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TESTO La venuta del Signore è vicina

mons. Antonio Riboldi

III Domenica di Avvento (Anno A) - Gaudete (16/12/2007)

Vangelo: Mt 11,2-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 2Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò 3a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 4Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: 5i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. 6E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

7Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 8Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! 9Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 10Egli è colui del quale sta scritto:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero,

davanti a te egli preparerà la tua via.

11In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

È grande il rumore che il natale pagano sta facendo, nonostante la crisi di tante famiglie, nell'avvicinarsi del Santo Natale.

Tutti parlano di quali doni acquistare, mettendo il silenziatore al vero Dono, che è venuto a noi dal Cielo: Gesù, Figlio del Padre.

Una venuta che è davvero l'aprirsi delle porte celesti, per vedere il Padre che torna a sorridere a noi, poveri viandanti in cerca di felicità, senza la quale la vita perde ogni senso.

Nulla - ricordiamocelo - può davvero riempire il cuore dell'uomo, come l'amore del Padre che, quando trova dimora in noi, diventa gioia donata ai fratelli.

Così canta il profeta Isaia oggi: "Si rallegrino il deserto e la terra arida: esulti e fiorisca la steppa. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: Coraggio! Non temete: ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto. Ci sarà una strada appianata e la chiameranno 'Via Santa': su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto" (Is 35, 1-10).

Quasi sommersi dalle tristezze del nostro tempo, come ci vengono narrate - con troppa superficialità e, direi, con il solo scopo di 'vendere o fare spettacolo' - a tanti sembra che sia morta la speranza.

Ma si apre la 'Via Santa', che rivela la sua origine divina e, quindi, offre la certezza che c'è Chi ci vuole veramente bene, un Bene che viene dall'Alto, quindi sicuro e fedele.

Da qui una consapevolezza, sempre più diffusa, del bisogno di alzare gli occhi al Cielo, certi che solo là può esserci la sorgente della gioia.

Scopriamo che la cosiddetta felicità 'da quattro soldi', che il mondo offre, è di fatto manipolata dagli interessi economici, come fosse 'un'industria che deve tirare'.

Si cercano uomini che si distinguano per le 'speranze' che cercano di suscitare, e li si chiama 'profeti': 'profeti dell'economia', 'profeti della storia', 'profeti della moda' e via dicendo.

Un modo improprio di usare una così sorprendente e misteriosa parola: profeti!

Forse nella nostra offuscata mentalità, diamo del 'profeta' a chi offre delle prospettive: spesso 'profeti' che non vedono però più in là del proprio naso.

Oppure - ed è una moda diffusa - ci si affida ai maghi-profeti, che di vero hanno solo la ricchezza che accumulano a scapito dei loro simili, solo più ingenui e sprovveduti.

Nel Vecchio Testamento i profeti hanno sempre avuto un ruolo di guida e di speranza. Il termine ebraico di profeta contiene tre missioni: chiamare, disturbare, annunciare.

I profeti hanno la coscienza di essere 'voce' di Dio, che indica la strada da percorrere. Parlano 'a nome di Dio'. Educano alla fede.

Il popolo li considerava 'un grande dono di Dio', anche se spesso, interpellando le coscienze e richiamando sui vizi...li uccideva!

Ma poi, quando venivano a mancare, il popolo si sentiva sbandato, smarrito e così si lamentava: "Non vediamo più le nostre insegne, non ci sono più profeti e nessuno di noi sa fino a quando" (Salmo 74, 9). S. Tommaso d'Aquino descriveva il profeta - e ciascuno di noi è 'profeta' dal Battesimo - come uno che sa guardare alla storia con due occhi dietro le spalle, rivolti al passato, e due occhi che scrutano il futuro, per così fondare il presente.

Viene da chiederci: viviamo da profeti, memori del passato e rivolti ad un futuro che sappiamo essere nel Cuore di Dio?

Una giovane catechista aveva preparato i suoi bambini a scuola per il Natale, spiegando loro il ruolo del profeta Giovanni Battista e dei profeti, in genere, nella lunga attesa del Messia. Alla fine per rendersi conto se avevano ben compreso chiese ad uno di loro chi fosse un profeta. Si sentì rispondere che 'il profeta è uno che ascolta la Parola di Dio con il cuore nell'orecchio'. Una definizione azzeccata!

Un fatto è certo: i 'profeti', anche nei nostri tempi - e ce ne sono tanti - colpiscono per la loro meravigliosa libertà di vita: non sono contro nessuno, eppure sferzano senza mezzi termini le barriere che l'uomo pone per nascondere le vie del Signore, i camuffamenti, le ipocrisie, le devianze, tutti protesi a proporre una visione di verità, che sia chiara come il cielo terso, ed esalti il grande amore che è Dio, origine e fine di tutto.

Ogni loro parola, ogni gesto, affonda le radici nella grandezza del passato dell'uomo e getta ponti verso l'infinito. Il vero profeta - ed ogni cristiano lo è - pensa sempre in grande, ama in grande.

E' perseguitato, perché disturba, ma attira immensamente, perché offre spazi di vera vita. Egli è - lo vogliamo o no - la 'lunga traccia' di Dio nella storia dell'umanità.

Il Vangelo di oggi ci invita a riflettere sul dialogo che avviene tra il profeta Giovanni Battista, in carcere, -per aver rimproverato Erode sulla sua condotta - e Gesù.

Giovanni Battista aveva trascorso una vita nel deserto, a scrutare la volontà di Dio su di lui e, compresala, aveva iniziato a proclamare l'evento incredibile, che dava inizio alla nostra salvezza: Dio era entrato nella nostra storia, mettendosi nei nostri panni, con il Natale di Gesù.

"Giovanni, che era in carcere - racconta l'evangelista Matteo - avendo sentito parlare delle opere di Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?".

È lo stesso Giovanni di cui Matteo afferma che "comparve nel deserto della Giudea, dicendo: Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino!. Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri" (Mt 3, 1-4).

Gesù ai discepoli di Giovanni risponde: "Andate a riferire a Giovanni ciò che voi udite e vedete: i ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, ai poveri è predicata la buona Novella. E beato colui che non si scandalizza di me".

Poi si mise a parlare alle folle e traccia il meraviglioso 'ritratto' del Battista.

"Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Che cosa siete dunque andati a vedere? Un uomo vestito in morbide vesti? Coloro che portano morbide vesti stano nei palazzi del re! E allora cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più di un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero, che preparerà la tua via davanti a te. In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista, tuttavia il più piccolo nel Regno dei Cieli è più grande di lui" (Mt 11, 2-11).

Stupendamente umano questo dialogo che, da una parte vuole 'la conferma alla propria missione', ossia sapere se Gesù è il Messia, e, dall'altra, offre una 'risposta' non solo positiva, ma l'esaltazione di chi davvero è profeta e merita ascolto.

Ci sono ancora oggi tanti che cercano chi, come Giovanni, possa essere 'una voce del deserto, che annuncia'.

Lo cercano in sacerdoti o in laici cristiani, con diverse vocazioni, ma un unico carattere: gente che non bara con la fede e, con la propria vita, traccia una strada in questo mondo, che resta sempre 'un deserto con poche speranze'.

Un mondo che offre solo delusioni, quando addirittura non cerca di strappare la certezza della gioia che Dio dà ora e sempre!
Se siamo sinceri, abbiamo bisogno di verità.

Abbiamo bisogno di sapere che davvero c'è Qualcuno che ci vuole davvero bene e ci è vicino: un Bene che è Dio stesso, fatto uomo.

È insopportabile la solitudine o anche solo sentirsi immersi in questo mondo, che si accontenta, a Natale, di affollare i negozi, per 'fare' una festa che è poca cosa di un momento, magari con tanto spreco.

Il Santo Padre, recandosi a Pavia, per rendere omaggio alla tomba del grande S. Agostino, diceva: "Viveva come tutti gli altri, ma tuttavia c'era in lui qualcosa di particolare: egli rimase sempre una persona in ricerca. Non si accontentava mai della vita così come essa si presentava e come tutti la vivevano. Era sempre tormentato dalla questione della verità. Voleva trovare la verità. Voleva riuscire a sapere che cosa è l'uomo; da dove proviene il mondo; da dove veniamo noi stessi, dove andiamo e come possiamo trovare la vita vera. Voleva trovare la retta via e non semplicemente vivere ciecamente senza senso e senza meta. La passione per la verità è la parola-chiave della sua vita. Tutto ciò che non portava il nome di Cristo, non gli bastava. L'aveva bevuto col latte materno. E sempre aveva creduto - a volte più vagamente, a volte più chiaramente - che Dio esiste e che Egli si prende cura di noi. Ma conoscere veramente questo Dio e familiarizzare davvero con Gesù Cristo e arrivare a dire 'Sì' a Lui con tutte le sue conseguenze - questa era la grande lotta interiore dei suoi anni giovanili. Solo nella Chiesa trovò la verità essenziale: il Verbo si è fatto carne. E così Egli ci tocca e noi Lo tocchiamo. All'umiltà della incarnazione di Dio deve corrispondere la nostra fede che depone la superbia saccente".

Con S. Agostino, dunque, preghiamo: "Odiarmi e amarTi: agire solo per amore Tuo, abbassarmi per farTi grande, non avere altri che Te nella mente. Morire a me stesso per vivere in Te. Tutto ricevere da Te. Rinunciare a me stesso per seguirTi, desiderare di accompagnarTi sempre. Fuggire da me stesso, rifugiarmi in Te per essere da Te difeso. Temere per me e temerTi, per essere fra i Tuoi eletti. Diffidare di me stesso, confidare in Te: voler obbedire a causa tua. Non attaccarmi a null'altro che a Te, essere povero per Te. Guardami e Ti amerò. Chiamami perché Ti veda E goda di Te eternamente" (S. Agostino).

 

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