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TESTO Commento su Giovanni 1,29-34

don Daniele Muraro  

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (20/01/2008)

Vangelo: Gv 1,29-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Giovanni, 29vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Nel Vangelo abbiamo ascoltato la testimonianza di Giovanni Battista su Gesù. Precisamente quelle assegnate a questa seconda domenica del tempo ordinario sono le parole che il profeta pronuncia alla presenza di Gesù rievocando il momento in cui egli Lo battezzò nel Giordano.

Gesù si fa vedere un'altra volta, dopo avere fatto la sua prima apparizione poco tempo prima e avere chiesto al cugino il battesimo. Dove era stato nel frattempo per suscitare la curiosità dei presenti e per sollecitare la solenne presentazione da parte del Battista?

Il quarto Vangelo non lo dice, ma noi possiamo presumere che tutto l'episodio si svolga una quarantina di giorni dopo il battesimo, mentre Gesù è di ritorno dal suo digiuno nel deserto e dal rifiuto opposto alle tentazioni del diavolo.

Gesù ormai ha dimostrato di volere rompere gli indugi e di iniziare una fase nuova della sua vita, quella tutta dedicata alla salvezza degli uomini e Giovanni non può fare a meno di uscire in una esclamazione di ammirazione e di entusiasmo: "Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!".

Con la triste realtà del peccato Gesù aveva già incominciato ad avere a che fare non solo mescolandosi alla folla penitente sulle rive del fiume ma anche affrontando direttamente colui che fu all'origine della prima disobbedienza e che si può considerare la causa di ogni peccato, ossia satana.

Nel frattempo Giovanni Battista aveva dovuto affrontare altri disturbatori. Si era recata da lui infatti una delegazione da Gerusalemme composta da sacerdoti del tempio e leviti che l'avevano interrogato sulla sua identità, sulle sue intenzioni e sulla sua attività.

In effetti Giovanni si era presa una libertà non da poco invitando la gente a pentirsi dei suoi peccati e fare gesti di penitenza in vista dell'arrivo del Salvatore promesso.

Il suo tono appassionato unito ad una pratica morale irreprensibile gli avevano guadagnato il favore dell'opinione pubblica e avevano alimentato l'aspettativa di grandi cambiamenti: la speranza di Israele stava per compiersi, presto sarebbe apparso il Messia.

Alla commissione di inchiesta arrivata da lontano Giovanni aveva parlato di uno "che voi non conoscete", uno così superiore a chiunque altro tanto che non si potevano fare paragoni fra lui, Giovanni, e costui. Egli presto si sarebbe rivelato, come uno già da tempo presente sulla scena di Israele, e se fino a quel momento era nascosto e anonimo, presto avrebbe fatto parlare di sé.

Come si può immaginare i sacerdoti e i leviti mandati in esplorazione se ne partirono sospettosi e per niente soddisfatti. Esisteva davvero colui di colui parlava Giovanni? O era solo una sua fantasia, buona per tenere accesa l'aspettativa della gente? Nel caso fosse stato vero il preannuncio, che pretese avrebbe vantato il nuovo personaggio che doveva raccogliere le simpatie del Battista e della sua cerchia?

Si fossero trattenuti ancora un po' avrebbero avuto in diretta la risposta ai loro interrogativi. Infatti la scena raccontata nella lettura di oggi si svolge appena il giorno dopo della visita di sacerdoti e leviti.

L'indomani infatti dice l'evangelista, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui e quindi tornare sui suoi passi, non si trattiene più ed esclama: "Eccolo!".

L'espressione Agnello di Dio ha bisogno di una spiegazione per noi che non siamo familiari con la mentalità e il culto ebraico. L'Antico Testamento conosceva due tipi di Agnello: uno "reale", quello che per la prima volta per ordine di Dio fu immolato in Egitto prima della liberazione; e un altro agnello, "metaforico", di cui ci parla il profeta Isaia, anche lui condotto all'uccisione, muto e remissivo.

Secondo il racconto dell'Esodo il sangue del primo agnello sparso sugli stipiti delle porte delle case degli Ebrei li preservò dalla punizione di Dio che subirono invece gli Egiziani, cioè la morte dei primogeniti. Da quell'evento venne l'uso nel tempio per il giorno di Pasqua dell'aspersione col sangue dell'Agnello sacrificato in segno di alleanza fra Dio e il popolo.

Giovanni, che usa un'immagine così suggestiva per definire quel Gesù di cui era pur sempre cugino, a questo punto dichiara: "Io non lo conoscevo, eppure tutta la mia vita è stata dedicata a Lui." Come dobbiamo intendere queste parole?

Forse circostanze dell'esistenza, o necessità della missione, avevano tenuto lontano Giovanni e Gesù in maniera che i due non si erano mai incontrati fino in cui Gesù aveva preso l'iniziativa della visita sul Giordano?

O forse Giovanni voleva dire che il mistero della discesa e della permanenza dello Spirito santo su Gesù non poteva essere adeguatamente illustrato da altri se non dallo stesso destinatario di questa preferenza senza precedenti da parte di Dio?

Fatto sta che Giovanni Battista conclude il suo resoconto con una dichiarazione personale di fede nei confronti di Gesù di Nazaret: "io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio".

Giovanni annuncia, vede e testimonia. Dal principio parla senza avere un riscontro concreto, su illuminazione interiore da parte di Dio. Poi constata direttamente l'esattezza del suo annuncio quando vede i cieli aperti e lo Spirito scendere e posarsi. Infine Giovanni testimonia come l'annuncio che egli aveva diffuso avesse cambiato la sua stessa esistenza: da precursore del Messia egli si prepara a diventare suo discepolo. Non lo sarà materialmente, perché ne verrà impedito dall'arresto, ma realizzerà misteriosamente la sua appartenenza anticipandone il destino di morte violenta.

Giovanni Battista ci dimostra che chi trasmette il buon annuncio della salvezza non può rimanere estraneo al contenuto del suo messaggio, ma deve lasciarsene coinvolgere e la maniera di dimostrare la propria partecipazione è la testimonianza.

Nessuno si può sostituire a Gesù Cristo, ma chi se uno si avvicina a Lui, Gesù lo associa alla sua missione; Gesù mette in ombra nessuno dei suoi discepoli, ma li valorizza tutti e offre a ciascuno l'occasione per esprimere tutte le sue potenzialità, al servizio del Regno di Dio.

Così la trasmissione della fede prosegue nella storia attraverso la conservazione del buon deposito ricevuto in eredità dal passato, ma anche attraverso la testimonianza personale che prepara un futuro aperto all'opera di Dio.

 

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