TESTO Il Colosseo
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IV Domenica di Pasqua (Anno A) (13/04/2008)
Vangelo: Gv 10,1-10
1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
Uno dei primi segni di fiducia che si dà ai componenti della famiglia consiste nel consegnare loro la chiave di casa. Con essa si autorizza ad entrare ed uscire quando si vuole, senza essere soggetti a nessuno. Con essa si dichiarano le persone custodi dell'intimità familiare e di tutto ciò che si possiede, tanto che smarrire la chiave significa compromettere la tranquillità dell'ambiente, come se si vivesse in una casa senza porta, come se si abitasse al Colosseo.
La porta è la sicurezza dell'ambiente familiare, è il segno dell'accoglienza quando si apre, difende da tutto ciò che è estraneo, libera e protegge i sentimenti, assicura i propri beni quando è ben chiusa.
Essa custodisce l'intimità, garantisce la riservatezza, delimita la proprietà, tiene a distanza gli usurpatori, protegge dalle intemperie, conserva il tepore, sigilla i segreti, accoglie la stanchezza, rivela la dignità, nasconde le lacrime. Dietro ad una porta tutto diventa più spontaneo, più libero, più familiare, anche il dolore è più sacro. Dietro la porta di casa ci si sente se stessi.
Quante volte l'abbiamo chiusa alle nostre spalle e abbiamo detto, tirando un sospiro di sollievo: "Finalmente a casa!. Finalmente con me stesso!" Basta varcare la soglia per sentirsi diversi, più a nostro agio, più liberi e, a volte, anche più riposati.
Solo comprendendo il valore e l'importanza di un ingresso si può capire perché Gesù dice di essere Egli stesso la "porta".
Si dichiara così il custode, la sicurezza, la libertà, la protezione, la riservatezza, la garanzia di tutto ciò che fa parte della nostra persona. Si dichiara così come Colui che ci tiene al nostro vero bene, alla nostra gioia, alla nostra dignità, alla salvezza.
Per entrare ed uscire dal luogo della nostra serenità bisogna attraversare una porta, il che vuol dire che solo in Lui noi troviamo la nostra realizzazione, la nostra libertà, la nostra protezione, la nostra sicurezza.
Non è il nostro carceriere, il burbero punitore, il secondino, il limitatore di orizzonti, è invece la disponibilità assoluta ad ogni nostra realizzazione.
Varcarla, spalancarla, chiuderla, e forse anche sbatterla nervosamente, dipende da noi, l'importante è non cercare altre vie o scappatoie che, invece, non ci permettono di misurare su di Lui la bontà o l'ignominia del nostro agire.
Una porta sbattuta è un rumoroso rimprovero e richiamo, una porta perennemente chiusa è sintomo del nostro egoismo e chiusura, una porta costantemente spalancata può essere indice di poca riservatezza ed intimità e quindi di dispersione e banalità.
E' bello vedere un crocifisso appeso sulla porta di casa, è il segno della dichiarazione di padronanza, come quando ad una persona degna di stima si consegna la chiave della città.
Quanto è triste, tuttavia, vederlo accomunato a tante espressioni di ostentata idolatria, anche nella abitazioni dei nostri fedeli.
Cristo si dichiara nostro difensore. Quando qualcuno dimostrarci il suo affetto, spesso usa un'espressione che oggi, in questo contesto, riusciamo a capire di più:"chi ti vuole far del male deve passare prima sul mio corpo". Si definisce così custode e difensore della nostra persona.
Ebbene, Gesù, quando dice di essere "porta", lascia intendere che la nostra vita gli è così cara che nessuno mai potrà farci del male senza averlo fatto prima a Lui.
Si fa zerbino accogliente per noi ed ostacolo insormontabile per chiunque voglia farci del male.
Solo in quest'ottica si spiegano tutte le espressioni di attenzione e le premure che egli dichiara di avere nei confronti del suo gregge. Solo Lui è capace di sacrificarsi per ciascuno di noi, infatti solo Lui darà volontariamente la vita per la nostra salvezza.
Come la porta è l'accesso alla sacralità della famiglia così Cristo è la porta di accesso alla sacralità del divino. Non abbiamo altra strada per arrivare a Dio, se non quella della sua persona.
Forse Gesù, quando ha pronunziato queste parole, aveva davanti la visione di una delle porte di Gerusalemme, e propriamente quella detta "delle pecore", attraverso la quale passavano le greggi destinate al sacrificio nel Tempio. Ecco perché si definisce la porta delle pecore, indicando che Egli stesso è non solo la porta di accesso al Tempio, ma l'agnello immolato per la nostra redenzione.
E' la porta per arrivare a Dio. Non perdere la chiave!