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TESTO Commento su Giovanni 11,1-45

don Stefano Varnavà

V Domenica di Quaresima (Anno A) (09/03/2008)

Vangelo: Gv 11,1-45 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

 

Forma breve: Gv 11, 3-7.17.20-27.33b-45

In quel tempo, 3le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

33Gesù si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

Che cosa ha fatto Lazzaro in quei quattro giorni che era nel Sepolcro? Dove è andato? Da dove l'ha richiamato Gesù?

Questi misteri provocano in noi delle domande: dove si va a finire dopo la morte? Domande a cui il Signore ha già dato una risposta: "Io sono la Resurrezione e la Vita. Chi crede in Me, anche se è morto, vivrà in eterno: non morrà né con l'anima né col corpo". E aggiunge: "Credi tu questo?", al che Marta risponde: "Sì Signore, io credo questo".

Anche noi come Marta dobbiamo credere che Gesù è Colui che dà la Vita all'anima e che ridarà la vita al corpo (insieme all'anima): la vita eterna.

Il discorso della morte deve partire da una concezione spirituale, e non perché si debba distinguere l'anima dal corpo, come siamo abituati a fare noi che diciamo: l'anima è immortale mentre il corpo muore e risorgerà alla fine, e solo per alcuni.

Per comprendere il discorso della morte dobbiamo "attaccarci" alle parole del Signore e capire che l'anima non è immortale per se stessa; l'anima diventa immortale per la fede in Gesù, perché è Lui che dà la vita terrena ed è Lui che dà la vita eterna.

La concezione dell'uomo ebraico-cristiana era una concezione unitaria, cioè di un tutt'uno; detta concezione non era fondata sul dualismo anima e corpo.

La lingua ebraica non ha nessuna parola per significare il corpo fine a se stesso; essa ha solo il termine che indica il corpo morto (il cadavere). Il termine con cui la Bibbia definisce l'uomo è un termine comprensivo che riguarda tutto l'insieme dell'anima e del corpo, e... colui che salva l'anima salva anche il corpo: chi salva il più (l'anima) salva anche il meno (il corpo).

Quel Dio che può salvare (o conservare) per la vita eterna la tua anima, automaticamente può conservare anche il tuo corpo; Dio che è "capace" di rimettere i peccati, è capace anche di guarire un paralitico.

Gesù domanda: "Cosa è più difficile: rimettere i peccati, cioè rimettere in "sesto" la vita dell'anima o rimettere in "sesto" la vita del corpo? Affinché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di fare uno e l'altro, Io ti dico: alzati e cammina".

E' molto importante che ciascuno di noi comprenda bene questo discorso: noi salveremo il nostro corpo se salveremo la nostra anima. Ed è necessario fare in modo di salvare anche la propria anima, perché altrimenti potrebbe finire nel "nulla", cioè nella morte eterna. Non ci è permesso "tentennare" perché il Signore ci ha detto: "Davanti a te c'è la vita o la morte".

Bisogna avere il coraggio di ridare il giusto significato alla morte.

Nel contesto Biblico, nel concetto cristiano, la morte si "colora" di un significato eminentemente etico religioso; la morte non è mai vista come un fatto puramente biologico, è sempre stata qualche cosa che tocca anche lo spirito, anzi, che parte soprattutto dallo spirito.

E' tipico della visione scientifica (o meglio scientista) dell'uomo di oggi il fatto di ridurre la morte dell'uomo a "oggetto"; l'uomo è visto come un momento di una scala biologica. I materialisti (gli atei) dicono che c'è solo il corpo e la capacità di governarlo; per loro non esiste l'anima: finito il corpo, finito tutto! Ci dispiace per coloro che si proclamano atei (anche se in realtà per molti è solo una posa, una moda....) perché non hanno davanti nulla: finito il corpo finito tutto, quindi, quando a qualcuno di loro muore una persona cara finisce tutto: i loro affetti, la loro vita sentimentale...

L'uomo non è un momento di una scala biologica perché non è un oggetto, e neanche il suo corpo è un oggetto, quindi la morte non è un "incidente" di carattere biologico.

Per l'ateo la morte si svuota dei suoi significati profondamente religiosi perché la considera come una macchina che si ferma.

Quando un'automobile si ferma se ne ricercano le cause immediate e prossime per rimetterla in moto, e... nei confronti della morte, la cultura oggi, ripropone gli stessi problemi: cercare di sopravvivere il più a lungo possibile, quasi a eliminare la morte (anche se è impossibile).

E' un dramma non saper vedere "sotto" la morte la realtà esistente!

Le domande: "Che cos'è la morte? Quali ultimi significati può avere la morte in se stessa?", devono essere in sintonia con la risposta che Gesù dà a coloro che gli parlano di Lazzaro: "Io sono contento, perché questa malattia non è per la morte ma per la gloria di Dio, affinché il Figlio di Dio venga glorificato". Questo, nonostante tutte le apparenze, nonostante tutte le delusioni, nonostante tutta la tragedia è il significato autentico della morte di ciascuno di noi. Significato che noi, quando accostiamo la morte, non sappiamo cogliere perché, tragicamente e solamente immersi nel dolore procuratoci dall'abbandono della persona cara. Eppure... tutti coloro che muoiono, ad un certo punto, avvertono qualche cosa...

Anche se ci viene detto che la morte è un fatto meccanico, l'uomo a dispetto di tutto, sente il bisogno d'interrogarsi sul significato della medesima e... lo avverte. L'uomo continua a porsi degli interrogativi perché, anche se è vero che sente dei bisogni immediati, vuole anche conoscere il significato "ultimo".

Abbiamo visto la settimana scorsa la risposta data alle tre domande esistenziali: "Da dove vengo? che cosa sto a fare al mondo? Dove vado a finire?". L'uomo sente quando si avvicina la morte, ed è proprio in quel momento che queste domande si fanno più insistenti".

Per capire maggiormente il significato profondo della morte, vi leggo un brano dei Vangeli apocrifi. Sia ben chiaro che i Vangeli apocrifi a volte sono solo dei racconti letterari che non vanno presi storicamente ma, che mediante una finzione poetica, ci insegnano delle verità profonde che per i primi cristiani erano normali, altrimenti non avrebbero affrontato il martirio "sorridendo". I primi cristiano non avrebbero accettato certe privazioni di beni o addirittura della vita stessa se non avessero creduto in quello che sta oltre la morte.

Prendo quindi un brano dei Vangeli dell'infanzia di Gesù: la storia di Giuseppe il falegname, che l'autore immagina sia stata raccontata da Gesù ai suoi discepoli per spiegare loro come è avvenuta la morte di Suo padre Giuseppe.

Partiamo da una frase di Giuseppe che in punto di morte dice: "O mio Signore se non fosse stato per la legge di questo mistero cioè di una donna che ha concepito senza essere unita a me, io non avrei creduto in Te rendendo gloria a colei che Ti ha generato, Maria la vergine benedetta".

A questo punto Giuseppe che sta morendo incomincia (come tutte le persone che stanno morendo) ad avere dei ricordi, ricordi che "arrivano" e ritornano come in un "film". Giuseppe ricorda un fatto, forse quello che gli è rimasto maggiormente sulla coscienza: "Ricordo un giorno che una serpe morse un ragazzo ed egli morì. I suoi familiari Ti accusavano e cercavano di consegnarti alla forza pubblica d'Erode, ma la Tua misericordia li raggiunse, e Tu facesti risuscitare colui, a causa del quale ti avevano calunniato dicendo: sei Tu che l'hai ucciso! Perciò vi fu gran allegria nella casa del morto (il Bambino Gesù risuscita il bambino morto) Io allora Ti presi per un orecchio e Ti dissi: "Sii prudente figlio mio", e Tu mi rimproverasti dicendo: "Se tu non fossi Mio padre secondo la carne, ti farei ben capire cosa è ciò che Mi hai fatto" (tirare le orecchie a Gesù!).

Se adesso dunque -continua Giuseppe- o mio Signore e mio Dio, è per chiedermi ragione di quel giorno che mi hai mandato questi terribili segni (i segni precedenti alla morte), imploro la Tua bontà di non mettermi davanti al Tuo tribunale per disputare con me: io sono Tuo schiavo, figlio di una Tua schiava.

Poiché mio padre -dice Gesù- diceva tali cose, Io non potei trattenere le lacrime; mi misi a piangere vedendo come la morte lo dominava e udendo le parole piene di amarezza che egli diceva. In quel momento, miei cari fratelli, Mi venne in mente la Mia morte sulla croce, per la salvezza del mondo intero (anche davanti a Lazzaro, Gesù piange, e non solo per amicizia, ma perché vede in anticipo ciò che Lo aspetta: la Sua morte).

Allora si levò Maria, la Mia cara Madre il cui nome soave è sulla bocca di tutti coloro che amano Me, e Mi disse con il cuore pieno di tristezza: "O me infelice, Figlio caro deve dunque morire Giuseppe, il buono e benedetto vegliardo, Tuo amato e venerabile padre secondo la carne?". Io le risposi: "Mia cara madre, chi mai fra tutti gli uomini, avendo rivestito la carne non avrà da gustare la morte? Essa è sovrana dell'umanità e tu stessa dovrai morire come tutti gli uomini. Ma tanto per Giuseppe Mio padre, quanto per te, madre Mia benedetta, la morte non sarà propriamente una morte, ma una vita eterna senza fine. Io stesso devo passare attraverso queste necessità a causa della carne mortale che ho rivestito in te. Ma ora, madre Mia cara, levati e va da Giuseppe, il benedetto vegliardo per assistere al destino che mi è stato assegnato dall'Alto".

Ella si levò, andò nel luogo in cui egli giaceva coricato e vide come i segni della morte già apparivano evidenti in lui. Io, miei amici, mi posi presso il suo capo e mia madre ai piedi; egli fissò gli occhi al Mio viso senza poter parlare perché il momento della morte lo dominava, poi levò gli occhi in alto ed emise un gemito profondo. Gli tenni strette per un tempo abbastanza lungo le mani e i piedi, ed egli Mi guardava e Mi implorava dicendo: "Non lasciare che mi portino via". Posi una mano sul suo petto e Mi accorsi che la sua anima era già passata nella gola per essere portata via dal corpo.

Non era ancora giunto il momento supremo in cui doveva venire la morte, altrimenti questa non avrebbe potuto più attendere, ma era sopraggiunta l'agonia insieme alle lacrime e alla disperazione che la precede.

Quando la Mia cara madre Mi vide palpare il suo corpo, essa pure gli palpò i piedi e notò che la respirazione e il calore erano scomparsi, lo avevano abbandonato. Allora Mi disse ingenuamente: "Grazie Figlio caro, dal momento che hai posato una mano sul suo corpo la febbre lo ha abbandonato".

Io volsi lo sguardo in direzione del Sud e scorsi la morte! Essa entrava nella nostra casa seguita da Amente che è il suo strumento e dal diavolo, accompagnato da una gran folla di satelliti rivestiti di fuoco, la cui bocca lanciava fuori fumo e zolfo.

Mio padre Giuseppe volse lo sguardo e li vide. Vide che si rivolgevano a lui pieni di quella collera con cui usano accendere il loro volto contro tutte le anime che lasciano il corpo, specialmente i peccatori, su cui essi scorgono anche il minimo segno.

Quando il buon vegliardo li scorse in compagnia della morte i suoi occhi si riempirono di lacrime. Questo fu il momento in cui l'anima del Mio buon padre si staccò, con un gran sospiro, cercando un luogo per nascondersi, per essere salva.

Quando Io Mi accorsi, dal sospiro di Mio padre Giuseppe, che egli aveva viste delle potenze che non aveva ancora mai vedute, subito Mi levai e minacciai il diavolo e quanti erano con lui. Essi se ne andarono vergognosi e confusi.

E nessuno di tutti coloro che erano intorno a Mio padre Giuseppe, nemmeno la Mia stessa madre Maria, si accorse di tutti quei terribili eserciti che danno la caccia alle anime degli uomini. Quanto alla morte, quando vide che Io avevo minacciato le potenze delle tenebre e le avevo cacciate via, perché esse non avessero possibilità di tendere insidie al defunto, prese paura.

E Io immediatamente Mi levai e volsi questa preghiera al Mio misericordiosissimo Padre: "O Padre Mio, Padre di ogni misericordia, Padre della Verità! (e qui impariamo a pregare vicino a coloro che stanno morendo). Occhio che vede, orecchio che ode! Ascoltami che Io sono il Tuo amato Figlio e Ti imploro per Mio padre Giuseppe opera delle Tue mani, affinché Tu mi invii un grande numero di angeli, con Michele dispensatore della bontà, e Gabriele dispensatore della luce, e che essi accompagnino l'anima di Mio padre Giuseppe finché abbia oltrepassato il settimo eone delle tenebre. Che essa non debba passare per le oscure vie, terribili da transitare, per lo spavento di vedere le potenze che le occupano, là dove il fiume di fuoco che scorre solleva i suoi frutti come le ondate dei mari.

Sii poi misericordioso con l'anima di Mio padre Giuseppe che va verso le Tue sante mani, perché quello è il momento in cui ha bisogno di misericordia".

Ma ora torniamo al trapasso di Mio padre Giuseppe, il giusto vegliardo. Quando ebbe esalato il suo spirito Io lo baciai. gli angeli presero la sua anima e la avvolsero in un tessuto di seta. AvvicinatoMi Mi assisi presso di lui, e nessuno di tutti quelli che gli erano attorno si accorsero che era spirato.

Allora ritornai al corpo inerte di Mio padre. Gli abbassai gli occhi, gli chiusi la bocca e rimasi a contemplarlo, e poi dissi alla vergine: "Maria madre Mia dove sono adesso tutti i lavoro di artigianeria che egli ha fatto dalla sua infanzia fino a ora? Sono tutti passati, in un solo momento, come se egli non fosse mai nato in questo mondo".

Grandi cose toccheranno al Mio amato padre Giuseppe. Dal momento che la sua anima ha lasciato il corpo, è cessato per lui ogni specie di dolore. Egli se ne è andato nel Regno eterno. ha lasciato dietro di sè il peso della carne, ha lasciato dietro di sè questo mondo pieno di ogni specie di dolore e di vane preoccupazioni, ed è andato alla dimora di riposo del Mio Padre, nei Cieli che non saranno mai distrutti.

Quando gli abitanti dell'intera Nazareth appresero il triste lutto, accorsero tutti al luogo dove noi stavamo e secondo il costume dei Giudei, passarono la giornata intera in lamenti, fino all'ora nona.

All'ora nona li feci uscire tutti, versai acqua sul cadavere del Mio amato padre Giuseppe, lo unsi con olio profumato, e rivolsi al Mio buon Padre, che è nei Cieli, una preghiera celestiale. E quando dissi l' "amen" sopraggiunse una grande moltitudine di angeli. Diedi ordine a due di essi di stendere un manto e vi feci avvolgere il corpo benedetto di mio padre Giuseppe per seppellirlo.

Posi una mano sul suo corpo e dissi: "che il sudario della tua carne di cui ti sei rivestito, non sia mai intaccato dalla terra, ma rimanga attorno al tuo corpo fino al giorno del banchetto dei mille anni. Che non invecchino, mai mio caro padre, questi capelli che tante volte ho accarezzato con le Mie mani. E che la fortuna sia con te.

Tutti quelli che riserveranno un'offerta da presentare al tuo santuario nel giorno della tua commemorazione, li benedirò con un premio celeste che verrà loro dal Cielo.

A colui che in tuo nome (nome di S.Giuseppe) metterà un pane nella mano di un povero, non permetterò, per tutti i giorni della sua vita, che sia oppresso in questo mondo, dalla necessità di qualche bene.

Tutti quelli che nel giorno della tua commemorazione metteranno una coppa di vino nelle mani di un forestiero o di una vedova, o di un orfano, io li affiderò a te, perché tu li inviti al banchetto dei mille anni.

Tutti quelli che scriveranno il libro del tuo trapasso, con tutte le parole che oggi sono uscite dalla Mia bocca, in tuo onore, o Mio caro padre Giuseppe, Io li affiderò a te in questo mondo; e inoltre quando lasceranno il loro corpo, annullerò la lista dei loro peccati, perché essi non abbiano a soffrire alcuna pena, oltre l'inevitabilità della morte e al fiume di fuoco che si trova davanti a Mio Padre per purificare ogni genere di anime".

Vi ho voluto leggere questo testo perché comprendiate quale deve essere il nostro atteggiamento davanti a "sorella" morte. Quella sorella morte che Francesco non ha temuto di nominare nel suo "Cantico delle creature"; a quella sorella morte che noi dobbiamo imparare a saper capire per poterla riempire, non con delle attese o parole vuote, ma con delle preghiere e col metterci in contatto col Signore quando qualche nostro fratello arrivi a questo momento.

Io penso che sia questo il significato di tutte le parole del Vangelo di oggi, e soprattutto dell'avvenimento della morte e della resurrezione di Lazzaro.

 

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