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TESTO Al Giordano il preludio della croce

padre Gian Franco Scarpitta  

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (20/01/2008)

Vangelo: Gv 1,29-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Giovanni, 29vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

"Ecco l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo." Con queste parole Giovanni, che in altri contesti (vedi la Domenica precedente) ammira l'umiltà e la mansuetudine di Gesù che accetta di condividere ogni cosa con i peccatori nel lasciarsi battezzare al Giordano nonostante non ne avesse la necessità, adesso sta ragguagliandoci sul fatto che il Messia oltre che per abbassarsi alla condizione umana e rivestire lo stato di peccatore è venuto nel mondo per donare a tutti la sua stessa vita e la salvezza.

Accanto al capro, al toro e alla pecora, l'agnello era infatti nell'Antico Testamento una delle vittime animali con cui si compivano i sacrifici per il perdono dei peccati singoli o collettivi ed è importante considerare che nel "Grande Giorno del perdono dei peccati (Iom Kippur) il sacerdote era tenuto a celebrare un rito di espiazione delle colpe dell'intero popolo di Israele: dopo aver effettuato i riti di purificazione nei quali il sangue della vittima animale veniva sparso sul coperchio e ai piedi dell'Arca e dell'altare della tenda dell'Incontro, il sacerdote doveva imporre le mani sulla testa del capro sgozzato sanguinante ma ancora vivo ed enumerare a voce tutti i peccati commessi dall'intera comunità israelitica. In tal modo avveniva che le colpe del popolo si riversavano sull'animale vittima che le espiava ottenendo a tutti il perdono di Dio. Terminato il rito, il capro veniva mandato nel deserto e ivi abbandonato (Levitico 16). In tale giorno il sommo sacerdote per l'unica volta nell'anno poteva entrare nella tenda.

La Lettera agli Ebrei (9, 20 ess) ci fa notare che se per tale atto sacrificale espiativo era necessario che il sommo sacerdote entrasse nel santuario costruito da mani d'uomo, Cristo nel compiere il suo sacrificio non entra in santuario alcuno né necessita di immolare vittime sacrificali per spargerne il sangue o per piangere sul loro capo i peccati del popolo: egli stesso è il santuario in cui il Padre realizza il Sacrificio definitivo che riscatta l'umanità dal peccato; egli stesso è la vittima sacrificale il cui sangue si sparge sulla croce per riscattare le nostre colpe e sempre egli medesimo è il luogo nel quale si addossano i peccati di noi tutti. Cristo affronterà il "deserto" dell'abbandono del Padre (Dio mio perché mi hai abbandonato?) e della solitudine a cui lo costringeranno i suoi discepoli in questo cruciale momento angoscioso; e in questo suo immolarsi quale vittima immacolata di espiazione che richiama l'Agnello sofferente avviato al macello di Isaia 53 egli realizza la nostra salvezza nell'alleanza definitiva sulla croce.

Tutto quanto appena descritto non si compie davanti a Giovanni alle rive del Giordano, ma il Battista non può fare a meno di intravedere il valore sacrificale e salvifico dell'offerta che Gesù fa di se stesso sulla croce e il mistero dell'Incarnazione che è finalizzato anche all'umilizione di chi accetta il folore e lo strazio per risollevare quanto è stato perduto. In tale opera di inequivocabile amore per l'umanità Giovanni riscontra il protagonismo dello Spirito Santo, poiché è con il suo discendere e il suo rimanere nel Cristo che si realizza la volontà di salvezza del Padre.

La salvezza per noi si compie nient'altro quindi che nello spargimento di Sangue dell'Agnello, che ne è l'unico depositario alla pari di Dio Padre (Ap 7, 10) ma noi ne siamo i destinatari privilegiati perché ci ritroviamo nel sacrificio di Cristo che ci ha liberati e redenti associandoci a sé ed elevandoci alla dignità di figli di Dio poiché il Sangue riscattatore di Cristo ci incute consapevolezza di quanto noi uomini, appunto perché peccatori siamo preziosi agli occhi di Dio e nel Cristo siamo considerati immeritatamente con estrema importanza perché oggetto di perenne amore e predilezione al di sopra di ogni altra creatura.

E l'appartenenza a Cristo per la vita da uomini salvati ancora una volta ci fa valorizzare il Battesimo dello stesso Cristo al Giordano che è l'inizio dell'umiliazione per noi, ma soprattutto il Battesimo di novità e di riscoperta della vera vita al quale lo stesso Cristo ci invita per rinnovarci nello Spirito Santo.

 

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