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TESTO Commento Matteo 2,13-15.19-23

Agenzia SIR  

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno A) (30/12/2007)

Vangelo: Mt 2,13-15.19-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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13I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».

14Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, 15dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:

Dall’Egitto ho chiamato mio figlio.

19Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto 20e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». 21Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. 22Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea 23e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

Il Vangelo di oggi inizia con il verbo attribuito ai Re Magi che "fecero ritorno", alla lettera "si ritirarono". Oggi è attribuito a Giuseppe, dove in italiano è detto "fuggì". La famiglia di Nazareth trovò, pur nel dolore dell'esilio, terra e gente accoglienti. Proprio per questa fuga l'Egitto è considerato Terra Santa dalla tradizione cristiana.

La fuga della famiglia di Nazareth ricorda l'espressione dell'Apocalisse: "La donna fuggì nel deserto, ove Dio le aveva preparato un rifugio". Dunque non fu una fuga occasionale questo ritirarsi da parte del Signore e della Chiesa (la donna, la madre). Al verbo "ritirarsi" è collegata la tradizione degli anacoreti, antichi uomini ritiratisi nel deserto, consacrati alla preghiera e alla penitenza.

A confronto con l'Egitto, la terra di Israele appare minacciosamente ostile e assassina. E com'è diversa la ricerca di Erode rispetto a quella dei Magi. "Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio", leggiamo nel profeta Osea. Bellissimo quel mio figlio con cui nella profezia veniva chiamato il popolo ancora "giovinetto", amato da Dio.

Sulla strage dei bambini di Betlemme si impongono le amare parole di Geremia"Una voce si ode da Rama, lamento e pianto amaro: Rachele piange i suoi figli, rifiuta d'essere consolata perché non sono più" – sulle quali si riversano, come oceano di consolazione, quelle di Dio: "Trattieni la voce dal pianto, i tuoi occhi dal versare lacrime, perché c'è un compenso per le tue pene; essi torneranno dal paese nemico. C'è una speranza per la tua discendenza: i tuoi figli torneranno entro i loro confini". Questi bambini, gli innocenti della strage, che testimoniano il sangue di Cristo senza sapere e senza parlare sono l'indiscutibile nota di luce e di bellezza che la fede depone anche sulla vicenda più cupa.

Giuseppe è un padre presente, attento, pronto a far fronte alle difficoltà. Delinea il modello della famiglia autentica. Troppe mamme sono lasciate da sempre sole coi figli. Una moltitudine di mamme addolorate e sfatte, lasciate sole fino alla follia dell'infanticidio, senza nemmeno Erode. E padri – tanti – occupati altrove. Giuseppe rimette le cose a posto. Dio rimette ordine nella vita dell'uomo e lo invita a destarsi dal sonno e a rimboccarsi le maniche.

Il percorso di Giuseppe è significativo: è il compimento del primo viaggio di "entrata" nella terra promessa e del ritorno dall'esilio di Babilonia. Introdurre il figlio di Dio nella terra di Israele è il compiersi del giudizio di salvezza di Dio sulla storia: tutti il popoli saliranno a Gerusalemme! La paura di Giuseppe in relazione alla situazione politica della Giudea, lo portano a scegliere Nazareth come dimora della Santa Famiglia. Gesù, così, sarà anche il Nazareno.

Proprio a Nazareth, nel 1964, Papa Paolo VI, tenne un bel discorso. Ecco alcune parole: "La casa di Nazareth è la scuola del Vangelo. Qui si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato così profondo e così misterioso di questa manifestazione del Figlio di Dio tanto semplice, umile e bella. Forse anche impariamo, quasi senza accorgercene, ad imitare. La casa di Nazareth insegna il silenzio, la meditazione, l'interiorità della vita, la preghiera, che Dio solo vede nel segreto. Nazareth ci ricorda cos'è la famiglia, cos'è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ed inviolabile; ci fa vedere com'è insostituibile l'educazione in famiglia, la sua funzione nell'ordine sociale. Impariamo la lezione del lavoro, la legge della fatica umana".

 

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