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TESTO Commento su Giovanni 9,1-41

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IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno A) (02/03/2008)

Vangelo: Gv 9,1-41 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 1passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

18Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».

24Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

39Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». 40Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». 41Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

Forma breve (Gv 9, 1.6-9.13-17.34-38):

In quel tempo, Gesù 1passando, vide un uomo cieco dalla nascita; 6sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!».

13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

Quarta domenica di Quaresima, quarta domenica di cammino verso la Pasqua del Signore, domenica in cui il tema è la luce e la capacità di vedere. Capacità di vedere è grazia del Signore, che agisce solo proclamando con la parola e col cuore: «Credo, Signore!».
La Quaresima è tempo di penitenza nell'attesa della Pasqua.

Anche nei gesti liturgici c'è un segno chiaro di questa speranza: il celebrante può in questa domenica scegliere di usare i paramenti di colore rosaceo invece che viola, proprio a significare questo "schiarirsi" dell'attesa; presto si adempieranno le promesse: Dio prenderà su di sé il peccato, sceglierà di essere l'Agnello immolato per la redenzione di tutti, la sua morte e resurrezione ci doneranno la vera libertà.

Il Vangelo proclamato oggi è tratto dal Vangelo di Giovanni (Gv 9,1-41) e dice della differenza fra scegliere la luce o le tenebre, tra la possibilità di vedere e non vedere, della scelta di aderire o meno alla grazia del Signore.

Il brano evangelico è abbastanza chiaro; esordisce coi discepoli che chiedono, in perfetta linea con quella che era la credenza al tempo, se il peccato da cui deriva la cecità di un uomo non vedente dalla nascita incontrato nel loro cammino, fosse da imputare a lui (che però era nato cieco! Quindi nato senza avere ancora personalmente peccato...) o ai suoi genitori.

In Israele infatti c'era la credenza secondo la quale la malattia era punizione fisica, era manifestazione e punizione del peccato e questo era un dato pacifico in quanto riportato anche dalla Scrittura (per esempio in Es 20,1-6 "Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi") ma era motivo di dubbio la sorte di chi nasceva con una malattia congenita: da qui l'interrogare dei discepoli.

La risposta di Gesù può sembrare sibillina, ma è significativa; egli non si sofferma a parlare della causa della cecità dell'uomo ma risponde circa lo scopo di essa: serve per glorificare l'opera di Dio: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio".

Immediatamente dopo c'è la proclamazione "Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo". Gesù si proclama come Messia (il riferimento è Is 49,6 dove il servo sofferente è descritto come luce delle nazioni) ed agisce da Salvatore. Sputa e compie il gesto che inizia il miracolo, col fango ( l'uomo è stato creato di terra...) spalma gli occhi del cieco e lo manda al lavarsi nella piscina che ha un nome particolare: Siloe, che significa, precisa il Vangelo, "Inviato".
Si compie il miracolo: il cieco acquista la vista.

Ora la scena considerata si delinea meglio, si perfeziona ed arricchisce: il cieco-nato in realtà è un mendicante, noto a molti; la scena si è svolta in pubblico e questo pubblico interroga il cieco su quanto è avvenuto.

Egli risponde semplicemente come si sono svolti gli eventi (forse perché in realtà molto non ci ha capito neanche lui...).

Visto la duplice circostanza del miracolo e del miracolo di sabato il cieco viene condotto dai farisei, i depositari che sono osservanti e garanti della tradizione di Israele.

Il miracolo evidentemente c'è stato, ed anche i farisei non possono negarlo, ma è stato compiuto di sabato contro la Legge e quindi è frutto di peccato.

I farisei interrogano il cieco che è lineare nella sua risposta: non capisco cosa è successo, ma il miracolo c'è stato, Gesù viene identificato in questa prima fase dal cieco come un profeta, qualcuno di speciale, in cui è presente Dio.

I farisei decidono di interrogare i genitori, questi hanno paura e sostanzialmente rigettano sul figlio ex cieco la responsabilità: è interessante che Giovanni annota: "Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga". Inizia la lotta di una parte dei farisei (non tutti, infatti erano comunque divisi fra di loro) contro Gesù che condurrà il Signore sulla croce.

Richiamano il cieco, lo incalzano e di nuovo lui risponde concretamente: "non ci vedevo e ora ci vedo". I farisei incalzano e il loro irrigidimento come spesso accade comporta l'irrigidimento della controparte: il miracolo c'è stato e viene da Dio. I farisei si risentono e lo cacciano fuori, di nuovo emarginato dagli uomini, di nuovo passa il Signore.

E c'è questo dialogo e commovente: "Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu credi nel Figlio dell'uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui"

Il cieco è arrivato alla fine del suo cammino. Ha aderito alla grazia, i suoi occhi vedono finalmente, vedono veramente, vedono la Luce, e vedere la Luce significa adorare il Signore.

Il Signore ha aperto gli occhi ma anche il cuore, tuttavia il cieco è stato protagonista del suo percorso di fede (per lui, Gesù è un profeta... viene da Dio... è il Messia...).

Rimangono alcuni farisei che hanno visto la scena e sentito le parole ascoltate (ma forse non ascoltato la voce di Dio) ed interrogano Gesù "Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: "Noi vediamo" il vostro peccato rimane», quindi Gesù è chiaro: chi è pronto ad uscire dal peccato ne è salvo, ma chi di questi non ha coscienza non ha modo per uscirne.

Dovendo preparare questo spunto di riflessione ho iniziato a pensare alla differenza che c'è tra "vedere " e non vedere" nel senso del brano del Vangelo letto oggi.

Mi sembra di potere affermare, dopo la lettura di questo brano del Vangelo, che vedere significhi avere goduto di una grazia e saperne farne uso.

Svilupperò in seguito il pensiero relativo alle persone che vedono e su quello che questo può comportare.

Ragioniamo ora su quelli che non vedono per ignoranza, intesa come non conoscenza, cioè quelli a cui non è stata portata testimonianza seria del Cristo, per cui pur vivendo in una società in cui la maggioranza della popolazione si dichiara cattolica molte persone non hanno una conoscenza sicura del messaggio cristiano: sono ciechi perché non sanno e non conoscono veramente...Il compito di chi ci vede è aiutare questi fratelli e proporre Cristo mediante la testimonianza e la carità cristiana. Chiaramente deve essere un proporre e non un imporre...

Poi ci sono quelli che, come i farisei presenti nell'episodio finale, si sentono detentori della verità.

Una tipologia molto pericolosa (tanto più che la Verità è una sola...) .

Non sono solo quelli che sanno tutto e che non si mettono in discussione ma sono gli "osservanti": quelli che vanno a tutte le messe di precetto, che si confessano nelle feste comandate, che fanno le loro brave opere di carità, che hanno una religiosità che è osservanza ma non passione, non amore, non occhi spalancati e cuore aperto, sono quelli che sono "tiepidi"....Hanno ricevuto la grazia, ma la tengono lì, come qualche cosa che può sempre servire... intanto chissà, in realtà ci capiamo poco della vita e della morte; credere è quasi una assicurazione per l'eternità...

Ci sono anche quelli che ci provano, che guardano, scrutano, e provano a vedere.

Cosa? Provano a vedere Gesù, provano a guardare alla vita come un dono; come San Paolo provano a lasciare ciò che non conta per trovare Cristo: "io reputo una perdita di fronte alla sublimità di Cristo Gesù, mio Signore per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede" (Fil 3,8-9).

Non è detto che sia semplice o che ci si riesca, ma il tentativo va fatto...

Mi hanno colpito tante volte le parole della Preghiera eucaristica V: "Donaci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli; infondi in noi la luce della tua parola per confortare gli affaticati e gli oppressi; fa' che ci impegniamo lealmente al servizio dei poveri e dei sofferenti. La tua Chiesa sia testimonianza viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace, perché tutti gli uomini si aprano alla speranza di un mondo nuovo". Non ci possiamo dire cattolici se non vediamo gli altri, se non siamo disposti ad aiutarli anche rimuovendo l'ingiustizia e testimoniando quello che abbiamo ricevuto da Dio, i benefici che il Signore ci ha riservato.

Se ammettiamo e crediamo che il Signore è Luce, se possiamo proclamare con le parole del cieco-nato: "Credo, Signore", se è vero che vediamo la Luce siamo obbligati a rendere testimonianza, con gioia ed amore. Siamo legati ad ogni altro essere umano da un vincolo speciale che non ci permette di chiudere gli occhi davanti a ciò che è non gradito a Dio. Per definizione il cristiano dovrebbe essere una persona impegnata e presente. Pronta a veder gli altri, perché per grazia di Dio, gli è concesso di vedere la Verità.

Lc in 10,23-24 scrive che il Signore: "volgendosi ai discepoli in disparte disse: Beati gli occhi che vedono ciò che vedete: Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che vedete ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l'udirono".

Chiediamoci allora alla fine di questa riflessione, se i nostri occhi vedono veramente. Poi chiediamo a Dio la grazia di renderci meno ciechi.

A Colui che era, che è e che viene, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen!

 

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