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VI Domenica di Pasqua (Anno A) (27/04/2008)

Vangelo: Gv 14,15-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,15-21

15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Pregherò il Padre ed egli vi darà il suo Spirito

Se c'è un atteggiamento tra i più difficili da vivere anche per una comunità di cristiani fondata sull'amore di Cristo è proprio quello del sapersi amare, di volersi bene sull'esempio del Signore. Quanti litigi, quanto orgoglio e arrivismo, quante divisioni e quanta poca carità anche dentro le nostre comunità o nei nostri gruppi di cristiani. Si pensa che una comunità fatta da cristiani adulti nelle fede sia capace di vivere sull'esempio di Cristo e invece è proprio lì che molto spesso si tocca con mano l'incapacità di volersi bene. Ed è un'esperienza talmente amara, deludente che può lasciare il segno per tutta la vita fino ad allontanarci dalla stessa comunità. Quante persone sono state emarginate proprio perché non si sono sentite accolte, capite e amate da chi si definiva cristiano. Anche per un cristiano saper amare non è mai un dato scontato; ogni giorno infatti si deve ricominciare, ci si deve esercitare perché il nostro amore verso i fratelli e le sorelle che ci circondano, diventi maturo e purificato da tutti quei limiti che lo rendono parziale, egocentrico, egoistico, sterile e infedele. Ogni giorno si deve imparare l'arte dell'amare, ogni giorno si deve seguire con pazienza la scuola di Cristo, vero amore, con l'aiuto del Suo Spirito.

1. Il dono dello Spirito che, sconosciuto al mondo, incapace di accogliere la verità, sarà conosciuto dai discepoli, fin dalla vita di Gesù abita "presso di loro" (Gv 14,17), agendo attraverso Gesù li aiuta alla comprensione della sua parola e all'intimità con Lui e resterà "con loro" per sempre (cfr. Gv 14,16). C'è una progressione di familiarità tra lo Spirito e i discepoli: dalla presenza presso di loro attraverso Gesù a quella con loro dopo il suo congedo. Prima Egli era semplicemente vicino a loro, dopo sarà in mezzo a loro, anzi addirittura "in loro" (Gv 14,17), in una comunione interiore indissolubile. Mentre Gesù con il suo corpo si allontana dai discepoli, Egli si approssima a loro in modo nuovo, nella comunione dello Spirito: la sottrazione della sua persona all'amicizia e all'abitudine di vita con i suoi, consente ad essi un'intimità più forte: loro diventano dimora della presenza di Gesù, luogo intimo del suo amore. E tale presenza si allarga mediante lo Spirito a tutta la Chiesa. Ciò che il Paraclito è per i discepoli lo è in quanto luogo abituale della sua dimora che è la Chiesa.

2. Il compito dello Spirito è quello di insegnare ogni cosa per conoscere sempre più il mistero di Cristo e soprattutto di capirlo attraverso l'esperienza dell'amore. In questa domenica la capacità di amare è strettamente legata alla promessa dello Spirito. Di fatto, lo Spirito che il Signore promette e che viene dal Padre, è Spirito di amore; ed è questo Spirito che i cristiani devono continuamente invocare per essere capaci di testimoniare che il Signore è vivo attraverso l'amore vicendevole. È uno Spirito che, una volta ricevuto, dona forza e consola cioè fa sentire i cristiani meno soli nella lotta contro un mondo fondato sulla logica della forza e della potenza. È uno Spirito che illumina il cuore donando la capacità di riconoscere nel volto di ogni persona il volto del Signore Gesù. È uno Spirito che dona il desiderio di avvicinare l'altro e di sentirlo non come un potenziale nemico o estraneo, ma come un fratello, figlio dell'unico Padre. Perciò una testimonianza visibile e convincente sarà l'amore gratuito e scambievole che dovrebbe caratterizzare le comunità cristiane. "Guardate come si amano" dicevano i pagani dei primi cristiani. Oggi potremmo chiederci: chi non si riconosce nella Chiesa, i pagani moderni, possono dire altrettanto guardando i cristiani? O il comportamento dei cristiani è tale da farli diffidare del cristianesimo e della sua insistenza sull'amore? Con ogni probabilità, dobbiamo riconoscere che parliamo troppo di amore, ne facciamo quasi un genere letterario, ma non lo viviamo sinceramente tra noi, divisi molto spesso come siamo da pregiudizi, sospetti, settarismi e ghetti diversi. Eppure questa nostra incapacità di amare non ci deve scoraggiare, bensì spingere a continuare nel nostro impegno di imparare ad amare e a conoscere sempre più lo Spirito donato dal Risorto, invocandolo ogni giorno.

Anche l'evangelizzazione così fondamentale e necessaria, oggi più che in passato, è principalmente opera d'amore che spinge ad annunciare a tutti la salvezza di Cristo. È sempre l'amore che dovrebbe indurre ogni cristiano a uscire dai propri recinti per diffondere, attraverso parole e segni, il vangelo, per portare con gioia a tutti il buon annuncio di Cristo risorto speranza del mondo. Ed è sempre lo Spirito d'amore che dovrebbe rendere ogni cristiano, in qualsiasi situazione si trovi, "sempre pronto a rispondere a chiunque domandi della speranza che è in lui" (1Pt 3,15).

Commento di don Guido Benzi

tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi"
Ave, Roma 2007

 

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