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Santi Innocenti (28/12/2007)

Vangelo: Mt 2,13-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 2,13-18

13Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».

14Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, 15dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:

Dall’Egitto ho chiamato mio figlio.

16Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. 17Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:

18Un grido è stato udito in Rama,

un pianto e un lamento grande:

Rachele piange i suoi figli

e non vuole essere consolata,

perché non sono più.

La terza primizia di questo tempo natalizio ci viene donata dai santi Innocenti. Nel grido e nel pianto delle madri di Betlemme viene raccolto tutto il dolore innocente, misteriosamente associato al sangue di Cristo e all'offerta della sua vita. I piccoli martiri fanno da paravento al piccolo Gesù, difendendolo dalla morte, e nello stesso tempo ne anticipano il mistero di salvezza che si compirà con l'effusione del suo sangue.

C'è una partecipazione oggettiva al mistero di Cristo; questi bambini sono stati presi dentro la sua vicenda perché vicini a lui, storicamente e geograficamente. In qualche modo, per ogni bambino e per ogni uomo è così: noi apparteniamo all'umanità di Cristo, il quale ha preso la carne e il sangue degli uomini, suoi fratelli.

Spesso indugiamo a sottolineare la nostra consapevolezza e la nostra decisione nello stare con Cristo. In realtà è assai più un essere scelti, che non uno scegliere; un essere presi, che non un prendere. Nasciamo in una storia che non è nostra, in un contesto esistenziale che non è stato determinato da noi, veniamo collocati in una umanità in cui il male imperversa e nella quale la salvezza di Cristo è entrata ad operare. Per questo il male non è più semplicemente male, ma diventa l'oggetto sul quale si riversano la misericordia e la redenzione del Signore. Come dice S.Ambrogio. "Il peccato ci ha giovato di più di quanto ci abbia nociuto, in quanto la nostra redenzione ha trovato la grazia divina" (De institutione virginis 104). Il delitto di Erode e il dolore delle madri, la violenza delle vite spezzate, sono inserite nel mistero di Cristo e partecipano alla sua azione redentiva. La Chiesa madre continua a offrire il sacrificio dei suoi figli martiri, bambini, giovani, adulti, rendendo consapevole e attiva la loro offerta oggettiva. Per questo realizzano un'opera intensamente educativa quanti mirano a far riconoscere a chi soffre, particolarmente nel dolore innocente, la partecipazione al sacrificio di Cristo. E' stata l'opera di Don Carlo Gnocchi, che consolò il dolore innocente dei bambini mutilati e feriti non solo con l'opera della medicina e della chirurgia, ma anche insegnando loro a offrire le sofferenze a Gesù crocifisso.

Ti offro o Signore, il dolore innocente, affinché sia reso partecipe del tuo sacrificio. Fa' che niente vada perduto, ma tutto sia accolto e offerto nel calice di salvezza.

La vicinanza e la partecipazione al dolore altrui è un grande atto di carità. Una visita in ospedale o in una famiglia, una telefonata, un intervento discreto ma attento, possono diventare un richiamo a unire il dramma dell'umana sofferenza al mistero di Cristo.

Commento a cura di don Angelo Busetto

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