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TESTO Attenti agli pseudo-messia

padre Raniero Cantalamessa

IV Domenica di Pasqua (Anno A) (13/04/2008)

Vangelo: Gv 10,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

Questa è la domenica del Buon Pastore, ma per una volta non è su di lui che vogliamo concentrare l'attenzione quanto piuttosto sul suo antagonista. Chi è il personaggio definito "ladro" ed "estraneo"? Gesù pensa, in primo luogo, ai falsi profeti e agli pseudo-messia del suo tempo che si spacciavano per inviati da Dio e liberatori del popolo, mentre in realtà non facevano altro che mandare la gente a morire per loro. Oggi questi "estranei" che non entrano per la porta, ma si introducono nell'ovile di soppiatto, che "rubano" le pecore e le "uccidono" sono visionari fanatici, o approfittatori astuti, che speculano sulla buona fede e la ingenuità della gente. Mi riferisco a fondatori o capi di sette religiose che pullulano nel mondo.

Quando parliamo di sette, dobbiamo però stare attenti a non mettere tutto sullo stesso piano. Gli Evangelici e i Pentecostali protestanti, per esempio, a parte gruppi isolati, non sono sette. La Chiesa cattolica da anni mantiene con essi un dialogo ecumenico a livello ufficiale, ciò che non farebbe mai con le sette.

Le vere sette si riconoscono da alcune caratteristiche. Anzitutto quanto al contenuto del loro credo, essi non condividono punti essenziali della fede cristiana, come la divinità di Cristo e la Trinità; oppure mescolano a dottrine cristiane elementi estranei incompatibili con esse, come la reincarnazione. Quanto ai metodi, sono, alla lettera "ladri di pecore", nel senso che tentano con tutti i mezzi di strappare i fedeli alla loro Chiesa di origine, per farne degli adepti della loro setta. Sono di solito anche aggressivi e polemici. Più che proporre dei contenuti propri, passano il tempo ad accusare, polemizzare, contro la Chiesa, la Madonna e in genere tutto ciò che è cattolico. Siamo, con ciò, agli antipodi del Vangelo di Gesù che è amore, dolcezza, rispetto per la libertà altrui. L'amore evangelico è il grande assente dalle sette.

Gesù ci ha dato un criterio sicuro di riconoscimento: "Guardatevi, ha detto, dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete" (Mt 7,16). E i frutti più comuni del passaggio delle sette sono famiglie spaccate, fanatismo, attese apocalittiche della fine della mondo, regolarmente smentite dai fatti.

C'è un altro tipo di sette religiose, nate fuori del mondo cristiano, in genere importate dall'oriente. A differenza delle prime, esse non sono aggressive, si presentano anzi "in vesti di agnello", predicando l'amore per tutti, per la natura, la ricerca dell'io profondo. Sono formazioni spesso sincretistiche, cioè che mettono insieme elementi di varie provenienze religiose, come è il caso di New Age.

L'immenso danno spirituale di chi si lascia convincere da questi nuovi messia, è che perde Gesù Cristo e con lui quella "vita in abbondanza" che egli è venuto a portare. Alcune di queste sette sono pericolose anche sul piano della sanità mentale e dell'ordine pubblico. Le vicende ricorrenti di plagio e di suicidi collettivi ci avvertono fin dove può portare il fanatismo di qualche capo settario.

Quando si parla delle sette dobbiamo però recitare anche un «mea culpa». Spesso le persone finiscono in qualche setta per il bisogno di sentire il calore e il supporto umano di una comunità, che non hanno trovato nella loro parrocchia.

Padre Raniero Cantalamessa

 

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