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TESTO Omelia per il 13 maggio 2001 - 5a dom. T. Pasqua Anno C

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V Domenica di Pasqua (Anno C) (13/05/2001)

Vangelo: Gv 13,31-33.34-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 13,31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

NESSO TRA LE LETTURE

La Chiesa nasce dalla Pasqua. In questa domenica, i testi liturgici possono concentrarsi intorno al tema della Chiesa. Innanzitutto, nel vangelo ci si offre la carità come sostanza della Chiesa: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli". Questa Chiesa, amore e comunione, si realizza storicamente nelle piccole comunità delle origini cristiane, per esempio, nelle comunità fondate da Paolo e Barnaba durante il loro primo viaggio missionario (prima lettura). Questa Chiesa storica è riflesso, e allo stesso tempo impulso, verso la Chiesa eterna, dimora definitiva e senza termine di Dio tra gli uomini (seconda lettura).

MESSAGGIO DOTTRINALE

1. La carità, sostanza della Chiesa. Il vangelo è molto chiaro: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni verso gli altri" (Gv 13,35). Dicendo discepoli non si riferisce a ciascuno individualmente, ma in quanto comunità di coloro che seguono Gesù e i suoi insegnamenti, cioè, in quanto Chiesa. Gesù, in quest'ora suprema in cui ci lascia il suo testamento prima di morire, non dice: "Sapranno che siete miei discepoli, se vivete poveri o se siete obbedienti, se avete appreso bene tutti i miei insegnamenti o se siete capaci di predicare il mio vangelo". Sono tutte cose necessarie, ma non coincidono con la sostanza, con la quintessenza della Chiesa. Quest'ultima è solamente la carità. Per questo, la Chiesa potrebbe definirsi come "la comunità di coloro che si amano, come Cristo li ha amati". Cristo ci ha amato fino a dare la sua vita perché noi avessimo vita. Cristo ci ha amato fino a renderci partecipi dello stesso amore che esiste tra il Padre e il Figlio. Cristo ci ha amato fino a farsi servo e a lavare i piedi ai suoi, affinché conoscessimo bene che l'amore, l'autorità tra i suoi discepoli, è fondamentalmente servizio. Se al di sopra della carità, o, ancora peggio, al margine di essa, si pongono altri valori nella vita quotidiana della Chiesa, si dovrà concludere che non stiamo toccando il cuore della Chiesa.

2. Una Chiesa nella storia. Dopo la Pentecoste, i discepoli cominciarono a fondare le prima comunità cristiane a Gerusalemme, la Chiesa-Madre, a Samaria, nelle città della costa mediterranea della Palestina, a Damasco, Antiochia... e con Paolo e Barnaba nella zona meridionale della provincia romana di Asia (attuale Turchia). La Chiesa-Carità comincia a incarnarsi in piccole comunità di uomini e donne, giudei e gentili, di razze e costumi diversi, ma uniti tramite la fede e l'amore a Gesù Cristo. Questa incarnazione storica della Chiesa-Carità comporta certi requisiti, alcuni dei quali li troviamo nella seconda lettura: la necessità della tribolazione, per il fatto stesso di vivere tra altri che non sono cristiani; la necessità di essere consolati ed animati nel vivere la fede e la vita cristiana; la designazione di presbiteri per la buona marcia della comunità; la preghiera e il digiuno, come due appoggi importanti della carità. Implica inoltre la gioia di condividere con altre comunità, in questo caso, con la comunità di Antiochia, le meraviglie operate da Dio nel corso del viaggio missionario di Paolo e Barnaba attraverso il sud della provincia di Asia. Questi aspetti, tra gli altri, parlano di una Chiesa viva, presente ed incarnata nelle circostanze storiche.

3. La Chiesa nel suo eterno destino. Di questa Chiesa splendida e luminosa, in pienezza di perfezione divina ed umana, ci parla la seconda lettura, tratta dall'Apocalisse. L'autore immagina la Chiesa come una città, la nuova Gerusalemme, la dimora di Dio con gli uomini (21,3). Una Chiesa, per questo, visitata ed abitata dalla felicità più piena, una Chiesa sempre giovane e piena di vita. Una Chiesa franca, senza frontiere, con le braccia aperte ad accogliere tutti. Questa Chiesa, tanto bella e magnifica nel suo destino, ha un riflesso, sebbene pallido, nella Chiesa storica, nella chiese fondate dai primi apostoli, nelle chiese in cui oggi si incarna l'amore e la fede dei cristiani.

SUGGERIMENTI PASTORALI

1. Il vero volto della Chiesa. Che cosa è che fa brillare davanti agli uomini il vero volto della Chiesa, un volto bello ed attraente? Indubbiamente, la carità. La Chiesa docente è necessaria, insostituibile, e inseparabile dalla Ecclesia amans, ma, agli occhi degli uomini, perfino degli stessi cristiani, non è il volto più attraente. La Chiesa che celebra i sacramenti è importantissima, e un modo adattissimo di esprimere l'amore della Chiesa verso i suoi figli in diverse situazioni e circostanze della vita, ma non è neppure questo il volto che più seduce i cristiani, meno ancora quelli che non lo sono (Si sa la disaffezione che c'è stata e continua ad esserci verso i sacramenti). E il volto più genuino della Chiesa non lo offrono nemmeno le sue istituzioni, a volte tanto criticate - spesso in modo ingiusto e sleale – dai nostri contemporanei. Il vero volto della Chiesa ce lo dà la Chiesa-Carità, comunione, la Chiesa che realmente ama e si dedica a comunicare amore mediante tutti e ciascuno dei suoi figli. Tutti conosciamo il canto "Dov'è carità e amore, qui c'è Dio", frase che si potrebbe parafrasare in un altro modo: "Dove c'è carità e amore, lì sta la Chiesa". Codesta carità che in Dio ha la sua sorgente e in Dio termina il suo percorso di amore attraverso le vite degli uomini. Dio, alfa e omega della carità: tra questi due estremi del vocabolario greco, si trovano tutte le altre consonanti e vocali con le quali esprimere di tutto cuore il nostro amore al prossimo. Non sleghiamo mai la carità dalla fede, dal dogma, dalla liturgia, dalle istituzioni, ma il volto più bello, genuino e vero, che ciascuno di noi offra alla Chiesa, sia il volto della carità vera e dell'amore sincero. Ricordiamo ciò che dice san Paolo nell'inno alla carità: "Se non ho carità, non sono nulla".

2. Anche la mia parrocchia è la Chiesa. Il fenomeno della globalizzazione può aiutarci a cogliere meglio l'universalità della Chiesa, e, di conseguenza, della carità cristiana. Il campanilismo, cioè, codesto racchiudersi nella propria parrocchia, nella propria Diocesi, tagliando allo sguardo qualsiasi orizzonte aperto verso altre parrocchie, altre Diocesi, e verso tutta la Chiesa nei diversi continenti, deve essere rifiutato da un cuore autenticamente cristiano. Certamente, debbo amare ed esercitare la carità nei confronti dei membri della mia famiglia, del mio quartiere, della mia parrocchia, ecc. Ma, non è forse vero che il mondo intero sta cominciando ad essere la nostra parrocchia, e, pertanto, il luogo per l'espressione della nostra carità? Un esempio concreto dalla globalizzazione dell'amore lo hanno dato molte famiglie cristiane, e molte parrocchie, di tutta Italia, ma specialmente di Roma, durante la Giornata Mondiale della Gioventù, accogliendo tanti giovani venuti da ogni parte del mondo. Che cosa posso fare per esprimere, a partire dalla mia parrocchia e nella mia parrocchia, l'amore a tutta la Chiesa?

 

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