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TESTO Commento su Luca 14,1.7-14

don Daniele Muraro  

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (02/09/2007)

Vangelo: Lc 14,1.7-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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Avvenne che 1un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.

7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

12Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui.

Gesù viene invitato a fermarsi presso di lui da uno dei capi che quel giorno dava un pranzo e la gente si mette ad osservare il Maestro che entra nella sontuosa dimora. Come si sarebbe comportato Gesù? Avrebbe avallato il modo di fare del padrone di casa o avrebbe apertamente preso posizione contro l'ipocrisia per cui i farisei andavano famosi?

Sarebbe stato abbastanza scaltro Gesù da evitare le trappole che il fariseo gli avrebbe teso per screditarlo agli occhi dei commensali? Si sarebbe forse adattato all'ambiente evitando ogni polemica, ma anche indebolendo la forza spirituale del suo messaggio?

Lì non c'erano poveri da soccorrere o malati da guarire; nella casa del fariseo, lo sapevano tutti, si erano dati appuntamento per far festa solo le persone influenti del posto.

Gesù in quel momento era ammesso ad entrare dove ai più era sempre stato proibito mettere piede, se non in veste di servi o di fornitori. Possiamo capire la curiosità della gente su Gesù, unita forse ad un po' di invidia nei confronti dei discepoli che probabilmente l'accompagnavano.

Se questi erano suppergiù i sentimenti della folla, nell'animo del suo ospitante dovevano agitarsi intenzioni non molto diverse: capire meglio che specie di rabbì fosse Gesù e prenderne le misure in vista di successive amicizie o al contrario per organizzare meglio le necessarie ostilità.

La Chiesa nei suoi rappresentanti ufficiali è sempre sotto i riflettori e agli onori della cronaca: quello che fa riveste sempre un valore sociale e come si dice adesso anche mediatico. Nel suo comportamento si vuole trovare ad ogni costo una pietra di paragone o forse di scandalo rispetto al messaggio che non smette di proclamare. Qualche volta ci possono essere motivi fondati di critica, perché anche la Chiesa è fatta di uomini soggetti a limiti e passioni, ma altre volte si va in cerca di pretesti per evitare di confrontarsi con le esigenze di conversione e di purificazione morale che la stessa Chiesa annuncia.

Come abbiamo visto lo stesso trattamento fu riservato per primo a Gesù. Una delle lodi più inaspettate che Egli ricevette uscì dalla bocca dei suoi nemici quando lo interpellarono così: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. Dicci dunque il tuo parere..."

Quella volta (era la questione riguardo al tributo a Cesare) nonostante il tranello nascosto sotto i complimenti, Gesù non si sottrasse alla domanda. Anche nell'episodio di oggi Egli parla, ma non lo fa senza prima essersi guardato intorno.

Gesù non solo si lascia guardare, Egli pure osserva vede, cioè capisce le intenzioni dei comportamenti e ne mette allo scoperto le motivazioni. Gesù constata anzitutto un accaparramento dei primi posti, quelli più prestigiosi, vicino al padrone di casa. Era prevedibile che fra persone che si ritenevano importanti sorgessero questioni di precedenza.

Si poteva imputare una certa responsabilità anche a chi aveva diramato gli inviti e si era limitato a chiamare le persone più ragguardevoli della sua cerchia.

Davanti a una scena siffatta Gesù non risparmia ai presenti le sue considerazioni ad alta voce e poi, rivolto al padrone di casa, propone i suoi consigli.

La maggior parte dei rapporti umani sono condizionati dagli sguardi e quelli che si posano sul proprio prossimo raramente sono di occhi di misericordia.

Comprendere le ragioni degli altri è sempre stato difficile. Non è scontato mettersi nei panni del prossimo; occorre sempre fare uno sforzo per uscire da se stessi e fare posto alle aspettative di chi intralcia il nostro cammino, eppure ci dice Gesù questa è la via della felicità.

L'indicazione vale principalmente nei rapporti quotidiani, fra persone conosciute e della stessa comunità. Senza una profonda connotazione di indulgenza e di grandezza d'animo l'amore non potrebbe resistere a lungo fra creature che, per la loro debolezza, sono spesso le une alle altre occasione di angustia e quindi bisognose di perdono vicendevole.

"Noi esseri umani, diceva sant'Agostino, siamo come vasi di creta che, solo sfiorandosi, si fanno del male". L'atteggiamento di misericordia nasce dalla percezione che l'altro ha bisogno, da qui scaturisce il desiderio di vivere insieme a lui le sue difficoltà e l'impegno concreto ad aiutarlo.

La misericordia dell'altro, la sua compassione nei nostri confronti e il suo impegno ad aiutarci, ci apre il cuore nello scoraggiamento e ci invita a fare anche noi altrettanto.

E se uno sperimenta una certa difficoltà nell'usare misericordia agli altri, ciò può dipendere da una scarsa consapevolezza della propria indigenza personale e quindi dell'immensa necessità che ciascuno di noi ha della misericordia di Dio.

Lei non sa chi sono io, è la frase famosa con cui si tenta di intimorire un interlocutore scortese o non abbastanza arrendevole. In realtà solo Dio è nella posizione di guardare qualcuno dall'alto verso il basso.

Misericordia è una parola di cui forse il significato ci sfugge: la confondiamo con tolleranza o anche con compatimento. In realtà la misericordia è molto di più. Secondo le parole del Vangelo di oggi misericordia è dare a chi non può restituire il contraccambio. Ad essere precisi solo Dio può fare questo perché solo Lui è sovrabbondante di beni, però Egli vuole coinvolgere anche noi nella sua carità, distaccandoci dalla rincorsa a chi accumula di più e insegnandoci ad accorgerci di chi è nel bisogno.

In fondo, per il cristiano non c'è distinzione fra affare pubblico o privato, ma tutto avviene sotto lo sguardo di Dio e dunque la principale preoccupazione del cristiano non è quella di compiacere l'opinione del mondo, ma di far contento Dio.

Le invidie e le smanie di successo ci avvertono che la sola ricchezza materiali non basta: il cuore umano aspira anche ad un riconoscimento sociale della sua posizione e delle sue qualità. Gesù nel Vangelo ci invita non solo a chiedere che vengano rispettati i nostri diritti, ma a cominciare ad essere noi i promotori della dignità e della rispettabilità del prossimo. Allora avremo la nostra approvazione non da una compagine sociale che può sempre cambiare idea, ma da Dio stesso.

Se la Misericordia è la principale qualità di Dio allora i misericordiosi sfiorano la perfezione dell'amore divino. Come abbiamo sentito nella prima lettura l'elemosina e le altre opere di misericordia espiano una moltitudine di peccati.

Conosciamo la beatitudine: "Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia". Sembra a prima vista, che la ricompensa sia uguale al bene che si è fatto; in realtà è infinitamente più grande: gli uomini infatti esercitano la misericordia da uomini, ma otterranno misericordia dal Dio dell'universo. Accorgiamoci allora delle occasioni di essere misericordiosi, non solo quando siamo colpiti negativamente dalla mancanza di misericordia nei nostri confronti, ma anche quando Dio ci mette davanti situazioni che richiedono la nostra attiva e coinvolgente misericordia.

 

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