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III Domenica di Avvento (Anno A) - Gaudete (16/12/2007)

Brano biblico: Is 35,1-6a.8a.10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 11,2-11

In quel tempo, 2Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò 3a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 4Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: 5i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. 6E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

7Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 8Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! 9Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 10Egli è colui del quale sta scritto:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero,

davanti a te egli preparerà la tua via.

11In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

I capitoli 34-35 di Isaia formano, così come il libro si presenta adesso, una unità chiamata "piccola apocalisse", composta da due quadri: castigo dei nemici (rappresentati da Edom, c. 34) e salvezza di Israele (c. 35). La prima lettura ci presenta una parte del secondo quadro, nella quale il profeta invita Israele a gioire e a riprendere vigore. I suoi oppressori hanno prevalso, Israele ha mani deboli, ginocchia che traballano e fanno inciampare. Ansia e agitazione, paura e disorientamento hanno preso il sopravvento. Adesso però è il momento di riprendere coraggio, serenità, forza e fiducia. Motivo di tale capovolgimento è l'annunziato intervento di Dio, descritto come la fioritura del deserto e la guarigione di ciechi, zoppi, etc.: in concreto l'aprirsi per gli esiliati della strada del ritorno in patria. È questa la "vendetta e la ricompensa divina" (v. 4). Essa da un lato significa castigo degli oppressori (cf. 34,8, con lo stesso vocabolario); dall'altro liberazione per Israele. È evidente che si tratta di due facce della stessa medaglia, perché nessuna liberazione potrebbe darsi, se Dio non colpisse i nemici soverchianti, come esplicita Geremia: "Poiché il Signore ha riscattato Giacobbe, l'ha redento della mano d'uno più forte di lui" (31,11). Per questo sulla nuova strada "non ci sarà più il leone, nessuna bestia feroce la percorrerà, vi cammineranno solo i redenti" (v. 9, omesso nella pericope liturgica).

"Ricompensa" significa che Dio porta a compiutezza l'azione dell'uomo, la "retribuisce", facendone emergere pienamente l'intrinseco potenziale. Questo significa anche "vendetta", ovvero ristabilimento della giustizia. Si noti bene, però, che all'altro polo, quello della salvezza, non corrisponde alcuna azione meritoria da parte d'Israele. Si ha qui semplicemente un'iniziativa di Dio che, fedele a sé e alla sua promessa, salva il popolo, puro beneficiario di un'azione liberatrice. Lo troviamo ben evidenziato in un altro passo di Isaia, che riproduce letteralmente alcune espressioni del nostro: "Svégliati, svegliati, rivestiti di forza, o braccio del Signore. Svegliati come nei giorni antichi, come tra le generazioni passate. Non hai tu forse fatto a pezzi Raab, non hai trafitto il drago? Forse non hai prosciugato il mare, le acque del grande abisso e non hai fatto delle profondità del mare una strada, perché vi passassero i redenti? I riscattati dal Signore ritorneranno e verranno in Sion con esultanza; felicità perenne sarà sul loro capo; giubilo e felicità li seguiranno; svaniranno afflizioni e sospiri" (Is 51,9-11).

Invano si cercherebbe nel nostro testo altra spinta all'azione salvatrice di Dio. Qui "retribuzione" viene a significare puramente: grazia, come leggiamo in Sal 103,2: "Benedici il Signore, non dimenticare tutti i suoi benefici", dove "benefici" è appunto "retribuzioni" (Vulgata: noli oblivisci omnium retributionum eius). Questa stessa azione di Dio è castigo al superbo: "rendi la retribuzione al superbo" (Sal 94,2; cf. 28,4).

Ecco il fondamento della forza che Israele deve ritrovare. Ogni volta infatti che questa retribuzione appare evidente, i poveri esultano e riprendono forza (cf. Sal 27,14; 31,24); quando rimane celata sono gli empi a prendere coraggio (cf. Sal 64,5). Precisamente un grande intervento di questo tipo annunzia il profeta.

Nel vangelo odierno Gesù, sollecitato dalla domanda del Battista, rivendica a sé l'adempimento della profezia. Menziona i suoi miracoli, ed essi sono già un segno certamente eloquente, sia pure parziale. Più in profondità, richiama l'annunzio della Buona Notizia ai poveri, che in sostanza notifica l'amore assoluto di Dio che giunge fino alla croce, "vendetta" che giudica senza violenza e opera un discernimento, a un tempo portando a salvezza i poveri e rovesciando i potenti dai loro piedistalli. Lì si mette in moto quel dinamismo che, passando per la glorificazione del Crocifisso e l'effusione del suo Spirito nel mondo, arriverà a compiutezza quando ogni nemico - fino a quell'ultimo che è la morte - sarà sottomesso.

L'annunzio di Isaia e del Cristo è oggi rivolto a noi, a tutti gli oppressi sotto il giogo di vari dominatori, vecchi o nuovi, scelti da noi stessi o imposti da altri, che comunque assoggettano mediante la paura e l'ansia. Riprendiamo coraggio: il Signore viene, vuole liberarci da questi fardelli, offrirci il suo giogo lieve e riposante (cf. Mt 11,28-30). Si avvicina la notte nella quale ascolteremo con gioia rinnovata la Buona Notizia: il bastone dell'aguzzino è spezzato per sempre (cf. Is 9,3).

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.

 

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