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TESTO Tentato come noi e vincitore per noi

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I Domenica di Quaresima (Anno A) (10/02/2008)

Vangelo: Mt 4,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 4,1-11

In quel tempo, 1Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. 2Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. 3Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». 4Ma egli rispose: «Sta scritto:

Non di solo pane vivrà l’uomo,

ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».

5Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio 6e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti:

Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo

ed essi ti porteranno sulle loro mani

perché il tuo piede non inciampi in una pietra».

7Gesù gli rispose: «Sta scritto anche:

Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».

8Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria 9e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». 10Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti:

Il Signore, Dio tuo, adorerai:

a lui solo renderai culto».

11Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Gesù digiuna per quaranta giorni nel deserto

"Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia sentire compassione per le nostre miserie. Anzi, il nostro sommo sacerdote è stato messo alla prova in tutto, come noi, ma non ha commesso peccato": così, in appena un versetto, la Lettera agli Ebrei riassume tutte le prove e tentazioni di Gesù, anzi tutta la sua vita (4,15), che - si legge nella Imitazione di Cristo - fu "tutta croce e martirio". "Leggevamo ora nel vangelo - commenta s. Agostino - che il Signore Gesù fu tentato dal diavolo nel deserto. Certamente Cristo fu tentato dal diavolo, ma in Cristo eri tentato anche tu. Perché Cristo prese da te la sua carne, ma da sé la tua salvezza, da te la morte, da sé la tua vita, da te l'umiliazione, da sé la tua gloria, dunque prese da te la sua tentazione, da sé la tua vittoria".

1. Dunque Gesù fu tentato come noi e per noi: ma, interpretato così, il mistero delle sue tentazioni non finisce di sbalordire: come è possibile che subito dopo essere stato consacrato Messia d'Israele al Giordano, Gesù venga condotto proprio dallo Spirito nel deserto per essere "provato" e proprio dal tenebroso "principe di questo mondo" (Gv 12,31)? Non ha forse il Messia la vittoria garantita sui nemici di Dio? E allora perché questa umiliazione di venire gettato dallo Spirito di Dio nelle grinfie dello spirito del male? Certo che è umiliante per lui tutto questo, e per noi non è solo sconcertante: è scandaloso. Per non assuefarci allo sbigottimento che ci provoca questo vangelo, forse ci può aiutare rileggere il dialogo del grande Inquisitore dei Fratelli Karamazov: "Ma vedi codeste pietre, per questo nudo e rovente deserto? Convertile in pani e dietro a te l'umanità correrà come un branco di pecore, dignitosa e obbediente, se anche in continua trepidazione che tu ritragga la mano tua e vengano sospesi loro i tuoi pani. Ma tu non hai voluto privare l'uomo della libertà, e hai rifiutato la proposta: perché dove sarebbe la libertà - hai ragionato tu - se il consenso fosse comprato col pane?".

Dostoevskij ci aiuta a capire come le tre tentazioni - quella della facile prosperità, quella dell'ambigua popolarità e l'ambizione del potere mondano - in fondo si riassumono in una sola: percorrere una strada messianica non secondo Dio, ma secondo gli uomini. Ma c'è di più: le tentazioni non solo spingono Gesù fuori della rotta che dal Giordano porta verso il Calvario, quindi fuori dal piano di Dio, ma lo inducono a strumentalizzare Dio al proprio bisogno di sicurezza e di affermazione. Più tardi Gesù moltiplicherà veramente i pani nel deserto, ma non per sé. E raggiungerà veramente la gloria, ma attraverso lo scandalo del Golgota. E compirà veramente miracoli, prodigi e segni, ma non per una vana esibizione di potenza. Il suo essere Figlio di Dio non si manifesterà nell'avere, nel potere, nell'apparire, ma nell'umile servizio, nel dono di sé, nella croce. E si noti ancora: Gesù non viene sollecitato da Satana a scegliere fra Dio o il potere, fra Dio o il denaro. Bensì: raggiungi il potere, e poi, una volta raggiunto, usalo pure a gloria di Dio. La tentazione è quindi seducente, subdola, molto sottile.

"In Cristo eri tentato anche tu", ci ripete s. Agostino. In Cristo siamo tentati anche noi. In fondo la posta in gioco di ogni tentazione è sempre la fede, e quindi il bivio a cui la prova conduce è sempre l'alternativa: o la fede o l'idolatria. L'autorealizzazione a spese degli altri, l'autogratificazione a tutti i costi, insomma l'autolatria, sempre e comunque, diventano inesorabilmente miti abbaglianti ai quali sacrificare tutto; idoli vani che rubano al cuore dell'uomo l'adorazione dovuta a Dio solo: "Vattene, Satana! Sta scritto: Adorerai solo il Signore Dio tuo". Vattene, Pietro! Tu ragioni come gli uomini, tu non la pensi secondo Dio. Apri gli occhi, Francesco, figlio di Pietro di Bernardone: smettila di adorare te stesso!

2. Nessuno di noi è esente dal fascino ambiguo dell'autolatria. Ma se è vero che il diavolo è più furbo dei santi, potremmo farci aiutare da Vittorio Bachelet per renderci conto che le nostre tentazioni sono molto più sottili di come forse noi siamo portati a immaginarle.

Rileggendo alcuni suoi scritti alla luce di questo vangelo, se ne possono ricostruire queste tre, che si presentano particolarmente allettanti.

Una prima tentazione a cui siamo inevitabilmente soggetti è quella dell'attivismo. In uno scritto giovanile del 1958, Vittorio metteva in guardia da quella che Pio XII aveva efficacemente chiamato "l'eresia dell'azione": "l'azione, cioè per l'azione, sia pure partendo dai migliori propositi; il fare, l'agire, l'organizzare, il moltiplicare iniziative, assillati solo dalla necessità di un successo visibile delle cose che si fanno", e quindi considerare inutili o per lo meno accessorie la liturgia, la formazione, la riflessione culturale. Il mezzo per superare questa tentazione Vittorio l'additava nella "contemplazione sulle strade". Nella relazione alla seconda Assemblea dell'ACI del 1973, affermava: "Particolarmente nei grandi momenti di svolta della civiltà, quando le carte di navigazione costruite dall'esperienza non servono più gran che per un cammino del tutto nuovo, è più ancora necessario orientarsi facendo riferimento alle stelle del cielo". Senza la contemplazione rischiamo di cadere in un grosso abbaglio: confondere Dio con le opere per Dio. Il cristiano è uno che si adopera per Dio e per il suo regno, per la Chiesa e per la grande causa dell'evangelizzazione, ma rimane uno che ha scelto Dio, non le iniziative o le attività, neanche le più sante tra quelle che pure vengono intraprese per lui.

Una seconda tentazione da cui Vittorio ci ha messo e continua a metterci in guardia, è la tentazione dell'individualismo. Intervenendo nella Settimana sociale di Pescara (1964), affermava: "I giovani vivranno in una società diversa da quella in cui hanno vissuto coloro che dovrebbero educarli al senso del bene comune; anzi, probabilmente vivranno in una società molto diversa da quella in cui oggi hanno cominciato a vivere". Le cose dei nostri giorni gli danno ragione. In una società in cui spesso riesce a vincere il più forte, in una Chiesa in cui non poche volte si fa tanta fatica a convergere, in una comunità in cui si è tentati di far prevalere lo spirito di parte o al massimo si arriva a fare la somma algebrica dei pareri e degli interessi, ma non la sintesi, occorre ricordare che il bene comune non è l'alternativa, ma "la garanzia del bene personale, familiare e associativo", come affermato dal Concilio e ribadito dal Compendio della Dottrina sociale della Chiesa (cfr. GS 75; Comp. 61).

Una terza tentazione a cui noi credenti, non meno degli altri, siamo esposti è quella dell'efficientismo. Per costruire cieli nuovi e nuova terra non possiamo mai dimenticare che il materiale più pregiato è quello di scarto, perché "la pietra scartata dai costruttori, è divenuta testata d'angolo". Nella relazione alla sua ultima Assemblea da Presidente uscente dell'ACI, Vittorio affermava: "Che la povertà dei mezzi non spaventi nessuno. 'La debolezza dei mezzi umani è forza agli occhi di Dio' (Ch. de Foucauld). (...) Come cristiani o come associazione ecclesiale non possediamo né sicurezze né privilegi, ma solo quella libertà che è propria dell'uomo amato da Dio e l'impegno a costruire il mondo in modo degno di questa vocazione".

Cominciare questa Quaresima nel ricordo del nostro fratello Vittorio è una grazia grande che non possiamo e non vogliamo permetterci di sprecare.

Commento di mons. Francesco Lambiasi

tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi"
Ave, Roma 2007

 

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