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TESTO La vita è più forte

Marco Pedron  

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V Domenica di Quaresima (Anno A) (09/03/2008)

Vangelo: Gv 11,1-45 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 11,1-45

In quel tempo, 1un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

 

Forma breve: Gv 11, 3-7.17.20-27.33b-45

In quel tempo, 3le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

33Gesù si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

Domenica prossima sarà la domenica delle Palme, e il vangelo di oggi ci conduce proprio alla settimana di Pasqua. Questo vangelo risponde ad una grande domanda: come si fa a credere nella resurrezione? Come io posso vivere, sentire, fidarmi della resurrezione? Che Gesù sia risorto, che io risorga, che io possa rincontrare i miei cari è una consolazione che mi viene data o è una realtà?

Questo vangelo contiene molte contraddizioni, è strano, difficile, non è congruente. Prima Gesù dice che la malattia è per la gloria di Dio (v.4), ma poi Lazzaro muore (v. 17). Lazzaro sta male (v. 3), ma Gesù si trattiene lo stesso due giorni dove si trova (v. 6). Gesù fa discorsi di resurrezione (v. 23-26), ma poi piange profondamente (v. 33. 35. 38). Perché Gesù lascerebbe morire Lazzaro, per poi resuscitarlo? Che amico è un uomo così? In questo vangelo noi vediamo la sovrapposizione di due cose: da una parte ciò che è successo e cioè che Gesù aveva un amico, Lazzaro, che muore lasciandolo scosso, turbato e sconvolto.

Dall'altra parte c'è l'interpretazione di Giovanni: Gesù è la Vita, e la Vita è più forte della morte. E chi vive e ama, anche se muore, non muore.

Allora: noi non possiamo dire se Lazzaro fosse veramente morto e se Gesù lo abbia riportato in vita. Neppure per Gesù e successo così: Gesù è risorto, ma non è ritornato in vita. Questo vangelo, infatti, non dice che Lazzaro è risorto ma che è ritornato in vita, in questa vita. Quindi questo vangelo parla di come si possa dalla morte tornare a vivere, di cosa bisogna fare per passare dal sepolcro alla vita, da una vita morta ad una vita viva. A volte, infatti, la gente chiama vita ciò che è morte e morte ciò che è vita.

Gesù dice alle sorelle: "Scioglietelo e lasciatelo andare" (v.44).

Noi possiamo leggere questa semplice frase come una frase magica di Gesù. Ma possiamo leggerla più in profondità come qualcosa che riguarda anche la nostra vita. E' chiaro che Lazzaro è paralizzato dalle sorelle, da queste donne che lo soffocano, che gli impediscono di vivere, che gli tolgono l'aria, tutto lo spazio: sono delle donne dilaganti. Donne che prese dai loro problemi "mangiano" anche tutto lo spazio di Lazzaro.

Quando esce, dice il vangelo, è avvolto da bende: e cosa sono le bende se non tutte quelle relazioni, quei rapporti che lo ingabbiano, lo legano, lo soffocano, lo stringono fino ad ucciderlo?

I piedi sono la strada, l'andare, il camminare: Lazzaro non aveva nessuna autonomia, era succube nel suo andare, legato, non aveva nessuna possibilità di scelta.

Le mani sono il nostro fare, il nostro produrre, la nostra creatività. Lazzaro è soffocato, legato, si trova immerso in una situazione dove non sa fare o non può fare nulla, non c'è spazio di movimento, di manovra e di libertà per lui; non può emergere ciò che vorrebbe fare, diventare; non può esprimersi, tutto è già deciso.

Il volto è l'identità di una persona. Lazzaro non ha volto, è nessuno, non sa chi è, non si conosce. Che Lazzaro ci sia oppure non ci sia è la stessa cosa, perché nessuno lo vede, a nessuno interezza il suo volto. Lazzaro è av-volto. E' chiaro che Marta e Maria si sono "mangiate" il loro fratello, e Lazzaro non trovando una sua fisionomia, soffocato, muore. Poi depongono Lazzaro in un sepolcro e vi rotolano una pietra sopra: si sbarazzano del morto.

C'è un amore che dà vita e uno che può uccidere.

Quando la madre dice sempre: "Lo faccio per te"; "Tu lo fai perché qui si fa così... lo faccio per il tuo bene...", a volte, chiama "amore" ciò che lei vuole fargli fare. Ricordo un genitore che ha detto: "Tu andrai all'università – e non si discute - perché ti fa bene e un giorno mi ringrazierai". Un altro: "Sono duro con te perché così tu avrai un carattere forte". Quel ragazzo è diventato tossicodipendente! Un marito picchiava la moglie: "Deve capire quanto le voglio bene e quanto ci tengo a lei".

Dire "lo faccio per amore" è pericoloso. Dire "lo faccio per amore" non dà nessuna garanzia di amore. Perché per amore si può anche picchiare, umiliare, prendere in giro.

Marta e Maria, dal loro punto di vista, amavano Lazzaro, e quando il fratello muore piangono disperate, realmente soffrono e stanno male.

A volte i familiari realmente soffrono tantissimo per i loro cari ma non per questo vuol dire che non siano proprio loro i primi artefici dei disagi, delle difficoltà e dei malesseri di chi amano. Perché c'è un amore che fa vivere e uno che uccide. C'è un amore che rende liberi e autonomi e c'è un amore che incatena.

Molte persone credono di amare troppo e di fare un sacco di cose per quelli che amano. Quando amiamo troppo, in realtà non amiamo affatto perché siamo dominati dalla paura di restare da soli, di non essere degni di amore, di non valere niente o di essere ignorati. La paura ci fa attaccare all'altra persona e ci pare che senza non potremmo vivere, ma lui (o io) intanto soffoca.

Quando un partner dice: "Tu mi hai sposato e sapevi bene cosa facevi", e non ascolta neppure l'altro, neppure è interessato alle nuove esigenze che emergono, o ai nuovi bisogni o trasformazioni del rapporto, lo uccide. Quando il marito sorveglia la moglie ed è geloso all'inverosimile non la fa vivere, ma morire. Il papà che si sostituisce al figlio non gli fa bene, perché lo farà insicuro. O la mamma che dice: "Lo faccio io perché lo faccio meglio" non gli vuole bene, perché lo renderà incapace. La mamma che vuole sapere per filo e per segno ogni passo della figlia, legge nel diario, fruga nei cassetti, non la fa vivere, ma morire perché le toglie la dignità di persona. La persona che interviene continuamente dicendomi cosa fare/non fare, cosa è bene/non bene, come va fatto/non fatto, non lo fa per "il mio amore", ma sta uccidendo la mia possibilità di esprimermi.

A volte le persone dicono: "Faccio di tutto per mio figlio", e si sentono a posto. Ma potrebbe essere proprio questo il problema perché non si tratta di far tutto o di dargli tutto (in genere vuol dire: "Non gli mancano i soldi"), ma di amarli e di permettere a loro di esprimere il loro essere.

Se il tuo amore, come Marta e Maria, lega, ingabbia, si sostituisce, imprigiona, è un amore che uccide.

E a Lazzaro Gesù dirà: "Esci fuori". Cioè: "Non permettere a nessuno di ridurti come un morto, di ingabbiarti in situazioni che sono un sepolcro, dove la tua anima e la tua vita marciscano".

Se io giustifico tutti malumori, il carattere, l'indifferenza di una persona, Gesù mi dice: "Esci fuori, questo non è amore". Come a dire che ci facciamo andare bene tutto per paura del conflitto, di perderlo, di rimanere da solo. Che ne sarà della nostra dignità? Non ci stiamo soffocando con le nostre mani?

Se io mi annullo per un'altra persona e faccio di tutto per lei o se non mi piace il carattere del partner e modifico il mio per andargli bene Gesù mi dice: "Esci fuori, stai entrando in un vicolo di morte, in un sepolcro. Ti stai facendo andare bene ciò che non ti può andare bene". Cioè: la paura del cambiamento, invece di far cambiare il rapporto, fa adattare noi. Dove andremo a finire? Che ne sarà di noi e delle nostre esigenze? Non è amore, è paura!

E se io per andare bene a questo e a quello, o per non creare problemi o tensioni me ne sto continuamente zitto, lascio stare, lascio passare, non esprimo, è come se giorno dopo giorno rinunciassi a me e senza accorgermene, mi ritroverò proprio in quel sepolcro, come Lazzaro che prima era malato, poi s'è addormentato e poi è morto. Che ne sarà di me? Non sarà un lento morire, giorno dopo giorno, parola non detta dopo parola non detta, cosa non fatta dopo cosa non fatta?

Allora Gesù mi ordina, come nel vangelo: "Vieni fuori". "Devi trovare il coraggio e la forza di sottrarti a questo lento morire di ogni giorno, a questo rinunciare graduale che è nient'altro che un andare verso la morte". "Vieni fuori... vieni fuori... vieni fuori... vieni fuori...".

Se noi osserviamo attentamente il vangelo scopriamo che ci sono tre resurrezioni: quella di Lazzaro, ma anche quella di Marta e di Maria perché Gesù le conduce gradualmente a cambiare atteggiamento.

All'inizio le sorelle dicono a Gesù: "Il tuo amico è malato". Ma quell'amico è loro fratello e lo stesso che vive in casa loro. E' chiaro che le sorelle non riconoscono il loro fratello, non hanno rapporto e relazione con lui: lo stanno soffocando, lo stanno uccidendo.

Allora Gesù deve dire: "Dove l'avete posto?", che vuol dire: "Ma che ne avete fatto? Come avete fatto a ridurlo così? Ma non vi rendete conto che il vostro comportamento lo ha ucciso?".

E poi Gesù ordina: "Togliete la pietra", cioè "scoperchiamo ciò che è nascosto, sepolto" e che marcisce. Dev'essere stato tremendo per Marta e Maria rendersi conto (scoperchiare la pietra) di ciò che avevano fatto.

Amore è avere il coraggio di non nascondersi le cose: se abbiamo sbagliato, proviamo a dirlcelo, cambiamo e modifichiamo il nostro atteggiamento; se c'è qualcosa da portare a galla, con fiducia, senza paura, senza sentirsi delle schifezze o essere distrutti dalla vergogna, lo facciamo. Amore non è non sbagliare mai, ma accorgersi e accettare che con certi stili di vita noi facciamo morire la vita.

La giustizia umana tenta di far luce su tutti gli assassini, gli omicidi che accadono. Ma un giorno verrà fatta piena luce anche su tutti gli assassini silenziosi.

A certe donne bisognerebbe dire: "Ma che ne hai fatto di tuo figlio?". "Togli la pietra". "Ma non vedi che l'hai soffocato... non vedi che l'hai reso dipendente da te... non vedi che gli hai chiesto di sostituire tuo marito... non vedi che l'hai iperprotetto perché tu eri piena di paure?". "Non vedi che gli hai soffocato l'anima... la vitalità... il sorriso... l'espressione... l'energia?". E non dire: "Io l'amo!", perché questo non è amore. L'amore fa vivere e ciò che fa morire non può essere mai amore. E non dire un giorno: "Ma guarda te questo mio figlio che problemi che mi da! Ma guarda te che chiuso, che timido! Che sfortunato che è!, è finito in brutti giri! Che sfortunato: il matrimonio è andato male, è nervoso, irascibile...". A volte bisognerebbe dire a certe madri: "Tu l'hai ridotto così!".

Ad alcuni uomini bisognerebbe dire: "Ma che ne hai fatto di tua moglie? Non vedi che la tratti come un oggetto di consumo sessuale? Non vedi che la umili? Non vedi che non sai esprimerle un sentimento? Non vedi che non la comprendi, che non la sai ascoltare? Non vedi che le stai succhiando l'anima?. Non vedi che la stai uccidendo, che il tuo orgoglio, la tua chiusura, la tua rigidità, sta facendo vittime". E non dire: "Io sono così! Questo è il mio carattere!". "E' che non vuoi cambiare!". E non dire un giorno: "Ma che sfortunati che siamo, a mia moglie è venuta la depressione!". Non è mica come prendere l'influenza! Non è mica un virus dell'aria! A volte bisognerebbe dire a certi uomini: "Tu l'hai ridotta così!".

Alla nostra società dobbiamo chiedere cosa fa di fronte agli assassini silenziosi che quotidianamente avvengono. Facciamo un esempio: la Nestlé, la più grande multinazionale alimentare, che per "ragioni di principio" ha chiesto all'Etiopia un risarcimento di 6 milioni di dollari (come compensazione per la nazionalizzazione di un'azienda avvenuta nel 1975 dopo il colpo di stato militare). Un solo anno di vendite Nestlé è pari ad 8 volte il prodotto interno lordo dell'Etiopia... ma per "ragioni di principio, di etica economica"...!!!

Allora io vorrei avere delucidazioni su quel mezzo milione di bimbi etiopi che muore ogni anno e chiedere alla Nestlé cos'abbia da dire. (La Nestlè tra l'altro continua a violare il codice internazionale redatto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità che proibisce la promozione del latte in polvere per l'alimentazione dei neonati, dove nelle società povere i bambini allattati artificialmente sono 25 volte più esposti alla morte di quelli allattati al seno). Verremo giudicati per tutti questi omicidi silenziosi.

E io? Ogni volta che compro Nestlé appoggio e favorisco questo. Ognuno farà le sue scelte, l'importante è sapere che ciò che si fa ha le sue conseguenze, che non è la stessa cosa dire sì o no, interessarsi o, invece, disinteressarsi. Per curiosità si sappia che della Nestlé sono: il Nescafè, il Nesquik, l'Orzoro; le acque minerali Terrier, Vera, San Bernardo, S. Pellegrino, Panna, Lievissima, Pejo, Recoaro; i dolci Smarties, Kit Kat, Galak, Lion, After Eight, Motta, Alemagna, Toffee; il cioccolato Perugina, Nestlè; i salumi Vismara, King's; l'olio Sasso; le conserve Berni; i formaggi Locatelli; la pasta Buitoni; il dado Maggi; i surgelati Findus; i gelati Motta, Alemagna, Antica Gelateria del Corso; i cibi per animali Friskies; i cosmetici l'Oreal, ecc.

Questo vangelo è un inno alla vita. Dice: "La vita è più forte di tutto". La vita vuol vivere, vuole esprimersi, espandersi, non si rassegna mai e non si dà mai per morta. Quando tutto sembra finito la vita ci crede ancora; quando tutto sembra esaurito o morto, la vita è capace di nascere e di sbocciare nel modo più incredibile o inaspettato. Gli alberi sono fatti per crescere per venire fuori; le gemme sono fatte per uscire fuori per sbocciare e per fiorire; gli uomini sono fatti per venire fuori come persone, per esprimere tutto il potenziale che racchiudono e l'amore che contengono. La vita vuole venire fuori, vuole uscire, vuole vivere. Quando sono piegato dal peso degli impegni e mi viene da compiangermi e da dirmi "quanto sia duro vivere" una voce mi dice: "Vieni fuori, non lasciarti schiacciare". Quando sono ucciso dalle parole e dai giudizi delle persone, dagli sguardi taglienti e infuocati, una voce mi dice: "Vieni fuori, non permettere che ti imbriglino e che ti impediscano di vivere". Quando in certe giornate nere, dove tutto sembra negativo, dove il malessere sembra dilagare una voce mi dice: "Vieni fuori, non annegare nei tuoi pensieri". Quando cado, sbaglio, e mi colpevolizzo e mi sento sbagliato, uno schifo e mi vergogno di me e della mia vita, una voce dice: "Vieni fuori, sottraiti a questi giudici di morte". Quando succede qualcosa e ne faccio una tragedia, sembra la fine del mondo, o la cosa più grave del mondo, una voce dice: "Vieni fuori dai tuoi pensieri persecutori". Quando le persone mi vogliono controllare e vorrebbero decidere per me e della mia vita, quando avrebbero la pretesa di dirmi cosa fare, cosa pensare, chi scegliere o cosa fare, una voce mi dice: "Vieni fuori, non lasciarti imprigionare da ciò che gli altri vogliono". Quando mi lascio andare, quando sopravvivo, quando vivacchio perché è costoso, difficile, arduo vivere con intensità, una voce mi dice: "Vieni fuori dal sepolcro che ti sei creato, vivi la vita".

Quando sono condizionato mi dice: "Fuori da lì". Quando sono in mezzo a discorsi e gente negativa mi dice: "Fuori dalla morte". Quando sono legato da legami soffocanti mi dice: "Sciogliti e liberati". Quando sono trattenuto da chi cerca di modificarmi o di impaurirmi mi dice: "Vattene fuori". Quando qualcuno mi fa male o mi fa soffrire mi dice: "Buttalo fuori, tu devi vivere". Quando tutti vedono nero, mi dice: "Fuori da questi sepolcri".

Quando vedo la primavera che ritorna dopo la morte dell'inverno, e la vita si riapre come per meraviglia e per incanto, e dove quello che era brullo torna a riempirsi di colori, allora io so che la vita è più forte. Quando sento le persone care che sono morte vicine a me, presenti realmente dentro il mio cuore, allora io so che la vita è più forte. Quando vedo le persone che cambiano, che diventano diverse, che evolvono, che diventano mature, che stanno in piedi sulle proprie gambe, che ritornano ad essere felici, allora io sento che la vita è più forte. Quando vedo certe rinascite e certi miracoli: donne che non potevano aver figli e dalle quali nasce la vita, persone depresse che guariscono, malattie fisiche che passano come se mai ci fossero state, persone che fanno scelte radicali e impopolari, allora io sento che la vita è più forte.

E quando morirò e la morte sembrerà trionfare su di me io potrò sentire questa voce che mi dirà: "Marco vieni fuori". Non so cosa proverò, non si può ora descrivere, ma credo che sarà meraviglioso. Allora sarà definitivo che la Vita è più forte.


Pensiero della Settimana

Quando sono morto una voce mi dice: "Marco, vieni fuori".

 

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