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TESTO Commento su Giovanni 4,5-42

don Daniele Muraro  

III Domenica di Quaresima (Anno A) (24/02/2008)

Vangelo: Gv 4,5-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 5giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.

31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Giovanni che ci condurranno alla Domenica delle Palme. La settimana prossima sarà proclamato il racconto della guarigione del cieco nato e la domenica successiva il Vangelo della resurrezione di Lazzaro.

Parlando di Gesù, l'apostolo san Giovanni non si accontenta di accennare ai fatti, ma nel suo Vangelo sviluppa ogni singolo episodio, soprattutto gli incontri faccia a faccia, fino a far diventare ciascun brano un vero e proprio affresco. Sono scene così ben descritte che si imprimono nella mente, lasciano un duraturo ricordo e trasmettono un profondo insegnamento.

Una delle prime volte che l'evangelista adopera questa tecnica quasi di sceneggiatura teatrale, fatta di domande e risposte, è proprio per la descrizione del colloquio fra Gesù e una donna di Samaria. La scena si svolge presso il pozzo di Giacobbe.

Siamo poco prima della mietitura, quindi è già estate. Gesù con i suoi apostoli si stava spostando dalla Galilea alla Giudea e aveva scelto la strada più breve che passava dalla Samaria. Stanco per il viaggio a piedi, verso l'ora più calda del giorno, giunto vicino al villaggio di Sichem presso il terreno che il grande patriarca Giacobbe aveva dato quasi duemila anni prima al suo figlio Giuseppe, Gesù manda avanti i suoi apostoli a fare provviste per il pranzo. Egli invece rimane da solo a riposare presso il pozzo detto appunto di Giacobbe, profondo una trentina di metri.

Gesù aveva sete a motivo del gran camminare e della calura, ma era privo di recipiente per attingere. Chi arrivava al pozzo ordinariamente portava con sé una brocca e infatti l'aveva con sé l'unica donna che si presenta. Diversamente dalle altre massaie lei aveva aspettato fino a quell'ora per sbrigare una fra le meno gravose delle incombenze quotidiane: andare al pozzo infatti voleva dire mantenere i rapporti sociali: fermarsi a fare una parola con le altre donne del vicinato e venire a conoscenza delle ultime novità.

Se quella donna aveva scelto un'ora tanto sfavorevole era forse per evitare incontri imbarazzanti o anche per evitare le maldicenze a suo riguardo. La sua situazione sentimentale infatti non era delle più tranquille.

Il dialogo che si sviluppa tra la Samaritana e Gesù è un capolavoro di finezza psicologica nella descrizione e di delicatezza divina nella conduzione. Allo straniero che gli chiede un piacere la Samaritana si presenta sicura di sé ed insofferente.

La risposta alla richiesta di aiuto: "Dammi da bere! – Come mai un Giudeo si abbassa a chiedere da bere a una donna samaritana?" non è delle più incoraggianti per Gesù, che, come si ha modo di constatare, resta privo di acqua fino al termine del dialogo.

Il Signore però non si limita solo a chiedere, ha anche qualcosa di offrire a quella donna tanto indipendente, quanto insoddisfatta della sua vita.

Egli porta un'acqua viva, sempre zampillante ed è pronto ad offrirla a chi ne fa richiesta. La donna si meraviglia perché solo un Patriarca aveva fatto questo in precedenza, appunto Giacobbe che aveva scavato il pozzo che da lui prese il nome.

L'acqua di Gesù poi ha la peculiarità di estinguere la sete in chi se ne abbevera, anzi può far diventare chi la riceve proprietario di una sorgente perenne.

La donna risponde che farebbe volentieri a meno di dover venire tutti i giorni al pozzo a rinnovare la riserva di acqua per sé e per la sua casa.

Da questo punto in poi il discorso diventa diretto: Gesù dimostra di conoscere la situazione esistenziale di quello donna che aveva passato cinque mariti e ora si era messa assieme al sesto uomo. L'ammissione della donna a riguardo della sua vita travagliata chiarisce anche il precedente scambio di battute sulla sete e spiega l'insistenza di Gesù nella sua proposta: Gesù sapeva che si trattava nella sua anima era in ricerca di una felicità che le mancava.

La constatazione delle qualità profetiche di Gesù permette alla donna di sottoporre a Gesù i suoi dubbi religiosi: dove pregare? E in che maniera?

Alla fine anche Gesù si rivela nella sua piena identità alla donna: è Lui il Messia atteso sia dai Giudei che dai Samaritani. Egli è venuto a fare dei due un popolo solo, superando la separazione dei luoghi di culto: per pregare Dio d'ora in poi sarà importante non andare a Gerusalemme o sul monte Garizim, come facevano i Samaritani, ma adorare in Spirito e verità. Lo Spirito è lo Spirito santo e la verità è Gesù stesso: via, verità e vita.

Il Vangelo secondo Giovanni non riporta l'episodio delle tentazioni nel deserto di Gesù, che abbiamo letto due settimane fa nella versione di san Matteo. Potremmo considerare tuttavia questo episodio come il corrispettivo ampliato della prima tentazione: Gesù ha bevuto, e quando tornano gli apostoli neanche mangia e davanti alle loro insistenze si giustifica così: "Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato", ossia che nessuno si perda.

Per ottenere questo risultato per Gesù è fondamentale la preghiera. Tutto il lungo discorso con la Samaritana mirava proprio a questo scopo. Con la sua disponibilità Gesù dimostra alla donna che: "Se non mi ascolta più nessuno, Dio mi ascolta ancora. Se non posso più parlare con nessuno, più nessuno invocare, a Dio posso sempre parlare. Se non c'è più nessuno che possa aiutarmi – dove si tratta di una necessità o di un'attesa che supera l'umana capacità di sperare – Egli può aiutarmi."

L'entusiasmo finale della donna che diventa spontaneamente testimone a favore di Gesù dimostra chiaramente che pregare, cioè parlare con Dio, non significa uscire dalla storia e ritirarsi nel privato. La preghiera in quanto confronto con Dio invece purifica interiormente e rende capaci della grande speranza e ministri della speranza per gli altri. Chi prega svolge un compito insostituibile nella società perché tiene il mondo aperto a Dio e la alimenta una speranza non di breve portata, ma veramente degna dell'uomo.

 

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