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TESTO Commento su Luca 1,26-38

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Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria (08/12/2007)

Vangelo: Lc 1,26-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,26-38

In quel tempo, 26l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».

29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Questa festività è dedicata a Maria. Non è l'unica nell'anno liturgico, ma si tratta di una ricorrenza molto amata dal popolo cristiano e ben al di là della proclamazione di un dogma (l'immacolata concezione) che – insieme con quello dell'assunzione di Maria al cielo con il corpo – le attribuisce titoli e grazie particolari.

C'è da chiedersi il perché. Per coglierne il senso occorre comprendere chi è Maria, figlia di Sion, madre di Gesù. .

La prima lettura ci fa fare un salto indietro nel mitico Eden. "Porrò inimicizia tra te e la donna", dice Dio al serpente tentatore, simbolo della cupidigia. In effetti, le vicende dell'Eden sono segnate proprio da questo sentimento. Dio aveva messo un limite alla "conoscenza" dell'uomo e della donna. Se ci lasciamo afferrare dal desiderio senza rispettare alcun limite l'altro diventa l'oggetto del nostro desiderio, secondo un progressivo cammino di concupiscienza: vogliamo cioè l'altro per noi. Ma l'altro diventa anche un limite al nostro desiderio senza limiti: vogliamo ciò che ha l'altro, ciò che è dell'altro. Ed infine questo desiderio smodato fa sì che l'altro diventi per noi lo strumento per il suo soddisfacimento. Una relazione tra diseguali: la morte di ogni reciprocità. È una terribile tentazione alla quale anche noi, ogni giorno, siamo sottoposti.

La storia di Maria non segue questo paradigma, di qui l' "inimicizia" con il tentatore, la loro assoluta incompatibilità.

Maria è figlia autentica di quel popolo di Israele che Dio ha liberato, plasmato, educato e con il quale ha stabilito la propria alleanza. Di questo Dio, Maria – come il popolo al quale essa appartiene – conserva e interiorizza un'immagine composita: Dio è per lei Padre e Madre. In quanto Padre, Egli è guida, riferimento costante, figura di identificazione. È figlia obbediente e libera. La sua "santità" è frutto di questa identificazione perseguita e condivisa. "Siate santi – afferma il Levitico (19,2) – perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo". In quanto Madre, Dio è misericordia, un Dio dal cuore umile e povero, tenero, buono, paziente, comprensivo, sempre disposto al perdono. Come una madre, appunto. Per definire questa caratteristica di Dio la Bibbia usa il termine rachamîm, plurale della radice réchem che significa grembo materno. Si comprende dunque perché Maria, educata in questo contesto profondamente e intensamente religioso, nonostante la fragilità tipica di ogni adolescente, sia in grado di accogliere la proposta di Dio, e di accogliere dentro di sé l'Altro, senza alcun desiderio di cattura, amandolo appunto perché Altro, e inserendosi in un progetto di liberazione che si snoda, talvolta ancora incompreso, lungo i secoli. Maria coglie con intelligenza questo progetto e ne esulta. In questo senso la sua immagine più significativa resta il canto di esultanza e di lode del "Magnificat" che si trova nel proseguimento dell'Evangelo di Luca oggi proclamato. Basterebbe questo canto per dirne tutto il coraggio: dal "sì" all'annuncio, al "sì" al discepolato nei confronti del Figlio, fino al tragico "sì" ai piedi della croce.

Educata a quella concezione paterna e ad un tempo materna di Dio, Maria realizza con l'Ineffabile una relazione autentica, liberata dal rischio della cattura, tra un Io e un Tu eterno, nella reciprocità della differenza – Lui, il potente, lei segnata come ognuno di noi dalla tapeìnosis, dalla piccolezza, dal senso del limite e della creaturalità (quella stessa che ha fatto difetto invece in Eva, succube del tentatore) – e nonostante l'infinita distanza è stata avvolta da Dio con uno sguardo di benevolenza, proprio come una madre avvolge il suo bimbo nei pannolini.

Scrive Enzo Bianchi: "Lo sguardo di Dio è sinonimo del suo essere compassionevole, e per Dio la compassione non è un vago sentimento di pietà, ma sempre assunzione di responsabilità nei confronti di colui che è nel bisogno e si tramuta in storia, in concreta sollecitudine, in gesti, in azioni che tendono a ridare integrità, pienezza di vita, in una parola salvezza" (Il Magnificat, Monastero di Bose, Testi di meditazione n. 80).

Grande donna, Maria! Davvero può e deve diventare modello per la nostra vita di coppia e di famiglia.
In che modo?

La coppia e la famiglia possono diventare centri di resistenza etica, capaci di abbracciare e gestire la paura di tutti i componenti queste realtà. La paura viene affrontata e gestita evangelizzando la bontà e lo sguardo compassionevole di Dio che si prende cura dei piccoli e dei poveri. La compassione, come la misericordia, è un sentimento forte, paterno e materno, mai paternalista. Dio soffre e patisce-con ognuno di noi. Egli accoglie e gestisce tutte le nostre fragilità, le nostre paure, il senso del limite e la percezione delle innumerevoli sconfitte della vita, anche di quelle che sembrano irreparabili, troppo pesanti da sopportare.

Questo sentimento di dipendenza filiale dal Padre, evangelizzato da una donna che ha saputo contrastare dentro di se il male nel mondo (davvero è, in questo senso, l'Immacolata) non può però trasformarsi in atteggiamento passivo, ma richiede una presenza attiva nel mondo in grado di cogliere con sensibilità i bisogni e le urgenze degli altri. È quanto ci dice Paolo nella seconda lettura, tratta dalla lettera dell'apostolo alla comunità di Efeso: "E anche noi, perché a Cristo siamo uniti abbiamo avuto la nostra parte; nel suo progetto Dio ha scelto anche noi fin dal principio. E Dio realizza tutto ciò che ha stabilito". Ma per essere figli di Dio, associati al suo progetto, uniti a Cristo, per vivere pienamente la paternità del Signore, dobbiamo cogliere prima di tutto la nostra condizione umana di fratelli. Questo ci consentirà di vivere un rapporto solidale, di aprirci al mondo con tutte le opportune ed indispensabili politiche, di promuovere nel mondo nuovi stili di vita improntati all'azione fraterna e di solidarietà, ma soprattutto di promuovere nella coppia e nella famiglia quell'atteggiamento che ha improntato tutta la vita di Maria: la speranza. Perché Lui ha fatto cose meravigliose, cf Sal 97 (98). E ancora ne farà.


Traccia per la revisione di vita

1) Che cos'è Maria per me: un'immagine da adorare o un modello al quale avvicinarsi con sensibilità?

2) Nel rapporto con gli altri, e soprattutto con il coniuge, attuo comportamenti di cattura o di accettazione della loro differenza e "alterità"?

3) La mia famiglia è capace di abbracciare e gestire le paure, le fragilità, le difficoltà di tutti i suoi componenti?

4) Vivo ed evangelizzo, come Maria, la speranza?

Commento a cura di Anna e Luigi Ghia

 

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