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TESTO Commento su Giovanni 1,29-34

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II Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (20/01/2008)

Vangelo: Gv 1,29-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Giovanni, 29vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Il dono più grande che Dio ha fatto all'umanità è Gesù Cristo.

Il compito essenziale e qualificante del cristiano e della Chiesa è indicare il Cristo presente, volere la sua conoscenza, la sua crescita in noi e negli altri senza fare da schermo con le nostre infedeltà a lui, che è la luce del mondo.

Ognuno di noi ha una vocazione, ognuna diversa dall'altra, che sia sacerdotale, matrimoniale, o di qualunque altro tipo: l'importante è chiedere ed ascoltare quale disegno ha in mente Dio per noi cosa ed essere profeti all'interno della Sua chiamata a cui dobbiamo rispondere.

Infatti, le letture di oggi ci invitano a ricordare il nostro dovere di essere testimoni della Fede ed il nostro essere Cristiani nell'ambito nostra vocazione.

L'esempio ci viene dato da due grandi profeti: Isaia e Giovanni, l'ultimo profeta.

Il primo, infatti, ci ricorda che dobbiamo essere servi di Dio e non solo.

Infatti, in questo secondo canto, si riprende il tema del primo: è la chiamata di Dio che ci chiede molto ("è troppo poco che tu sia mio servo").

Ciò che Dio vuole da noi è che ci doniamo interamente affinché possiamo essere un suo mezzo per portare al mondo intero la testimonianza del suo amore.

Ciò ci riconduce al Cantico di Simeone (Luca 2, 29-32) in cui viene riconosciuto Gesù come "luce per illuminare le genti e gloria del suo popolo".

Dunque, ancora una volta, noi suoi discepoli, siamo chiamati a seguire l'esempio di Gesù. Non basta, quindi, che ci limitiamo ad una partecipazione passiva ai sacramenti domenicali, occorre invece essere "luce delle nazioni" (Isaia 49, 6) nella vita quotidiana, al lavoro, in famiglia e nell'educazione dei figli.

Per fare ciò, abbiamo bisogno del sostegno della preghiera, in particolare comunitaria, quale unico modo per essere Chiesa ed avere la presenza di Dio in mezzo a noi (Matteo 18, 20). Ciò ci viene ricordato anche nella prima lettera ai Corinzi 1-3, dove troviamo l'immagine della Chiesa di Dio formata dall'unione di tutti i Cristiani: questi ultimi sono coloro che invocano e pregano Dio.

Nel vangelo di oggi, Giovanni ci mostra la sua professione di fede perché riconosce in Gesù il Figlio di Dio pur non avendolo mai visto.

È necessario ricordare il Cantico di Zaccaria in cui egli profetizzò a suo figlio la sua missione (Luca 1, 76-77): "E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati". Infatti, solo in quest'ottica si comprende il motivo per cui Giovanni battezza nel Giordano: per preparare i popoli alla venuta di Gesù e mostrargli la sua missione. Così, dunque, appena Giovanni vede e riconosce il Salvatore annuncia: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo". Ancora una volta siamo di fronte ad un esempio di testimonianza attiva di fede che anche noi siamo chiamati a seguire: non dobbiamo essere canne agitate dal vento, ma profeti che vivono in profondità la loro fede e sono pronti a pagare di persona.

Oltre a ciò, nell'immagine del battesimo di Gesù nel Giordano, occorre sottolineare la sua umiltà nell'abbassarsi al livello degli altri uomini, in quanto va a battezzarsi da Giovanni come facevano gli altri uomini. Anche questo deve essere per noi esempio per accostarsi al sacramento della riconciliazione, a cui spesso non ricorriamo proprio per superbia e mancanza di umiltà ed a cui invece è necessario attingere per avere la forza e la purezza per essere Chiesa.

Infine, c'è la prima immagine della Trinità perché si parla della colomba quale rappresentazione dello Spirito Santo che scende dal cielo e va a posarsi su Gesù "Figlio di Dio" ed anche se qui non è citato ma in Matteo 3, 17 si ode la voce del Padre che annunzia suo Figlio al mondo.

REVISIONE DI VITA

1. Invochiamo quotidianamente la discesa dello Spirito Santo su di noi affinché ci illumini nella nostra vocazione in ambito familiare e sociale?

2. Siamo "luce per illuminare le genti e gloria del suo popolo"?

3. Il nostro impegno di fidanzati/sposi si limita a seguire i precetti o siamo profeti di Dio nelle nostre famiglie?

4. Nella nostra famiglia preghiamo insieme come piccola Chiesa domestica?

Commento a cura della famiglia Ranalli

 

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