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TESTO Commento su Luca 3,1-6

don Daniele Muraro  

II Domenica di Avvento (Anno C) (10/12/2006)

Vangelo: Lc 3,1-6 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 3,1-6

1Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, 2sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:

Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri!

5Ogni burrone sarà riempito,

ogni monte e ogni colle sarà abbassato;

le vie tortuose diverranno diritte

e quelle impervie, spianate.

6Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui.

Per le prossime due settimane in questo tempo di Avvento ci accompagnerà la figura di san Giovanni Battista, nostro patrono. Egli è colui che ha il compito di preparare la strada a Gesù. Il Vangelo inserisce la sua missione nel contesto della geografia e della storia dell'epoca. Tiberio Cesare era imperatore ormai da quindici anni e come governatore della provincia della Giudea era già insediato Ponzio Pilato, mentre in Galilea comandava Erode. Nella situazione un po' confusa della politica dell'epoca san Luca dà anche conto di altri staterelli intorno: l'Iturea e la Traconitide, e poi l'Abilene. Ognuno voleva avere il suo piccolo potere: erano tutti vassalli di Roma, ma ciascuno si sforzava di conservare la sua indipendenza che invece a Gerusalemme era già stata persa. Là comandavano i Romani nella persona del procuratore Ponzio Pilato. A Gerusalemme però risiedeva l'autorità religiosa, che si idenficava in due persone: Anna e Caifa', parenti, entrambi sommi sacerdoti. Il sommo sacerdote doveva essere uno solo, ma evidentemente c'erano stati dei contrasti e perciò si era arrivati ad un compromesso.

La situazione generale dunque era abbastanza intricata, ma la Parola di Dio, come dice l'Evangelista, salta a piè pari questi ostacoli e scende senza chiedere il permesso di nessun'altra autorità su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli allora comincia a predicare, andando su e giù lungo le sponde del fiume Giordano.

Il contenuto della sua predicazione è forte e chiaro: presto sarebbe arrivato il Messia, occorreva fargli trovare una accoglienza degna, e le strade da raddrizzare erano quelle della propria condotta morale e spirituale. Bisognava dunque mettersi all'opera ad emendare la propria vita, perché non mancava tanto tempo.

San Giovanni diventa anche Battezzatore, da qui il soprannome di Battista, dicendo che questo gesto era necessario per manifestare la propria personale determinazione ad abbandonare il male. Egli infatti predicava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.

Dunque il Battista sapeva di avere una missione da compiere e non si tirò indietro, anzi diede una scossa a tutta comunità religiosa del suo tempo.

Domenica prossima sentiremo che venivano a lui da ogni parte della Palestina, credenti ebrei, ma anche soldati romani, gente della città di Gerusalemme e anche della campagna, Giudei e anche Samaritani.

Suscita ammirazione come il Battista portò avanti con tutte le forze l'incarico che sentiva di avere ricevuto dall'alto, senza trascurarlo, anzi coinvolgendosi interamente perfino nella scelta dell'abbigliamento e dell'alimentazione. La sua missione lo aveva conquistato, e vi si impegnava con tutte le sue forze. Certamente su lui la pigrizia non aveva fatto presa.

Mi voglio trattenere un attimo a parlare con voi appunto su questo tema della pigrizia, in particolare della pigrizia a riguardo delle cose religiose.

Conosciamo la storiella: i bambini piccoli sono troppo giovani per pensare a Dio, i giovani sono troppo presi dai divertimenti per pensare a Dio; gli adulti sono troppo occupati dai loro doveri professionali e familiari per pensare a Dio, finché non diventa troppo tardi per pensare a Dio. Questa rischia di essere la parabola dell'esistenza cristiana nel nostro tempo, in cui si rimanda sempre l'appuntamento con Dio.

L'ebreo che non raccoglieva la manna di buon mattino, una volta sorto il sole, non gli era più possibile, perché si scioglieva. Quando trascuriamo di raccogliere le dolcezze e le delizie dell'amore di Dio nel tempo opportuno, il Signore le allontana da noi per punire la nostra pigrizia.

"Temo il Signore che passa" diceva sant'Agostino; passa oltre dove non viene accolto, passa e i doni che stava per distribuire rischiano di essere perduti per sempre.

Come civiltà millenaria noi ci siamo già liberati dal cosiddetto argomento pigro: l'argomento pigro è il ragionamento in base al quale, se noi lo seguissimo, non faremmo assolutamente niente nella vita. Immaginiamo un commerciante che al mattino, quando è il momento di aprire il negozio dica: "Se è destino che oggi mi arrivino i clienti, verranno, altrimenti che bisogno c'è che apra la vetrina e mi affanni a rifornirla di merce?". Certamente quel commerciante quel giorno non farà tanti affari.

Questa attitudine a rimandare e a trascurare, se è stata vinta per quanto riguarda le occupazioni materiali, negli ultimi decenni è rispuntata fuori per quello che riguarda invece i doveri religiosi. Prima praticamente e poi anche astrattamente si è incominciato a giustificare una certa tiepidezza nei confronti delle cose di Dio, giungendo in alcuni casi perfino a cancellare la voce che lo riguarda dall'agenda della propria coscienza.

Si comincia con il dire: "che bisogno c'è di venire a Messa la domenica, posso pregare anche nel privato della mia coscienza" e si finisce per dubitare perfino dell'esistenza di Dio e di avere un'anima immortale.

Di Dio ci si ricorda qualche volta durante l'anno, in occasione delle feste principali, o peggio si tagliano per sempre i ponti con lui. Il suo volto da quello di un Dio vivo e personale, assume i tratti di una vecchia fotografia, impolverata e sgualcita e alla fine irriconoscibile.

Dovremmo però imparare dalle faccende materiali a non trascurare ciò che ha più valore. Come per gli interessi di questo mondo siamo solleciti a sfruttare le occasioni e a far valere i nostri diritti, così nelle cose di fede non è un buon ragionamento rimandare. Se aspettiamo che la fede ci arrivi a casa per corrispondenza, che ce la porti Babbo Natale, in pacchetto regalo, con tanto di libretto di istruzioni allegato, siamo degli illusi.

La fede rimane un dono, però ne gode chi non rimane indifferente ai suoi appelli, e fa lo sforzo di apririgli la porta. In questo senso la fede è anche una conquista che si ottiene spostando avanti metro per metro il confine della nostra capacità di affidamento e di abnegazione.

Al Dio che ci viene incontro vanno tolti gli impedimenti a rivelarsi che possono essere a seconda dei casi, o i monti del nostro orgoglio o le le voragini dei nostri vizi o le paludi della nostra pigrizia.

A pensarci bene la nostra vita spirituale è appesa ad un filo. Allo stesso modo di come gli acrobati che camminano sulla corda tesa bisogna che non siano minimamente disattenti (infatti, se anche si distraessero per un solo istante, si verificherebbe un grave danno: l'acrobata precipiterebbe immediatamente); parimenti, abbiamo anche noi il dovere di non essere distratti e pigri, soprattutto nelle cose spirituali. Non è bello cadere nel sonno e poi risvegliarsi nel precipizio.

A chi non vuole far fatiche, il terren produce ortiche e le ortiche nel campo spirituale sono la pochezza d'animo, la distrazione, l'insoddisfazione interiore, il rancore e la disperazione.

Ogni tragedia spirituale inizia proprio con un rilassamento della coscienza che non vigila più abbastanza. Ogni volta che Cristo nella barca della nostra vita dorme, quando il nostro pigro riposo lo fa addormentare in noi, si scatena la tempesta con tutte le forze dei venti.

Non c'è cosa tanto facile, che non diventi difficile se la fai contro voglia, ma non c'è fatica più appagante di quella che ci permette di incontrare il nostro Salvatore.

La pigrizia dal canto suo cerca o sembra cercare quiete, ma esiste quiete sicura senza il Signore? All'inizio il peso dei precetti di Dio ci sembra schiacciare, quando però siamo riusciti a sollevarci e a gettare in Lui ogni nostra oppressione camminiamo più leggeri ed esperimentiamo una forza che non viene da noi. Questi semplici pensieri ci servano di incoraggiamento nel nostro personale cammino dell'Avvento ormai giunto anche quest'anno alla seconda settimana.

 

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