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TESTO Non separiamo ciò che Dio ha unito

Il pane della domenica  

Ascensione del Signore (Anno A) (04/05/2008)

Vangelo: Mt 28,16-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 28,16-20

16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Mi è stato donato ogni potere in cielo e in terra

Non è sempre facile, nella vita di ogni giorno, sentire che il Signore è presente con il dono del suo Spirito e ci accompagna e sostiene. La tentazione di scoraggiarsi, di lasciarsi andare al pessimismo e alla sfiducia e di venir così meno al nostro impegno di testimoni di Gesù è sempre dietro l'angolo, pronta ad assalirci per farci cadere. Gli ostacoli e soprattutto la prova del dolore, minano alle radici la nostra speranza nel Risorto. Ma è proprio in questi momenti che dovremmo ricordare quello che Gesù ci dice e dona attraverso la sua ascensione al cielo, su cui oggi la Chiesa richiama la nostra attenzione.

Gesù infatti nella sua ascensione ci ricorda che per ciascuno di noi c'è un futuro di gloria, di consolazione, di gioia celeste perché come lui è risorto e vive nell'intimità con il Padre, anche noi lo saremo. Nulla di noi andrà perduto, neppure il nostro corpo che già qui nella vita terrena rende visibile la nostra somiglianza con Dio. Il Signore infatti non ci abbandona nelle lande desolate e nella valle di lacrime della nostra storia, ma sarà sempre con noi attraverso il dono del suo Spirito, trasformando i nostri lamenti in canti di speranza. Inoltre tale giorno ci aiuta a tener presente come la salvezza proclamata da Cristo e portata a compimento con la sua risurrezione sia per tutti gli uomini. Egli, infatti non è come noi, sempre portati a fare dei distinguo, a decidere secondo il nostro punto di vista chi si può salvare e chi no. Il Signore salva indistintamente chi si affida a lui senza differenze di sesso, né di razza, né di cultura, perché la sua salvezza ha una portata universale.

1. Ecco perché l'ascensione al cielo non deve essere interpretata come un fatto, quanto un modo di essere. Il Figlio fatto uomo, ritornando nel seno del Padre, ascende alla gloria di lui (cfr. Gv 10,17). E poiché il Figlio in quanto uomo include e personifica l'intera umanità, l'ascensione è l'ingresso nell'eterno dell'umanità stessa; è l'accoglienza da parte di Dio dell'umano che è riportato oltre il velo delle apparenze alla sua dimensione originaria, alla sua purezza iniziale ripristinata da Cristo. Il cielo nel linguaggio biblico non indica lo spazio fisico, né un luogo dove si giunga, né una misura di tempo che prospetti un futuro al quale si approda.

Il cielo non è un mito, ma esprime il mistero della trascendenza di Dio inaccessibile all'umanità che abita sulla terra, ma reso accessibile ad ogni uomo attraverso Cristo, il solo che può condurci e aprirci le porte che danno l'acceso al mistero di Dio: "Vado a prepararvi un posto" (Gv 14,2). L'uomo attraverso l'ascensione di Cristo viene divinizzato, viene riportato alla sua primitiva dignità di figlio di Dio scaduta a causa del peccato.

Egli viene redento, riscattato nella sua dimensione di fragilità dalla comunione piena con Dio Padre che Gesù gli assicura. L'umanità intera viene glorificata ed è partecipe realmente degli attributi divini dell'onnipotenza e dell'immortalità, per cui Cristo è oggi presente più che mai nella storia dell'umanità, nel cammino quotidiano della Chiesa e della vita di ogni discepolo. Elevato per intercedere presso il Padre e regnare sull'universo, Cristo continua, attraverso lo Spirito, la sua opera di salvezza. Unito alla gloria del Padre, partecipa al suo dominio su tutta la creazione. Più l'uomo quindi è unito a Cristo, al Risorto, e più parteciperà alla sua intimità con Dio Padre riuscendo a leggere con gli occhi di Dio tutto il creato e la storia che si dipana lungo i secoli.

2. Nella misura quindi in cui noi ascendiamo con il Signore, poniamo tutta la nostra vita con Lui nei cieli e questo è un atteggiamento che è perenne, continuo, che possiamo vivere ogni giorno. Pertanto Cristo glorioso, di cui dobbiamo rivestirci, non ci trae fuori dalla storia, ma come ha fatto con i discepoli ci invita, più che il cielo, a guardare la terra per impegnarci in essa affinché si rivesta di una vita nuova, inaugurata dalla sua ascensione. Così la nostra ascensione non è dal mondo, ma col mondo. È immersione in tutte le realtà umane, fino ad aprirle oltre i limiti che le rinserrano, per vedere in esse quella luce che proviene da Dio che tanta parte del mondo vuole negare. È saper valorizzare tutte le cose, anche quelle che apparentemente non hanno valore o non fanno notizia, quelle piccole e magari dimenticate, per scorgere la presenza di Dio che si è unito all'uomo in maniera indissolubile. È riuscire a vedere che anche nei segni dell'eucaristia che celebriamo, rappresentati da un po' di pane e da un sorso di vino, simboli della vita e del lavoro dell'uomo si realizza quella promessa riportata dal vangelo di oggi: "Ecco io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Una promessa che per noi cristiani diventa il dovere urgente dell'annuncio di cieli e terra nuovi per tutti gli uomini e per il mondo intero.

Commento di don Guido Benzi

tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi"
Ave, Roma 2007

 

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