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TESTO I veri e i falsi pastori

mons. Roberto Brunelli

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IV Domenica di Pasqua (Anno A) (13/04/2008)

Vangelo: Gv 10,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 10,1-10

1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

Ogni anno, nella quarta domenica di Pasqua si legge un passo del capitolo 10 di San Giovanni, in cui Gesù parla di sé come del buon pastore. Ad ascoltatori che ben conoscevano le scritture (ad esempio il profeta Ezechiele, il quale aveva detto con chiarezza che il vero pastore del suo popolo era Dio) e pregavano anche con il Salmo 22 ("Il Signore è il mio pastore..."), presentandosi come il buon pastore Gesù dichiara la propria divinità, e insieme la premura, la sollecitudine, la disponibilità a guidare il suo gregge ai buoni pascoli. La Pasqua appena celebrata ha ricordato qual è stata la sua sollecitudine: non parole, non belle promesse, ma addirittura il dono della propria vita. Inoltre egli ha provveduto anche a quanti nei secoli avrebbero accolto il suo dono, istituendo la Chiesa, che è il suo gregge con i relativi pastori, vale a dire i vescovi – a cominciare dal vescovo di Roma, il papa – e i loro collaboratori, preti e diaconi.

Nel brano di oggi egli parla appunto dei pastori della sua Chiesa, e prospetta la possibilità che non tutti lo siano con la dedizione di cui egli è il modello. Sviluppando la metafora del gregge, afferma: "Io sono la porta delle pecore", cioè dell'ovile, e aggiunge: "Chi vi entra per la porta", cioè approvato da me, in sintonia con me, "è pastore delle pecore", mentre chi vi entra "da un'altra parte è un ladro e un brigante, che non viene se non per rubare, uccidere e distruggere".

Duemila anni di storia stanno a dimostrare quanto fossero fondate queste prospettive. I secoli cristiani traboccano di pastori mirabili, interamente dediti al bene dei fedeli al punto, non raro, di dare per loro la vita: si pensi ai tanti vescovi e preti santi quando non addirittura martiri, e agli ancor più numerosi vescovi e preti che non sono finiti sugli altari ma ugualmente, pur con i limiti della loro umanità, si sono spesi senza riserve nell'adempimento della loro missione. Insieme con loro, però, se ne devono registrare altri che hanno inteso il proprio ruolo come un mezzo per affermare sé stessi, fare carriera, accumulare ricchezze, o magari banalmente solo per sbarcare il lunario: pseudo-pastori, tesi non a servire il gregge ma a servirsene, provocando scandali, rifiuti e altri disastri.

Conoscendo la natura umana, è possibile che di tali "ladri e briganti" ce ne siano tuttora e altri in futuro. Gesù lo sapeva bene, l'ha potuto costatare tra gli stessi da lui personalmente scelti: uno l'ha tradito, uno l'ha rinnegato tre volte, e nel momento della prova gli altri se la sono data a gambe; ai piedi della croce, di dodici non ne era rimasto che uno. Eppure, proprio a uomini così ha affidato il suo gregge; per realizzare il suo progetto sull'umanità avrebbe potuto scegliere altri modi, e invece, pur conoscendoli bene, ha voluto aver bisogno degli uomini. Non solo; ha esortato tutti a desiderarne la presenza: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi; pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe" (Matteo 9,37-38).

Lo si ricorda in particolare oggi, giornata delle vocazioni. I chiamati risponderanno di sì, o si negheranno? Saranno buoni o cattivi pastori, o magari un mediocre impasto tra i due? Ai fini della fede, poco importa; si crede non nei vescovi o nei preti, ma in Gesù Cristo, che nel mistero della sua sapienza ha scelto di raggiungerci tramite i ministri istituiti nella Chiesa da lui voluta. Essi sono solo strumenti nelle sue mani; se buoni o cattivi, ciascuno ne risponderà a lui; in ogni caso sanno di non essere loro i salvatori; anche i migliori devono ammettere (Luca 17,10): "Siamo inutili servi".

 

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