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TESTO Commento su Marco 5,21-43

don Daniele Muraro  

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (02/07/2006)

Vangelo: Mc 5,21-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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21Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». 24Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

25Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». 29E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

30E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». 31I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». 32Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

35Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». 36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». 37E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 40E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. 41Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». 42E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui.

Oggi il Vangelo ci parla di due miracoli, uno dentro l'altro, anzi il primo viene ad interrompere l'esecuzione del secondo. Prima ottiene la guarigione una donna malata da dodici anni, poi viene resuscitata una giovinetta, diremmo adesso una preadolescente, di dodici anni di età.

Il primo miracolo non era previsto, viene quasi scippato a Gesù; una donna si avvicina alle sue spalle e gli tocca il mantello, senza dire niente. Ciò è sufficiente perché essa si senta sanata. Poi ritorna a confondersi con la folla.

Gesù però si accorge di quello che è successo e lo fa capire. E' una scena abbastanza curiosa: la donna guarita si avvicina impaurita a Gesù: il Vangelo dice che era tremante. Gesù però non la rimprovera. Essa gli dice tutta la verità e Gesù gli risponde: "La tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita."

L'interruzione sembra complicare il successo del secondo intervento di Gesù, quello per cui era stato chiamato all'inizio. Infatti arriva la notizia che la fanciulla è morta. Non c'è più bisogno di disturbare il maestro. Ma come nel caso precedente Gesù chiede solo di avere fede. Salito in camera sua, Gesù prende per mano la fanciulla e questa si alza in piedi, cammina e poi gli si prepara da mangiare.

Con questi due miracoli Gesù dimostra la sua benevolenza nei confronti dell'umanità. Egli non rifiuta di incontrare la gente, anzi si mescola volentieri con essa. Potremmo dire che Egli si spende senza riserve per le persone che lo vogliono avvicinare. Subito prima della moltiplicazione dei pani l'evangelista san Marco annota: "Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare." Quando i capi prendono la decisione di catturare Gesù, evitano di farlo in pubblico, perché non succeda un tumulto di popolo.

In Gesù si sono manifestati la bontà di Dio e il suo amore per gli uomini.

Ed è proprio della bontà o benevolenza che oggi voglio parlare. Avrete capito che si tratta ancora di due frutti dello Spirito santo. Partiamo dalla bontà.

Questa bontà Gesù l'ha messa in pratica in sommo grado. Egli stesso ha realizzato quello che aveva insegnato. Nel Vangelo secondo Matteo infatti troviamo detto: "Se uno ti costringerà a fare un miglio con lui, tu fanne con lui due. Da' a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle."

La bontà è una virtù tanto scontata che quasi si fa fatica a trovare qualcosa da dire a riguardo. Le persone buone si riconoscono in faccia. Sembra che la bontà sia più una questione di carattere che di altro. Ci sono alcuni che per carattere sono più buoni e disponibili di altri.

Ci viene in soccorso a questo punto la parola benevolenza. Essa ci insegna che per essere buoni non serve sentirsi tali, essere portati, quanto volerlo. Infatti benevolenza significa propriamente voler bene a qualcuno.

Oggi siamo tutti pronti ad accettare la beneficienza e infatti si moltiplicano le iniziative di raccolte di fondi per le più svariate necessità, ma dovremmo ricordarci più spesso che il beneficare nasce dal ben volere, ossia la beneficienza con la sua ultima conseguenza che è l'elemosina, presuppone un atteggiamento interiore necessario senza il quale essa si svuota di contenuto ed è la virtù della benevolenza. Per capire la differenza fra benevolenza e beneficienza vi racconto questo episodio della vita di san Francesco.

Nella Regola troviamo scritto: "Si guardino i frati, ovunque saranno, negli eremi o in altri luoghi, di non appropriarsi di alcun luogo e di non contenderlo ad alcuno. E chiunque verrà da essi, amico o nemico, ladro o brigante, sia ricevuto con bontà." Ci fu l'occasione anche di mettere in pratica quanto ordinato.

In un eremitaggio situato sopra Borgo San Sepolcro, venivano di tanto in tanto certi ladroni a domandare del pane. Costoro stavano appiattati nelle folte selve di quella contrada e talora ne uscivano, e si appostavano lungo le strade per derubare i passanti.

Per questo motivo, alcuni frati dell'eremo dicevano: " Non è bene dare l'elemosina a costoro, che sono dei ladroni e fanno tanto male alla gente ". Altri, considerando che i briganti venivano a elemosinare umilmente, sospinti da grave necessità, davano loro qualche volta del pane, sempre esortandoli a cambiar vita e fare penitenza.

Ed ecco giungere in quel romitorio Francesco. I frati gli esposero il loro dilemma: dovevano oppure no donare il pane a quei malviventi? Rispose il Santo: "Se farete quello che vi suggerisco, ho fiducia nel Signore che riuscirete a conquistare quelle anime". E seguitò: "Andate, acquistate del buon pane e del buon vino, portate le provviste ai briganti nella selva dove stanno rintanati, e gridate: Fratelli ladroni, venite da noi! Siamo i frati, e vi portiamo del buon pane e del buon vino. Quelli accorreranno all'istante. Voi allora stendete una tovaglia per terra, disponete sopra i pani e il vino, e serviteli con rispetto e buon umore. Finito che abbiano di mangiare, proporrete loro le parole del Signore. Chiuderete l'esortazione chiedendo loro per amore di Dio, un primo piacere, e cioè che vi promettano di non percuotere o comunque maltrattare le persone. Giacché, se esigete da loro tutto in una volta, non vi starebbero a sentire. Ma così, toccati dal rispetto e affetto che dimostrate, ve lo prometteranno senz'altro.

E il giorno successivo tornate da loro e, in premio della buona promessa fattavi, aggiungete al pane e al vino delle uova e del formaggio; portate ogni cosa ai briganti e serviteli. Dopo il pasto direte: Perché starvene qui tutto il giorno, a morire di fame e a patire stenti, a ordire tanti danni nelI'intenzione e nel fatto, a causa dei quali rischiate la perdizione dell'anima, se non vi ravvedete? Meglio è servire il Signore, e Lui in questa vita vi provvederà del necessario e alla fine salverà le vostre anime. E il Signore, nella sua misericordia, ispirerà i ladroni a mutar vita, commossi dal vostro rispetto ed affetto".

Si mossero i frati e fecero ogni cosa come aveva suggerito Francesco. I ladroni, per la misericordia e grazia che Dio fece scendere su di loro, ascoltarono ed eseguirono punto per punto le richieste espresse loro dai frati. Molto più per l'affabilità e l'amicizia dimostrata loro dai frati, cominciarono a portare sulle loro spalle la legna al romitorio. Finalmente, per la bontà di Dio e la cortesia e amicizia dei frati, alcuni di quei briganti entrarono nell'Ordine, altri si convertirono a penitenza, promettendo nelle mani dei frati che d'allora in poi non avrebbero più perpetrato quei mali e sarebbero vissuti con il lavoro delle loro mani."

Un altro esempio tratto dalla vita di Madre Teresa di Calcutta. Madre Teresa è comunemente accettata da credenti di tutte le religioni e anche dai non credenti come un modello di bontà umana senza riserve. Ebbene un giorno un giornalista americano la incontrò in ospedale mentre medicava una ferita ributtante di un ammalato e, osservandola, uscì in questa espressione: «Io non farei questo neanche per un miliardo di dollari». E suor Teresa dolcemente rispose: «E neppure io per un miliardo di dollari ma per amore di Gesù Cristo, sì».

Dunque c'è una benevolenza che precede ogni beneficienza e questa benevolenza viene direttamente da Dio. Come dice san Paolo "è Dio infatti che suscita in noi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni."

Una parola anche sui vizî contrari. Alla benevolenza si oppone l'invidia. Facendo del bene agli altri però facciamo anche il nostro bene: "Un padre disse una volta che chi prende dell'olio nel cavo della mano per massaggiarne un malato beneficia per primo dell'unzione dell'olio fatta dalla sua mano. Così colui che prega per un fratello in pena, ancor prima che questi ne profitti ha la sua parte di profitto lui stesso, per l'intenzione della carità. Preghiamo dunque "gli uni per gli altri al fine d'esser guariti"."

Alla beneficienza si oppone la durezza di cuore. Anche qui faccio una citazione. Un fratello chiese a un anziano: "È bene mostrar fermezza di carattere verso il prossimo? ". L'anziano gli rispose: "Tutta questa fermezza di carattere che non ha la forza di spezzare un laccio! Vuoi mostrare carattere contro tuo fratello? Se vuoi mostrarne, sia contro le tue passioni "

Accogliamo perciò l'esempio dei santi e disponiamoci anche noi ad amare Dio nel nostro prossimo, come Gesù ci ha insegnato e ha fatto.

 

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