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TESTO Commento su Matteo 28,1-10

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Veglia Pasquale nella Notte Santa (Anno A) (22/03/2008)

Vangelo: Mt 28,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba. 2Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. 3Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. 4Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. 5L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. 6Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. 7Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho detto».

8Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli. 9Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. 10Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».

Non poteva essere altrimenti: il Vangelo di Pasqua contiene il cuore dell'annuncio cristiano. Il cristianesimo prende inizio da un "fatto" avvenuto presumibilmente nella notte tra l'8 e il 9 aprile dell'anno 30, e reso pubblico a partire dall'alba del "terzo giorno", dopo cioè il venerdì che ha visto la morte di Gesù e dopo il grande sabato pasquale quando di tutta la vicenda del profeta di Galilea restava soltanto un sepolcro sigillato e muto.

Un fatto sorprendente e assolutamente inatteso: le testimonianze a nostra disposizione concordano nel rilevare che i discepoli di Cristo hanno faticato non poco ad accettarlo. Le due giornate precedenti avevano distrutto radicalmente le luci di verità e i palpiti di insolita speranza che erano stati suscitati nelle menti e nei cuori dal Nazareno. L'intera eccezionale esperienza, maturata negli anni di convivenza con lui, davanti alla sua tomba si era come azzerata.

Solo quando quel gruppo di uomini delusi e avviliti si arrende all'evidenza e accoglie il "fatto sorprendente e inatteso", comincia l'avventura cristiana. Comincia dunque con l'annuncio di un avvenimento "incredibile": Gesù di Nazaret, il crocifisso morto dissanguato sul Golgota, è risorto. Ecco il cuore del cristianesimo, ecco la prima formula di fede, consistita in una sola parola: eghèrthe, cioè: "è risorto". Questo è, per così dire, il minuscolo "seme" di tutta la prodigiosa fioritura che avrebbe colmato di sé i secoli futuri.

Come il popolo ebreo esultò e danzò all'uscita dalla terra di schiavitù, così gioisce il nuovo popolo di Dio uscito, con Cristo, dalla tomba di morte. All'annuncio della resurrezione, infatti, fa subito eco la parola del Signore alle donne: "Rallegratevi!". Chi crede, gioisce, perché la speranza prende il posto della disperazione, la vita sopravanza la morte, il bene che perdona è più forte del male.

È Pasqua! Gesù è risorto! Come possiamo trascinarci dietro, anno dopo anno, rancori mai finiti, mezzi perdoni mai digeriti? Abbiamo una buona notizia da annunciare al mondo: Cristo è vivo! Perché ci vergogniamo di dirlo? Dobbiamo portare questo annuncio che rende giustizia a tutti i poveri della terra e asciuga tutte le lacrime versate nel mondo. Anche il cielo è in festa all'alba di questo terzo giorno.

Nell'esperienza delle donne al sepolcro – attratte irresistibilmente, tornano là dove è il loro tesoro perché lì è anche il loro cuore! – è anche l'esperienza decisiva per la comprensione della morte di Gesù, per l'origine della Chiesa: la Risurrezione è il fondamento della nostra fede e della nostra speranza.

Mentre le donne corrono dai discepoli per annunziare il Vangelo di Pasqua, Gesù si fa loro incontro. Per ognuno di noi la resurrezione è la molla dell'annuncio e la fraternità è il luogo della presenza del Risorto. Vivere da risorti non significa estraniarsi dalla terra, ma ricondurre alla speranza tutto ciò che noi viviamo, il lavoro e il tempo, le relazioni e le persone. Il perdono, domandato e offerto, l'amore che vince il male con un bene più grande, il dono gratuito di noi stessi, la presenza solidale accanto ai giovani, alle famiglie, ai malati e ai soli. Sono tutti frutti di una vita risorta, che ha conosciuto – come il sepolcro di Cristo – "un terremoto grande": la terra si scosse, come una partoriente. Ma chi fa Pasqua, in fondo, non nasce a nuova vita?

Padre David Maria Turoldo così cantava "Per il mattino di Pasqua": "Andrò nel bosco questa notte \ e abbraccerò gli alberi \ e starò in ascolto dell'usignolo, \ quell'usignolo che canta sempre solo \ da mezzanotte all'alba. \ E poi andrò a lavarmi nel fiume \ e all'alba passerò sulle porte \ di tutti i miei fratelli \ e dirò a ogni casa: "pace!" \ e poi cospargerò la terra \ d'acqua benedetta in direzione \ dei quattro punti dell'universo, \ poi non lascerò mai morire \ la lampada dell'altare \ e ogni domenica mi vestirò di bianco".

Commento a cura di don Angelo Sceppacerca

 

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