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TESTO Omelia per il 7 ottobre 2001 - 27a dom. T. Ordinario Anno C

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XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (07/10/2001)

Vangelo: Lc 17,5-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,5-10

In quel tempo, 5gli apostoli dissero al Signore: 6«Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.

7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? 8Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

NESSO TRA LE LETTURE

Sembra evidente che il tema dominante, in questa domenica, è la fede, dato che si menziona nelle tre letture. Alla fine della prima leggiamo: "Il giusto vive della fede", frase che sarà ripresa da Paolo ed avrà poi una enorme risonanza nella dogmatica cristiana. Gesù nel vangelo si fissa sull'efficacia della fede, perfino della fede piccola come un granello di senapa. Infine Paolo esorta Timoteo a dare testimonianza della sua fede in Cristo Gesù, e ad accettare con fede e con amore il messaggio trasmesso da Paolo (seconda lettura).

MESSAGGIO DOTTRINALE

1. Vivere la fede in situazione. Il credente, di qualsiasi epoca e luogo, non può non praticare la sua fede incarnandola nella vita. Fede e vita o si sostengono insieme, o insieme crollano. Abacuc è un uomo di fede, che vede intorno a sé violenza, oppressione, rapina, discordia (assedio di Gerusalemme da parte dei caldei nell'anno 597 a.C.). Di fronte a questa situazione odiosa e piena di dolore, come reagisce questo uomo di fede? Lo fa con due grandi interrogativi, che portano il duplice e contrastante carico della fiducia in Dio e della indignazione davanti all'assedio e al male. "Fino a quando, Jahvé? Perché?". Non è forse Dio il re dei re e il signore dei signori? Perché tanta disgrazia, tanta ingiustizia, tanta distruzione? Perché non interviene Dio ormai, adesso? Domande che nascono da una situazione, ma che valgono per ogni persona e per tutti i tempi. Nel corso della storia, questi interrogativi si sono inchiodati nell'anima degli uomini di tutte le latitudini, e, in certo modo, nell'anima di ogni uomo. Dio non lascia senza risposta i lamenti fiduciosi di Abacuc. Innanzitutto lo invita alla piena fiducia nel fatto che Egli risponderà alle sue domande, sebbene non lo faccia con l'immediatezza in cui il profeta lo aspetterebbe: "Dio ha scritta questa data nei suoi disegni". Poi, lo invita a mantenere una pazienza piena di speranza, perché la risposta "verrà certamente, senza indugio". Infine, Dio assicura il profeta che l'empio soccomberà, mentre il giusto vivrà grazie alla sua fede-fedeltà.

Diversa è la situazione dei discepoli che chiedono a Gesù: "Aumenta la nostra fede", come anche quella di Timoteo, responsabile della comunità di Efeso, che deve essere il primo ad accettare la fede che Paolo gli ha insegnato, e a darne testimonianza, perfino, se necessario, con il martirio. I discepoli, che convivono con Gesù, hanno visto l'enorme "fede" di Gesù che rende efficace la sua parola e le sue opere (guarigioni, miracoli). Di fronte a codesta fede gigantesca, la loro risulta insignificante e minima. Per questo, chiedono che Gesù gliela accresca. La situazione di persecuzione in cui vivono Timoteo e la sua comunità mette alla prova la sua fede e la sua fedeltà al Vangelo. Da qui le parole con cui Paolo lo esorta. Nel momento presente, si deve tener conto della dimensione storica della fede, come accadde già nel passato. Come vivere, oggi, nel nostro ambiente, nel mondo attuale, la fede di sempre?

2. Qualità della fede. Nei testi liturgici è possibile scoprire alcune delle qualità che deve possedere la fede vissuta in situazione. 1) Una fede basata su una profonda umiltà. Gesù Cristo, nel vangelo, dopo aver messo in risalto la potenza della fede, mette in evidenza che codesta efficacia proviene dalla convinzione credente della propria piccolezza: "Non siamo altro che dei poveri servi; abbiamo fatto soltanto ciò che dovevamo fare". Che cos'è ciò che dobbiamo fare? Servire Dio e fare la sua volontà. 2) Una fede piena di speranza. Le tribolazioni, le sofferenze, le disgrazie non potranno diminuire minimamente la nostra attesa e la nostra speranza nell'intervento di Dio. Non si deve dubitare, perché l'azione di Dio giungerà. Quando? Come? Dobbiamo lasciare che Dio risponda con piena libertà, con la sicurezza che Egli fa tutto con giustizia e per il bene di quelli che ama. 3) Una fede testimoniata. La fede è un dono che Dio ci dà, ed è un compito che Dio ci affida. Come compito, dobbiamo realizzarla giorno per giorno, nelle circostanze concrete che a volte possono essere ardue e difficili. Di una fede umile, speranzosa e martiriale, abbiamo bisogno anche noi, cristiani di oggi, in un ambiente molte volte carente di fede, perfino ostile ad essa.

SUGGERIMENTI PASTORALI

1. Fino a quando? Perché? Queste domande insidiano l'uomo in momenti di pericolo o di disgrazia, sia personale che collettiva. Soprattutto, quando il pericolo incombe su persone innocenti. Ancor di più, se codeste persone innocenti sono da noi conosciute o amate. Perché questo incidente d'auto in cui, senza colpa propria, sono morti due amici? Perché questo orribile cancro, che va consumando inesorabilmente la vitalità dello sposo o della sposa? Che cosa ho fatto, perché questa figlia mia viva sommersa nell'abisso della droga? Fino a quando dovrò sopportare tutte le sofferenze fisiche e morali che mi procura questo figlio handicappato? Fino a dove devo essere paziente davanti al brutto carattere e ai cattivi comportamenti di mio marito? Perché questi dolori, che mi risultano insopportabili? Interrogativi che, per molti, restano in sospeso. E allora si prendono delle decisioni sbagliate e tristi. "E' meglio morire che stare a soffrire tanto", e da qui deriva il suicidio o l'eutanasia, che è un modo eufemistico di dire la stessa cosa. "Preferisco il divorzio piuttosto che continuare ad essere trattata ingiustamente", e ti separi, invece di cercare delle soluzioni alternative migliori, sebbene più esigenti, e soprattutto più cristiane. "Non vale la pena di continuare a credere. A che scopo?", e ti ribelli contro Dio, ed abbandoni la tua fede e la tua pratica cristiana, perché Dio non si adatta ai tuoi gusti, né si lascia manipolare dalla tua volontà.

Ma ci sono anche molti, cristiani e non cristiani, che ascoltano nella loro coscienza una risposta. La risposta dell'umanesimo, che vede nell'accettazione rassegnata della sofferenza e della disgrazia un cammino aspro, a volte eroico, sempre nobile, di umanizzazione e di elevazione morale.

C'è la riposta cristiana, che eleva il dolore, la prova, l'angoscia a un rango superiore di redenzione, perché tutto ciò costituisce la propria croce, che si fonde misteriosamente con la croce salvatrice di Gesù Cristo. Qual è la tua risposta personale e non trasferibile a tali interrogativi, che prima o poi tutti ci poniamo?

2. La fede continua a fare miracoli. Ci sono "piccoli miracoli", ignorati, conosciuti soltanto da Dio, che si danno nella vita quotidiana di molti cristiani, dei tuoi vicini, dei fedeli della tua parrocchia. Il miracolo del "perdono" sincero e franco. Il miracolo del "servizio" costante, abnegato, disinteressato, motivato unicamente dall'amore cristiano. Il miracolo della "consacrazione" a Dio della bellezza tanto ammirata da molti, del conto milionario in banca, della libertà di fare unicamente ciò che Dio vuole. Il miracolo della "fedeltà" alla parola data al momento di ricevere il sacramento del matrimonio o dell'ordine sacerdotale. Il miracolo della "conversione" davanti alla testimonianza di una persona amica o di fronte a un'esperienza forte in una chiesa o in un santuario. Esistono anche oggi i "grandi miracoli". Codesti miracoli che Dio continua a realizzare per intercessione dei suoi santi, oggi come nel passato, e che sono richiesti perché un cristiano possa essere beatificato o canonizzato. Si danno ugualmente "grandi miracoli", che Dio fa per mediazione di persone vive, sante, e che non sono pubblici, perché la santità è sempre discreta, e a Dio è più gradito che codeste grazie speciali restino entro la cerchia degli intimi. I piccoli e grandi miracoli sono ancora dei segni con cui Dio scuote la nostra coscienza, ci interpella, e desidera continuare ad offrirci la salvezza.

 

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