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TESTO Commento Marco 7,31-37

don Daniele Muraro  

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (10/09/2006)

Vangelo: Mc 7,31-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui.

Il Vangelo ci racconta la guarigione di un sordomuto. Essa avviene in disparte, alla sola presenza degli accompagnatori e possiamo immaginare di alcuni discepoli. Dopo il miracolo Gesù raccomanda di non dire niente a nessuno, ma più Egli lo raccomandava, più essi, gli accompagnatori del sordomuto, ne parlano. Non è l'unica volta nel Vangelo che Gesù impone il silenzio ai suoi interlocutori. Egli comincia la sua missione nella sinagoga di Nazareth sgridando il demonio e obbligandolo a tacere. In un altro contesto quando san Pietro fa la sua professione di fede, immediatamente Gesù replica comandando severamente agli apostoli presenti di non parlare di questo a nessuno.

"Siate prudenti come i serpenti, e semplici come le colombe" aveva raccomandato una volta Gesù i suoi discepoli ed è proprio sulla prudenza che oggi mi voglio trattenere con voi.

Ai nostri giorni sembra che la prudenza si riduca ad una virtù da praticare sulle strade e quindi riguardi un settore limitato della vita, seppure importante: quello degli spostamenti nel traffico.

La prudenza alla guida però è solo un aspetto e neanche il più importante di questa che è la prima delle virtù. Scegliere con sagacia le cose giovevoli in mezzo a quelle che potrebbero nuocere è un esercizio costante della nostra intelligenza, non solo quando si tratta di schivare un ostacolo e di imboccare la corsia migliore per arrivare a destinazione, ma anche in mille altre circostanze, da quando si va a fare la spesa a quando si conversa con gli amici, a quando si devono prendere le decisioni più importanti come per esempio quale lavoro intraprendere o dove mettere su casa.

La sistemazione ideale è impossibile trovarla, sempre ci saranno motivi pro e motivi contro una determinata scelta: allora entra in campo la prudenza, che ci istruisce con accortezza su dove si trova il bene maggiore in mezzo a tanti rischi e difficoltà.

La prudenza infatti è la conoscenza delle cose da perseguire e di quelle da evitare. Sarebbe troppo bello e anche irrealistico che la vita fosse solamente un accumulo di profitti e che il problema principale fosse quello di ammassare quanto più possibile esperienze su esperienze in una progressione che non ha mai fine. Solo gli ingenui possono pensare in questa maniera. Il corpo sociale è pieno di cicatrici e questo ci dovrebbe pur dire qualcosa.

Purtroppo però il più delle volte la maniera per uscire da questa ingenuità consiste nel pagare di persona un prezzo più o meno alto alla propria sventatezza.

Solo quando uno ci ha rimesso di persona è l'ora che si convince che il mondo non è un parco di divertimenti e che bisogna distinguere attentamente fra attrazione e attrazione perché non tutti i padiglioni di questo immenso spettacolo che è il mondo mantengono quello che promettono.

Le cose di cui si occupa la prudenza sono le azioni contingenti eseguibili, nelle quali può esserci mescolanza di bene e di male come di vero e di falso, per la varietà di queste operazioni, in cui spesso il bene è impedito dal male, e il male può avere l'aspetto di bene. Perciò la prudenza deve armarsi di cautela, in modo da cogliere il bene, evitando il male.

Per la prudenza si richiede la circospezione in modo che uno, nell'ordinare una cosa al suo fine, tenga presente anche le circostanze. Per riassumere l'uomo prudente dovrebbe essere come uno spillo: la testa gli dovrebbe impedire di andare troppo oltre.

Siamo arrivati così ad una obiezione che gira nell'aria contro la prudenza e che si può riassumere nel proverbio: "chi non risica non rosica!".

Sembra che chi mette in pratica la virtù della prudenza abbia già in anticipo rinunciato a vivere, o almeno a godere degli aspetti migliori della vita. Finché uno lascia trattenere dallo scrupolo morale di valutare se conviene o no approfittare di una determinata occasione, l'opportunità gli si dilegua davanti senza lasciare spazio al ripensamento. Effettivamente quella di "cogliere l'attimo fuggente" sembra la disposizione d'animo di parecchi individui nella nostra società.

La prudenza non si deve confondere con il timore che paralizza; non è detto però che nell'agitazione si riesca a sfruttare le opportunità nel modo migliore: altro infatti è spostare il baricentro in avanti per muoversi, altro è perdere l'equilibrio e andare gambe all'aria.

Anche la sollecitudine eccessiva è sbagliata. Per questo nel discorso della Montagna Gesù dice di non preoccuparsi per il domani. Domani qui sta per il futuro Infatti: "A ciascun giorno basta la sua pena", cioè l'affanno della preoccupazione.

La prudenza entra in gioco proprio in questi casi, perché ci aiuta a distinguere di che cosa è giusto preoccuparsi per l'oggi e di che cosa invece è bene lasciare l'affanno al domani, perché non è ragionevole per esempio iscrivere un figlio all'Università prima ancora che abbia terminato l'asilo.

Dunque la prudenza non ha niente a che fare né con la pigrizia che è un allontanare da noi le responsabilità né con l'avarizia che invece è confidare troppo nelle cose materiali invece che nella rettitudine della propria condotta.

"Beato l'uomo che ha trovato la sapienza e il mortale che ha acquistato la prudenza, dice Salomone, perché il suo possesso è preferibile a quello dell'argento e il suo provento a quello dell'oro. Essa è più preziosa delle perle e neppure l'oggetto più caro la uguaglia."

La vera prudenza ci insegna anche ad evitare le insidie di una forma apparente di prudenza che è l'astuzia, sia quando questa astuzia viene subita, perché si viene raggirati, sia quando questa astuzia viene praticata, perché siamo noi che ci proponiamo di ingannare.

Sia la frode e che l'inganno sono forme di prudenza secondo il mondo, ma entrambi sono calcoli che alla fine non tornano. In pellicceria vanno più pelli di volpi che di asini. Quando i furbi vanno in processione, è il diavolo che porta la croce davanti!

Esempi a non finire di questa prudenza secondo il mondo li possiamo trovare ogni giorno nel mondo dell'informazione. Riporto solo un esempio lontano:

Quando nel 1815 Napoleone fuggì dall'Isola d'Elba, il Moniteur che era il giornale ufficiale francese fece una serie di titoli. All'inizio: - Il brigante è fuggito dall'Isola d'Elba; poi - L'usurpatore è arrivato a Grenoble; poi ancora - Napoleone entra a Lione; e infine - L'Imperatore arriva stasera a Parigi!

"Per questo pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della sapienza. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto." È ancora Salomone che parla.

Il saggio Re Salomone ci fa capire che la prudenza non è solo una virtù privata, da mettere in pratica ciascuno per conto suo, ma è una virtù sociale: lontano da ogni astuzia essa assicura una buona conduzione della cosa pubblica, perché è previdente, accorta e conseguente. All'opposto della prudenza stanno infatti la temerarietà o precipitazione, la sconsideratezza e l'incostanza, qualità quanto mai pericolose soprattutto quando ci si trova a decidere anche per gli altri.

Dove c'è prudenza non v'è penitenza dice la saggezza popolare e la prudenza non è mai troppa conferma il proverbio forse più noto sull'argomento. Non si può sperare successo nelle proprie imprese se non da una prudente esecuzione e ad una ancora più prudente deliberazione.

Allora in conclusione stamattina leviamo a Dio la nostra preghiera perché siamo prudenti nel giudicare le decisioni altrui, come chi decide sia prudente nel trattare quello che riguarda il bene comune.

 

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