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TESTO Commento su Matteo 24,37-44

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I Domenica di Avvento (Anno A) (02/12/2007)

Vangelo: Mt 24,37-44 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 24,37-44

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 37Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, 39e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. 40Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. 41Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.

42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.

Il tema di questa prima domenica di Avvento (e dell'anno liturgico) è la vigilanza.
Ci sono almeno due modi di intendere questo atteggiamento.

C'è una vigilanza passiva. È la vigilanza di chi ha paura, di chi vive costantemente nell'ansia, talvolta nell'angoscia. Si tratta di uno stato d'animo difficile da combattere: non si "ha" l'angoscia, si "è" angosciati. E lo si è per la sorte di un proprio caro, per il timore dell'infedeltà del coniuge, per una malattia improvvisa e dall'esito incerto, per il timore di perdere i propri beni o il posto di lavoro, per la morte... Ma anche per le vicende politiche, per le sorti della Chiesa...Chi vive nella paura tende ad erigere attorno a sé degli steccati, sogna la società d'un tempo circondata, non solo metaforicamente, da alte e solide mura. La paura rende conservatori, ripiegati su sé stessi, inflessibili, sonnolenti, chiusi nei confronti degli altri, del prossimo e dello straniero.

Ma c'è anche una vigilanza attiva, serena, confidente. La vigilanza di chi non è sonnolente, ma sveglio, e attento a cogliere quelli che Papa Giovanni XXIII aveva chiamato "i segni dei tempi", che non sono i segni di un tempo di tenebre, di ignoranza e di peccato, ma i tempi della luce perché indicano i barlumi di una liberazione in atto. E sono anche i tempi della nostra conversione, cioè del nostro cambiamento di mentalità che solo può introdurci nel tempo di Dio.

Questo messaggio di ottimismo e di speranza è presente nelle letture che oggi proclamiamo.

La prima lettura è tratta dal libro di Isaia. Il profeta, in un momento di crisi profonda di Israele, un tempo di buio e di ripiegamento sugli idoli, svela a Sion il misterioso agire di Dio nella storia degli uomini. Dio non vuole la guerra, ma la pace e la concordia tra i popoli: una pace attiva, non semplicemente l'assenza di guerra, una pace simboleggiata dalla trasformazione delle spade in aratri, delle lance in falci. L'orizzonte è certamente profetico, alcuni direbbero utopico. Eppure l'utopia, non intesa come qualcosa che non potrà mai essere realizzata, bensì come un evento impedito dalla sonnolenza degli uomini e delle donne, è pur sempre l'orizzonte di Dio.

Questo evento di pace trova in Gerusalemme il suo punto di convergenza. Nel Salmo 121 l'incontro con il Signore è descritto come il luogo antropologico e teologico della gioia, quella stessa con la quale "andremo alla casa del Signore", verso la quale "salgono insieme le tribù per lodare il nome del Signore" e per "chiedere pace per Gerusalemme".

Ma è soprattutto nella seconda lettura, tratta dalla lettera di Paolo ai cristiani di Roma, che il tema della salvezza trova la sua attualizzazione più specifica e più incisiva per tutti noi, apprendisti cristiani. Il brano della lettera ai Romani è importante perché Paolo opera una rilettura di tutta la storia della salvezza in funzione della persona e dell'opera salvifica di Cristo. Per questo suo carattere teologico essa ha svolto un ruolo di primo piano nello sviluppo del pensiero cristiano. Per un cristiano, infatti, tutta la legge è la persona di Cristo il quale ci comunica uno spirito di libertà e ci fornisce un modello irrinunciabile di vita.

Nell'Evangelo, il tema della vigilanza si fa ancora più esplicito: "Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore verrà" (Mt 24,42). Questa condizione di veglia permanente è il tratto caratteristico del cristiano: egli vive nella notte – l'unica sua lampada è quella della speranza – senza mai essere della notte, perché la veglia e la sobrietà (cf I Ts 5,5-6) lo gravita verso la luce. Ma il cristiano sa anche di non essere un privilegiato. Uomo completamente uomo tra gli uomini, la sua fede non lo libera dal dubbio, né dalle tenebre. E tuttavia questa fede gli consente di vivere pienamente il tempo presente nella condizione del provvisorio e dell'attesa. Non ossessionato dai peccata mundi (i peccati del mondo), ma attento a contrastare il peccatum in mundo, il male radicale presente nel mondo.

Questa condizione è il paradigma della nostra vita di coppia e di famiglia. Anche a noi Dio, come già a Sion, si rivela non sempre e non necessariamente nel tempo della gioia, ma quanto più frequentemente nel tempo della notte. Ci chiede di avere un cuore libero e occhi limpidi per poterci incontrare con Lui; per far sì che egli sia sempre il nostro modello di vita; per riconoscerlo nelle persone che vivono accanto a noi anche se esse hanno stili di vita, modelli ed orizzonti diversi dai nostri; per non addormentarci mai, vegliando sempre sul nostro amore perché esso non è scontato. Non basta infatti il sacramento del matrimonio per preservalo dalla corruzione e dallo scacco, serve la nostra vigilanza attiva, il rinnovare il "sì" ogni attimo della nostra vita. Cuore libero e occhi limpidi anche per cogliere, con intelligenza e prontezza, i cambiamenti del tempo: Dio infatti non ci parla solo con la sua Parola ma anche attraverso la storia che è altrettanto obbligante. In questo senso un cristiano conservatore è un non senso, una contraddizione.

Alimentiamo con la preghiera e con il costante riferimento alla Parola e all'attenzione ai "segni dei tempi" questa attesa, perché essa non diventi il tempo delle occasioni perdute.

Traccia per la revisione di vita

1) Riesco a riconoscere la presenza di Dio nella mia vita anche nel tempo della notte, delle tenebre, delle difficoltà e delle crisi?

2) Nella mia vita sono paralizzato dalla paura o vivo gli eventi quotidiana con serenità?

3) So riconoscere i "segni dei tempi" negli avvenimenti della storia? Con quale spirito li considero?

4) Come coppia siamo disposti a rinnovarci la nostra promessa ogni giorno della vita, vigilando sul nostro amore e ritenendo il nostro incontro non un evento casuale, ma il segno di un progetto di Dio su di noi?

Commento a cura di Anna e Luigi Ghia

 

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