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TESTO La riscoperta dell'uomo

padre Gian Franco Scarpitta  

I Domenica di Quaresima (Anno A) (10/02/2008)

Vangelo: Mt 4,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. 2Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. 3Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». 4Ma egli rispose: «Sta scritto:

Non di solo pane vivrà l’uomo,

ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».

5Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio 6e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti:

Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo

ed essi ti porteranno sulle loro mani

perché il tuo piede non inciampi in una pietra».

7Gesù gli rispose: «Sta scritto anche:

Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».

8Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria 9e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». 10Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti:

Il Signore, Dio tuo, adorerai:

a lui solo renderai culto».

11Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Afferma Lois Evely che la colpa di Adamo non consistette nel voler essere simile a Dio, cosa fra l'altro anche legittimata dalla Scrittura e appropriata aspirazione dell'uomo, ma quella di volersi ergere alla pari di Dio per determinare da se stesso la propria vita. Il suo fu insomma un peccato di protervia e di arroganza, poiché volle, da creatura, vantare i diritti che di fatto appartengono al creatore disponendo di se stesso nel modo del tutto autonomo e indipendente e pretendendo di sostituirsi inesorabilmente a Dio nella progettazione del proprio avvenire. L'uomo che si eleva al rango della divinità nel tentativo di appropriarsi della sua stessa onnipotenza, le caparbietà e la presunzione di prerogative che non appartengono alla sua natura e la volontà di sproporzionato dominio su se stesso e sulla massa, tale è stata la colpa di Adamo meritevole di condanna.

Il peccato di Adamo sussiste anche oggi, nella fattispecie dell'uomo contemporaneo che ha già inteso più volte manipolare l'equilibrio della natura e manomettere il corso dell'evoluzione e della genetica e adesso pretende addirittura di creare letteralmente se stesso, visto che in questi giorni la cronaca ci informa che in futuro l'essere umano potrebbe non essere più indispensabile per la procreazione: l'embrione potrebbe essere formato anche in laboratorio attraverso l'elaborazione delle cellule dello spermatozoo. Anche ammesso che una tale soluzione sia fattibile, non si può che deplorare tale assurda convinzione dell'umanità di volersi sostituire alla natura stessa manipolando a proprio piacimento il ciclo biologico della nascita e della vita umana e determinate scelte di presunta autoaffermazione non possono che apportare immancabili delusioni e disfatte, perché prima o poi si resta sempre vittime del proprio falso orgoglio. La natura non consoce sconfitta, anche se lascia un po' di alito alla presunzione dell'uomo. L'umanità proclive a determinare se stessa nel mondo circostante la si riscontra tuttavia anche nelle opzioni di peccato in ordine all'etica corrente del "così fan tutti" e del disordine della sessualità e del guadagno facile nonché delle false sicurezze sui beni di consumo che non di rado ingenerano violenza, odio, morte e distruzione.

In tutti i casi è detestabile la concezione di un uomo che voglia farsi esso stesso Dio per determinare la propria vita autonomamente senza confidare in nessun altro aiuto che non sia quello della materia e dell'empiria scientifica.

Ma le letture di oggi, mentre condannano l'Adamo peccatore e inconsulto, esaltano la figura di Colui che è il restauratore dell'umanità priva di buonsenso e di obiettività etica: il nuovo Adamo Gesù Cristo, che viene ad apportare la novità di vita e a risollevare l'umanità dalla sua caduta: come Dio incarnato e partecipe della natura umana medesima, Cristo è il solo che possa costituire il nuovo Adamo ponendosi in antitesi all'uomo vecchi con le sue azioni per invitarci a rivestire il nuovo "per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore" (Col 3, 10 – 11) e lo fa mostrando di essere affermato nella comunione con il Padre e nella sottomissione alla Sua volontà per il servizio degli altri, in primo luogo umiliandosi egli stesso alla stregua dei peccatori. Cristo infatti, sebbene forte del suo potere sul cosmo e sul maligno, accetta di abbassarsi al punto da affrontare senza riserve le tentazioni del diavolo in una condizione del tutto ostile e per nulla garante come quella del deserto, nella quale sperimenta precarietà e indigenze anche materiali ed è costretto a molteplici sforzi di rinuncia: in una situazione del genere, nella quale qualunque altro sarebbe potuto soccombere alle insidie allettanti del maligno, Cristo afferma che è possibile tenergli testa e uscire vittoriosi dalle sue accattivanti proposte.

La rinuncia dei quaranta giorni del deserto (numero simbolico che indica un tempo prolungato di sofferenza e di deperimento) è utile affinché si possa sperimentare che solo nella lotta e nella mortificazione si può identificare se stessi come uomini pronti a sfidare il proprio tempo nell'incontro con gli altri per il rinnovamento del proprio essere e del proprio agire, e che la vera edificazione della persona risiede nel previo annientamento e nella rinuncia che sono il preambolo della gloria; soprattutto rende coscienti della nostra precarietà e della necessità di dover familiarizzare con Dio senza presumere di poter fare a meno di Lui poiché solo nella dipendenza da Dio e nella comunione dialogica con lui si qualifica la vera umanità che si distrugge nella perfidia della presunzione e della vana autorealizzazione. La prova del deserto è quindi anche per noi un'opportunità per comprendere l'importanza di Dio come alternativa al diavolo. Del resto, se leggiamo attentamente il testo messo a raffronto con il parallelo di Marco, scopriremo che a condurre Gesù nel deserto era stato proprio lo Spirito Santo. Il che spiega tutto.

Nonostante non se ne renda conto e non lo accetti, l'uomo non può rivestire i panni di Adamo, ma ha bisogno del Nuovo Adamo che è il Dio che ci viene incontro in Gesù Cristo e il nostro secolo è appunto il tempo del deserto epocale nel quale le tentazioni ci tartassano da ogni parte e nel quale siamo chiamati ad esercitare la costanza e la vigilanza per non cadere in tranelli insinuosi, e per estensione è il teatro della nostra lotta contro il peccato e contro la malizia dalla quale è possibile uscire vittoriosi ed esaltati.

Nel bel mezzo di tutte queste urgenze, la Quaresima si qualifica come tempo privilegiato per l'uomo generalmente inteso, oltre che per il cristiano poiché è il tempo della riscoperta della propria dignità per l'affermazione della propria persona attraverso la necessaria esperienza del deserto e dell'abbandono, luoghi importanti di incontro con l'Assoluto per la riscoperta di se stessi. Il "deserto" è il luogo della privazione e della moritficazione ma al contempo si qualifica come occasione della scoperta di Dio e della comunicazione con Lui libera e spontanea nel riconoscimento della nostra vanità e della nostra pochezza perché sapendoci nulla possiamo essere tutto.

 

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