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TESTO Commento su Luca 15,1-32 (forma breve: Luca 15,1-10)

don Daniele Muraro  

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XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (16/09/2007)

Vangelo: Lc 15,1-32 (forma breve: Lc 15,1-10) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 15,1-32

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Forma breve (Lc 15, 1-10):

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui.

"Mi è stata usata misericordia" dice san Paolo di se stesso nella seconda lettura tracciando un rapido ritratto della sua condizione prima della conversione, ossia prima di essersi incontrato con Gesù Cristo Risorto sulla via di Damasco, e continua: "Questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io. Ma... Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me, per primo, tutta la sua grandezza d'animo, come esempio di quanti avrebbero creduto in lui".

Certamente Saulo, dopo avere preso coscienza dei suoi limiti e della impostazione sbagliata della sua vita, non si fermò alla costatazione di essere andato fuori strada, ma intraprese un cammino di preghiera e di pentimento che lo portò a modificare radicalmente i suoi metodi e a diffondere con la sola forza della parola e dell'esempio quella fede che prima aveva con violenza contrastato.

Egli così divenne un operatore di pace, annunciando la vera pace che è fare posto a Gesù Cristo nella propria vita e alle varie comunità che visitava si presentava come un ambasciatore da parte di Dio, supplicando in nome suo Giudei e Greci di "lasciarsi riconciliare" con Lui.

San Paolo non ebbe mai vita facile. Anche dopo la sua conversione raramente godette di un po' tranquillità, ma da quel momento Egli si sentì in pace con Dio e recuperò la dimensione più vera della sua persona, quella di essere "figlio di Dio", per adozione, stimato degno di fiducia da parte di Gesù Cristo.

È la stessa dignità nella quale viene reintegrato il figlio minore della parabola evangelica, scappato di casa pieno di soldi, e ritornato solo dopo aver sperimentato il fallimento della sua esistenza. Il Padre non lo rimprovera, né lo ignora che forse sarebbe stato ancora peggio; al contrario chiede ai servi di fargli indossare il vestito più bello, completando l'abbigliamento con tanto di calzari nuovi e anello al dito. Poi agli stessi servi sempre più sbalorditi, ordina di macellare il vitello grasso e di fare festa come per mettiamo per un matrimonio, o forse, per meglio dire, per una nuova nascita.

Questo figlio minore si era degradato molto andando lontano dal Padre e vivendo prima in mezzo a vizi e poi alle ristrettezze, ma la sua discesa verso il basso era iniziata ancora prima, nel momento in cui aveva preteso dalle mani del Padre "la parte di eredità" che gli spettava, facendogli intendere che per lui le cose erano più importanti del suo legame di figlio e che per quello che lo riguardava egli si considerava già orfano. Una eredità infatti si acquisisce solo la morte del genitore.

La vita dissoluta del figlio minore dunque si compie nel "paese lontano", ma incomincia quando egli stesso, di sua iniziativa in maniera insolente e con tono di sfida rompe, scioglie ogni legame con il Padre.

Si capisce bene che dietro la figura del Padre della parabola, Gesù intende descrivere lo stile ed il volto di Dio, l'Eterno Padre di cui Egli si dichiarava Figlio Unigenito o Prediletto, uguale a Lui nella essenza divina. Ebbene Gesù racconta la parabola di questo figlio dissoluto per giustificare la sua condotta fraterna e confidenziale nei confronti dei peccatori davanti a scribi e farisei che lo criticavano come poco religioso.

Da sempre infatti religione comporta separazione dal mondo tramite il distacco dalla corruzione che vi regna incontrastata. Gesù con le tre parabole di oggi, dette della misercordia: quella della pecorella smarrita, della dramma perduta e del figlio prodigo, mette in evidenza la necessità di salvezza che c'è nel mondo e la volontà di Dio di recuperare quello che rischia di andare perduto per sempre.

Ossia, secondo Gesù, Dio non si chiama fuori dalla storia di miseria della sua creazione, ma si coinvolge nelle vicende umane, in maniera che chi è andato fuori strada per colpa, ma anche per debolezza sua, abbia la possibilità di tornare su una strada sicura, di recuperare la sua integrità spirituale e di realizzare la propria vita secondo il disegno di amore di Dio.

Dio offre a tutti una seconda possibilità. Dopo lo smarrimento della colpa l'uomo non rimane necessariamente preda del suo rimorso, ma gli è data la maniera di uscire dall'abiezione e dell'angoscia e di ristabilire rapporti di familiarità e di pace con Dio stesso che egli aveva tanto offeso.

Costruttore di questo ponte fra Dio e gli uomini, "pontefice" in senso proprio è Gesù Cristo stesso.

Egli realizza in modo pieno la funzione di mediatore e di intercessore che nella prima lettura si sobbarca Mosé nei confronti di un popolo ingrato e infedele. Erano appena usciti dall'Egitto, dopo aver superato grazie all'aiuto di Dio tutte le resistenze e le minacce degli Egiziani, ed ecco che mentre Mosè si trattiene sul monte Sinai a parlare con Dio, su iniziativa di alcuni con il metallo raccolto sul momento viene fuso un idolo a forma di vitello, davanti a cui l'assemblea riunita si mette a pregare, adorandolo.

Di fronte al giusto sdegno di Dio, Mosè si frappone fra Lui e il popolo, ricordandogli le sue promesse di un tempo, quando aveva giurato di ad Abramo di fare della sua discendenza un grande popolo. Egli diventa così un vero operatore di pace, riportando il popolo ebraico nell'amicizia con il Signore e nella tranquillità dei rapporti vicendevoli.

Come abbiamo detto il più grande operatore di pace è Gesù Cristo e solo Lui infatti si è potuto attribuire il titolo di "Figlio di Dio" in senso proprio; ma Dio tiene tanto a questo risultato della pace che volentieri di compiace di rivolgersi con il titolo di figlio chiunque altro si impegni a questo scopo. "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" proclama la settima beatitudine.

Secondo il Vangelo di oggi dunque non basta non fare il male, occorre anche essere positivamente promotori del bene, e questo bene nelle condizioni ordinarie della nostra società, assume quasi sempre la forma della riconciliazione e del perdono.

Era quello che il Padre si aspettava facesse il figlio maggiore della parabola: quest'ultimo non riuscendo ad entrare in questa mentalità di accoglienza e di riappacificazione si esclude per conto proprio dalla festa della salvezza.

Quelli che promuovono la pace ed arrivano a perdonare i nemici, fino talvolta ad offrire la propria vita per loro sono i più fedeli discepoli di Cristo. Il loro esempio traccia la via per un'umanità nuova, che non si accontenta più di compromessi provvisori, ma realizza la più profonda fraternità.

Come disse una volta Giovanni Paolo II: "La pace nasce da un cuore nuovo". È un cammino lungo quello verso la pace, ma dobbiamo avere anche noi come il figlio prodigo il coraggio di fare il primo passo nella direzione del ritorno verso Dio, unica sorgente della vera pace e della fraternità.

 

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