio" solo se per lui sono disposto a dare la mia vita.

Questa relazione, questa intimità trova un riscontro molto concreto nella sottolineatura forte che il vangelo fa riguardo alla voce. Gesù insiste molto sulla voce, sulla fisicità, sulla concretezza della voce e la preghiera Colletta lega riserva allo Spirito Santo il compito di farci riconoscere la voce di Gesù: infondi in noi la sapienza dello Spirito perché fra le insidie del mondo sappiamo riconoscere la voce di Cristo... ecco ciò che conta per noi, ecco ciò che conta per la chiesa, il riconoscere la voce di Gesù. Lo stile dell'ascolto allora, che soltanto due domeniche fa ci siamo richiamati diventa fondamentale per poter lasciar cadere tutto ciò che è superfluo: le voci che ogni giorno risuonano, i modelli di personaggi cosiddetti "vincenti" che si propongono come risolutivi della tua presunta inadeguatezza, gli stili di vita che tutto offrono meno che valori come la sobrietà o la semplicità. La prima lettura ci dice come si possono vincere le insidie del mondo, come queste nulla possono di fronte a comunità cristiane radicate nella fede nel Risorto. L'attività pastorale degli apostoli suscita un itinerario che, a partire dall'ascolto della parola predicata si dipana in alcune tappe: conversione di chi ascolta, battesimo, remissione dei peccati, effusione dello spirito. Il tutto conduce all'aggregazione alla comunità cristiana. Mi piace questo in particolare: là dove soffia lo Spirito di Dio, non si costruisce qualcosa di nuovo, ma si aderisce a qualcosa che già era presente. La chiesa si dilata, si espande, si radica in situazioni sempre nuove e diverse ma rimane sempre se stessa, sempre l'unica comunità dei discepoli del Signore. La chiesa rimane se stessa se al centro pone Gesù e non se stessa... è lui la porta delle pecore... mi ha colpito molto questo particolare perché solitamente penso alla porta del recinto, dell'ovile. No, Gesù è la porta delle pecore, è la porta per le pecore e questo emerge anche da un particolare: il termine greco usato per dire la parola recinto è aulè che normalmente si riferisce allo spazio che sta davanti al Tabernacolo o al Tempio (Comunità di Bose). La porta che immette nella comunione con Dio allora, non è il Tempio di Gerusalemme, ma il Cristo, morto e risorto. E' bello questo simbolo che usa Gesù... mi ricordo che nella preparazione al Grande Giubileo del 2000 era stato proposto da Giovanni Paolo II° come uno dei simboli sui quali riflettere: la porta come luogo di transito, come momento di iniziazione perché separa due spazi diversi, la porta che puoi tenere aperta o puoi chiudere, la porta che apre su uno spazio nuovo su un luogo che magari non conosci e non sai come troverai, la porta come strumento di comunicazione o come chiusura all'altro. Bello questo simbolo perché ci richiama ad una responsabilità precisa, la responsabilità delle scelte che ci è chiesto di fare. Passare attraverso Gesù per entrare in comunione con il Padre perché in più luoghi contemporaneamente non possiamo stare e quello dello stare con Dio è l'unico spazio che può rendere bella e gioiosa la nostra vita. Passare attraverso la porta che è Gesù perché la vita non è restare fermi... passare attraverso la porta vuol dire si, lasciare qualcosa, ma soprattutto vuol dire poter accogliere il nuovo che ci attende al di là del transito. Credo anche che Gesù ci voglia educare a vivere esperienze di separazione che a prima vista possono sembrare dolorose... ci sembra di perdere qualcosa nelle esperienze di separazione... forse invece sono il segnale di porte che la vita ci ha aperto. Davanti a Gesù-Porta essere capaci di scorgere la nuova stanza che la vita ci offre.

Infine, proprio legata alla porta sta la promessa di Gesù di liberare la nostra vita: entrerà e uscirà e troverà pascolo. Anche qui allora ripeto una idea che mi è cara: bello anche che questo Pastore ci conduca fuori. Non è uno che chiude il Pastore, non è uno che rinchiude, ma il Pastore ti fa uscire. Ti fa uscire da quella situazione particolare che chiude la tua vita... ti fa uscire da te stesso per aprirti agli altri, ti fa uscire da una "chiusura protettiva" che ti impedisce di guardare all'altro come a un fratello, a una sorella. Ti fa uscire da una eccessiva attenzione a te, da un eccessivo ripiegamento su di te e ti apre alla gratuità, alla solidarietà, allo spenderti di più per gli altri e un po' meno per te stesso. Un rilievo ecclesiale importante allora è questo: i suoi pastori devono prendere per mano le persone per condurle in spazi di autentica libertà, in spazi di incontro e di dialogo. Il pastore fa uscire le sue pecore, immette in un cammino di esodo, di liberazione; compito del pastore è educare alla libertà... chiama per nome ciascuna delle sue pecore e le educa conducendole a vivere in nome proprio (E. Bianchi), quindi responsabilmente, senza scimmiottare altri, godendo della propria originalità.

 

Ricerca avanzata  (54028 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: