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TESTO Commento su Matteo 5,1-12a

don Daniele Muraro   Home Page

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (03/02/2008)

Vangelo: Mt 5,1-12a Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

3«Beati i poveri in spirito,

perché di essi è il regno dei cieli.

4Beati quelli che sono nel pianto,

perché saranno consolati.

5Beati i miti,

perché avranno in eredità la terra.

6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,

perché saranno saziati.

7Beati i misericordiosi,

perché troveranno misericordia.

8Beati i puri di cuore,

perché vedranno Dio.

9Beati gli operatori di pace,

perché saranno chiamati figli di Dio.

10Beati i perseguitati per la giustizia,

perché di essi è il regno dei cieli.

11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.

Prima del mercoledì delle ceneri e dell'inizio della Quaresima, il Vangelo di questa quarta e ultima domenica del Tempo Ordinario lo possiamo leggere come la conclusione di un ciclo iniziato a Natale.

Ci attendono quaranta giorni di impegno nella preghiera e nella conversione fino alla Pasqua e, quaranta giorni sono passati dalla nascita di Gesù, come ci ricorda la festa della Presentazione al Tempio che abbiamo festeggiato ieri.

Le otto Beatitudini che aprono il Sermone della Montagna le possiamo dunque considerare come un'ulteriore tappa della Rivelazione di se stesso al mondo da parte del Figlio di Dio fatto uomo.

Nel Vangelo secondo Matteo esse svolgono appunto la funzione di illustrare in maniera chiara e ampia il programma che Gesù si propone di realizzare nel corso della sua missione.

In questo senso le Beatitudini costituiscono una rivelazione, nel senso che dichiarano apertamente il modo di modo di intendere le cose di Gesù e il suo metodo di intervento nel mondo.

Con le Beatitudini Gesù annuncia la sua tavola dei valori, articolata e precisa, quella destinata ad avere durature conseguenze nel tempo e su cui Egli stesso in veste di Signore della storia imposterà anche l'ultimo giudizio, quello universale.

Infatti come le otto Beatitudini costituiscono la solenne apertura dell'insegnamento di Gesù, così la descrizione del Giudizio universale concluderà gli ammaestramenti di Gesù prima della sua passione e morte.

Dentro questa cornice ideale, Beatitudini e Giudizio sulle opere di Misericordia, l'evangelista san Matteo colloca tutta l'attività concreta del Signore nel corso dei suoi tre anni di apostolato.

Appare evidente in questo primo discorso che scopo di Gesù è portare ai poveri "un lieto messaggio" e di instaurare il Regno di Dio per coloro che più lo aspettano e sono pronti ad entrarvi, ossia i poveri in spirito, gli afflitti, i miti e gli affamati e assetati della giustizia.

Non c'è dubbio che Gesù con il suo coinvolgimento nelle vicende sociali del suo tempo intendesse cambiare il mondo; la lista delle Beatitudini ci dice come e secondo quali preferenze.

Al primo posto nel pensiero di Gesù, nelle sue preoccupazioni e anche nelle sue certezze, c'è sicuramente Dio. Egli parla a nome suo ed è interessato che il suo Regno si compia.

Regno dei cieli infatti altro non significa che Regno di Dio, ossia spazio sociale dove Dio interviene con potenza ed afferma la sua autorità e la sua volontà.

Secondo Gesù l'intervento di Dio nella storia è misterioso, ma reale e anche se rimane nascosto non per questo è meno efficace che se si affermasse sensibilmente. I verbi che accompagnano le varie categorie delle beatitudini sono tutti passivi e per rimanere fedeli all'intenzione di Gesù, dietro queste espressioni reticenti, dobbiamo sempre intendere l'operato di Dio.

È Dio infatti e solo Lui che può consolare chi è nel pianto, assegnare la terra intesa come mondo abitabile ai miti, rendere giustizia a chi ne ha diritto, e dimostrarsi misericordioso con chi si sforza a sua volta di usare misericordia.

Le Beatitudini sono chiaramente della promesse, affidate alla potenza di Dio e precedute da una felicitazione. Gesù dichiara beati quelli che umanamente noi riteniamo deboli e al massimo potremmo considerare degni della nostra commiserazione, ma non dei nostri rallegramenti.

San Giacomo ci mette in guardia da un comportamento ipocrita nei confronti di chi è povero veramente: "Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: 'Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi', ma non date loro il necessario per il corpo, che giova?"

Non è certamente questo il modo di fare di Gesù. Piuttosto Gesù nel discorso delle Beatitudini ci invita ad allargare l'orizzonte della nostra mente e a riconoscere che Dio è capace di conferire dignità ad ogni condizione umana: uno, quando è povero sente la mancanza di tante cose, ma se possiede Dio, è più ricco di chi ha tutto ed è lontano dal suo Creatore e Signore.

Le obiezioni che si possono fare a questo modo di intendere la vita sono tante e non c'è bisogno di esprimerle ad alta voce, basta vederle messe in pratica quotidianamente quando si preferisce la certezza del mondo presente alla speranza dell'eternità di Dio.

Come dicevamo domenica passata, fede e speranza sono una cosa sola e un tracrollo della seconda, cioè della speranza, denuncia una incrinatura già presente nella prima, cioè nella fede.

Nell'Enciclica "Spe Salvi" (Salvi nella Speranza), senza tanti giri di parole, papa Benedetto si domanda: "La fede cristiana è anche per noi oggi una speranza che trasforma e sorregge la nostra vita?"

E continua ricordando il dialogo iniziale del rito del Battesimo nella sua forma classica. Il sacerdote chiedeva innanzitutto quale nome i genitori avevano scelto per il bambino, e continuava poi con la domanda: 'Che cosa chiedi alla Chiesa?' 'La fede'. 'E che cosa ti dona la fede?' 'La vita eterna'.

Ma allora sorge la domanda: Vogliamo noi davvero questa vita eterna? Forse oggi molte persone rifiutano la fede semplicemente perché vivere eternamente non sembra loro una cosa desiderabile. Non vogliono affatto la vita eterna, ma quella presente... Continuare a vivere in eterno – senza fine – appare più una condanna che un dono. La morte, certamente, si vorrebbe rimandare il più possibile. Ma vivere sempre, senza un termine, questo", tutto sommato, può risultare noioso e perfino insopportabile.

Considerando in profondità la questione dobbiamo ammettere che noi pur desiderando una vita vera, che non venga poi toccata neppure dalla morte, allo stesso tempo non conosciamo ciò verso cui ci sentiamo mossi. C'è una molla che ci spinge in avanti e il fatto di non poter mai conoscere abbastanza la nostra meta è al contempo la causa di tutti gli slanci positivi come pure di tutte le disperazioni.

La parola 'vita eterna' cerca di dare un nome a questa realtà sconosciuta. Se vogliamo capire a che cosa mira la speranza cristiana, possiamo soltanto cercare di pensare a un momento di vita in senso pieno, mentre siamo semplicemente sopraffatti dalla gioia.

Fin qua il riassunto delle parole del papa che bene si adattano a commentare le Beatitudini, che riguardano un mondo futuro, ma che già sono valide nel tempo presente, per chi le prende sul serio e si sforza di vivere secondo lo Spirito che esse suggeriscono.

La consolazione e la pienezza di vita che le Beatitudini promettono la raggiungeremo solo alla fine quando saremo presso Dio, ma fin da ora esse danno sostanza alla nostra speranza e al nostro impegno.

 

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