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TESTO Basta un granello di fede

Marco Pedron  

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (07/10/2007)

Vangelo: Lc 17,5-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,5-10

In quel tempo, 5gli apostoli dissero al Signore: 6«Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.

7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? 8Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Nel vangelo di oggi gli apostoli pongono a Gesù una richiesta: "Aumenta la nostra fede". Il fatto che gliela pongano indica già una consapevolezza: sentono il bisogno di crescere, di aumentare la propria fede; si rendono conto di aver molto bisogno di imparare, di cambiare, di evolvere. Questo è già molto! Rendersi conto che quello che si è non basta è la prima spinta per poter poi cercare e cambiare. Alcune persone, pur avendone tanto bisogno, neppure sentono il desiderio di progredire. Altre, invece, hanno così tanta paura che sono bloccate da tutto, sono terrorizzate "dall'aumentare".

Gesù non risponde dicendo: "Fate questo, o fate quell'altro" e neppure risponde dicendo: "Si o no". Gesù dà loro un criterio descrittivo per vedere quanta fede hanno: "Se hai fede quanto un granello di senapa, puoi dire ad un gelso: "Sii sradicato e trapiantato nel mare", ed esso lo fa".

Un granello di senape è piccolo come una pulce, minuscolo, quasi invisibile. Ma una volta seminato velocissimamente cresce, e nell'arco di un anno quel piccolo seme può divenire un albero anche di tre o quattro metri.

Il gelso, invece è un albero secolare, può vivere anche seicento anni, ha radici profonde, che si abbarbicano nella terra. E'un albero molto difficile da sradicare, simbolo di solidità, di staticità, di inamovibilità. E che un gelso si radichi nel mare, beh è alquanto difficile (cioè impossibile)!

Allora qui Gesù dice: "Se aveste un po' di fede, di fede vera, autentica, trasparente, nulla vi sarebbe impossibile, nessun ostacolo potrebbe fermare il vostro cammino". Nel vangelo troviamo spesso frasi del genere: "Tutto è possibile per chi crede; la tua fede ti ha salvato; chi ha fede sposta le montagne; tutto ciò che chiederete, credete e vi sarà dato".

Se vuoi vedere la tua fede, la tua fiducia in Dio e nella Vita guarda a come reagisci di fronte agli ostacoli. C'è un "bel problema" nella tua vita. Se hai un briciolo di fede (è piccolissimo il granello di senapa!) compi miracoli enormi. Te ne basta poca di fiducia, perché un po' di fiducia produce una forza enorme (il piccolo granello di senapa diventa un albero enorme).

Una donna è stata lasciata e screditata vigliaccamente e falsamente dal marito. Il marito le ha tolto casa e soldi, lasciandola sul lastrico e ha fatto credere a tutti (usando la sua influenza e notorietà in società) che la colpa sia sua. Così si ritrova con quattro figli, a quasi cinquant'anni, senza lavoro e senza nulla. Ecco il gelso: un problema impossibile da affrontare. Il primo pensiero: "Mi sparo!". Il secondo: "E' finita!". Il terzo: "Che vergogna, come posso uscire di casa?". Cos'è che salva? Un briciolo di fede! Così un po' alla volta ne ha parlato con qualcuno; si è fatta aiutare moralmente e materialmente; si è fatta seguire da uno psicologo; ha cercato un valido avvocato; ha preteso i suoi diritti; ha affrontato il marito, ecc. Quel briciolo di fede le ha dato una forza enorme (è diventato un albero grande, grande) e il gelso è finito nel mare (cioè l'impossibile si è realizzato).

Un ragazzo di 35 anni ha scoperto di essere ancora legato interiormente a sua madre: per questo nessuna ragazza fa per lui. Terapia: per un mese rompere in contatti con la propria madre: "Ma come faccio? Ma cosa dirà? Ma poi ci soffre! Ma poverina! Impossibile! Ma neanche telefonarle? Ma almeno vederla una volta la settimana!". Vuoi o non vuoi distaccarti da lei? Ecco il gelso: "Come posso stare un mese senza sentirla né vederla?". Basta un briciolo di fede. Così gliel'ha detto e sua madre, tra l'altro, gli ha risposto: "Se è per il tuo bene, lo farò volentieri!" e poi ha iniziato. È stato molto difficile in certi giorni ma c'è riuscito. La cosa incredibile è che l'ultimo giorno della terapia ha trovato la fidanzata (la vita è incredibile!).

Il gelso sono i tuoi ostacoli. Tu li guardi e dici: "Impossibile! Non ce la farò mai! Troppo grande". Gelso è la paura di cambiare e di non sapere cosa accadrà poi; il timore di affrontare una paura; la paura di non avere le forze per reggere; la paura di conoscersi e di guardarsi dentro; la paura di affrontare chi temiamo o chi consideriamo superiori; la paura di rimanere da soli che ci fa accattonare l'amore; la paura di essere impopolari; un "salto" di vita che dovresti fare ma di cui sei terrorizzato; un sogno da inseguire che tutti deridono; una malattia che ti si manifesta e di cui hai paura, ecc. Ma basta un po' di fede. Tu inizia; tu datti da fare; tu mettiti in movimento e scoprirai che quella piccola fede diventerà enorme (piccolo seme che diventa un albero enorme) e compirà l'impossibile.

Tutti dicono: "Ho poca fede! Aumenta la mia fede!". E Gesù: "Lo so che ne hai poca, è normale. Fidati di quel poco che hai! Fallo crescere! Nutri il poco che c'è in te (il piccolo seme di senapa)... e vedrai!".

La fede non è le tue preghiere. La fede è la fiducia, la convinzione, la certezza, la percezione interna di essere amati, di essere degni d'amore, di essere protetti e di avere la forza per affrontare ciò che abbiamo davanti. La fede non è quello che sai ma quello che vivi, che hai dentro; è il sentimento, la forza e l'energia. La religione è l'insieme delle mie pratiche. La fede è la vitalità e l'energia che ho dentro. La religione è: i regali e le attenzioni che ho per la mia fidanzata: sono galante, cortese, le regalo un mazzo di fiori, un anello, la porto fuori a cena. L'amore è la forza del sentimento che ho dentro, la passione che nutro per lei, il desiderio che mi brucia nel cuore. Capite!

Da come reagisci di fronte alle difficoltà, agli imprevisti, agli ostacoli, puoi constatare la tua fiducia nella vita, fin dalle piccole cose.

Sei in ritardo ad un appuntamento a cui ci tieni. Cosa pensi? L'uomo senza fede inizia a dire: "Ti pareva? Ma proprio sta volta! Che rabbia!"; e corri a più non posso per la strada. L'uomo con fede dice: "Mi dispiace, pazienza. Arriverò quando arriverò". E si mette il cuore in pace.

Ti alzi la mattina e il primo pensiero che fai è: "Oddio altre otto ore di lavoro!". L'uomo con un po' di fiducia dice: "Beh, chissà cosa accadrà oggi!".

I pensieri persecutori: "Il futuro è incerto; il mondo va sempre peggio; non ti puoi fidare di nessuno; chissà cosa mi riserva l'avvenire; e se non ce la faccio?; e se accadrà questa cosa?; e se avrò una malattia?; come cresceranno i miei figli?; ecc.". E' chiaro che qui c'è solo tanta paura e poca fiducia.

La fiducia non toglie i problemi e le difficoltà, ma dà la pace per poterli affrontare. L'uomo di fede vive una fiducia profonda: "Io sono protetto da Dio; Lui è con me. Se Lui è con me, di cosa ho paura? Perché mi devo preoccupare? Perché devo temere?". Un uomo così affronta ogni cosa con una potenza energetica che davvero piega gli eventi e le situazioni a suo favore.

La fiducia in Dio aumenta la fede in sé. Ma la fede è più della fede in sé. Posso trovarmi di fronte ad un problema e dirmi: "Io non ce la faccio". Ma la fiducia in Dio mi dice: "Io, il Capo, la Luce, ti sono vicino. Non aver paura, stai tranquillo! Ci sono io!". Allora mi dico: "Mi fido di Lui e troverò da qualche parte e in qualche modo la forza in me per affrontare ciò che si deve fare. Se Lui mi ha detto che c'è, mi fido". E questo mi genera una fiducia e una forza enorme. Per questo chi ha veramente fede ha davvero una grande fiducia in sé.

Il gelso rappresenta pure i nostri schemi malsani e per cambiare i nostri schemi ci vuole fede.

I nostri schemi ci fanno agire in maniera automatica: tic-tac.

In questi giorni hanno cambiato la viabilità per andare a Padova. Io facevo sempre la solita strada e mentre la percorrevo pensavo ad altre cose, parlavo col viva-voce al telefono, guardavo il tempo. Non pensavo neanche alla strada: agivo come un automa. Avevo messo un programma e lo seguivo meccanicamente. Avevano cambiato la viabilità e non si poteva più passare per di là, ma il mio programma continuava ad andare in automatico: così quattro-cinque volte ho sempre fatto quella strada.

Il nostro cervello funziona così: un neurone manda uno stimolo ad un altro neurone che risponde in maniera automatica, cioè come ha sempre fatto. E' fondamentale che sia così: pensate se non fosse automatico, ad esempio, mangiare. Ogni volta di fronte al cibo inizieremmo a chiederci: "Come si mangia? Con quale mano si prende la forchetta? Da quale parte si prende la forchetta? Che movimento devo fare con la forchetta?". Sarebbe una tragedia mangiare se non avessimo imparato (apprendimento) a mangiare in maniera automatica, senza farci tutte queste domande.

Così tra un neurone e l'altro del nostro cervello si crea una via preferenziale, più facile, più diretta, più comoda che risponde sempre nella stessa maniera. Per cambiare dobbiamo fermarci un attimo e in maniera consapevole scegliere un altro modo di rapportarci alla realtà (il nostro cervello ha almeno altre sette connessioni tra un neurone e l'altro, quindi almeno altre sei soluzioni!). Ma cambiare ci fa paura perché è cambiare via, lasciare quella più facile, comoda, solita, automatica e seguire quella nuova, mai intrapresa e quindi un po' più in salita. Ma fatta alcune volte poi diventa automatica.

Da piccolo un cane ti ha morso. Tu da grande ogni volta che vedi un cane, hai una paura folle e pensi: "Adesso mi salta addosso!". Magari è un chiuaua, ma tu vai in automatico: sembra impossibile non avere paura.

Tutte le domeniche devi andare a trovare tua madre e se non ci vai ti senti in colpa. Lo hai imparato da piccolo; tua madre soffriva molto e l'unico che sembrava darle sollievo eri tu. Così tu adesso vai in automatico: "Solo io posso far felice mia madre" e così tutte le domeniche sei lì.

C'è un uomo che se non dice le preghiere prima di andare a letto non riesce a dormire. Dire le preghiere prima di dormire è buono: mi aiuta a riepilogare la giornata, a ringraziare per quanto ho vissuto, a gustare ciò che mi è successo, a riconoscere la Sua presenza nella mia giornata. Ma se diventa un'ossessione che non fa dormire allora diventa patologico. Questo uomo va in automatico: alcune volte si dimentica di dirle ma non riesce a prendere sonno ed è tutto tormentato. Quando poi si accorge e le dice, sistematicamente s'addormenta (per lui, sono un buon sonnifero!). Questo perché sua madre da piccolo gli diceva: "Guarda che se non dici le preghiere, poi viene il diavolo che ti prende e ti porta via!". E lui va ancora in automatico.

C'è un uomo che non riesce mai a portare a compimento nulla. Inizia nuoto, un corso di chitarra, un impegno in parrocchia ma non riesce mai arrivare alla fine. Perfino nel lavoro è così! E con sua moglie dentro di sé pensa: "Prima o poi finirà". Non ha motivi di pensare così, ma lo pensa ugualmente: va in automatico. Quand'era piccolo, sua madre stette veramente male e lui fu costretto ad andare per alcuni mesi a vivere dai nonni. Gli dissero che la madre sarebbe morta in breve tempo che "non avrebbe fatto in tempo a finire l'asilo". Dentro di lui ci fu immediata l'associazione: "Non posso finire la scuola materna altrimenti mia mamma muore". Così oggi non finisce nulla perché ha il terrore (inconscio) di perderla (lo so che non è logico per noi, ma lo è per il cervello!).

Tu non riesci a non compiacere gli altri. Sei sempre sorridente (anche se ti trattano come una pezza da piedi), non ti arrabbi mai, non ti difendi e piuttosto di creare grane ti ritiri sulla difensiva o lasci perdere. Non riesci a fare diversamente: l'hai imparato da piccolo quando tua madre era sempre depressa e triste e tu non potevi far altro che aiutarla, compiacerla, cercare di farla star bene. Adesso vai in automatico: fai così con tutti.

Aver fede vuol dire: "Riconosco i miei automatismi che mi fanno vivere come un robot e li rompo". Spacco, spezzo, cambio le dinamiche automatiche che vivo senza neppure sapere di averle. Mi credo libero e invece sono un manichino che reagisce in maniera determinata. Più vivo di automatismi, di pensieri fatti, di idee degli altri, di frasi ricorrenti e preconfezionate, di ciò che fan/pensan tutti; più sono uno come tutti, uniformato, adeguato, adattato al sistema, e più sono condizionato e, quindi, meno libero.

Fede, fiducia, vuol dire che le cose si possono fare in maniera diversa. Fede, fiducia, vuol dire che ciò che sembra impossibile si può affrontare.

Il contrario della fede, della fiducia è la fissazione.

Fissazione è quando rispetto ad un'idea, ad una situazione, ad un comportamento, reagiamo sempre allo stesso modo. Ci siamo fissati, fermati, e non c'è verso di cambiare prospettiva o idea.

Il figlio se n'è andato di casa per andare a convivere con una donna divorziata. La madre ne ha fatto una fissazione: "Ma guarda che disgrazia che mi è capitata!". Siccome lui non ha fatto come lei avrebbe voluto, lei si sente tradita e non c'è verso di farle cambiare idea. Lo schema è: "Posso permettere a mio figlio di lasciarmi solo se si sposa con una donna libera". Ma siccome lui non ha fatto così, lei si è fissata nella sua posizione e non riesce a perdonarlo.

Un uomo ha detto: "Io a messa lì non ci vado più perché non si recita il Credo di una volta" (si recita la formula battesimale). E' una fissazione: "O si fa tutto uguale ad una volta altrimenti io non ci sto".

Quando Copernico, Galileo e altri dissero: "Non è l'universo che gira attorno alla terra ma la terra che gira attorno al sole", si disse: "Impossibile!". Era una fissazione: si era sempre pensato una cosa e sembrava impossibile cambiarla.

Quando nel secolo scorso si iniziò a dire: "L'atomo (che vuol dire letteralmente indivisibile: a privativo vuol dire "non" e "tomos" da "temno" vuol dire "tagliare"; atomo="non tagliabile") si può dividere", all'inizio si disse: "Impossibile!". Ma era impossibile solo perché le persone si erano fissate su quest'idea.

Quando qualcuno iniziò a dire: "Facciamo la messa in italiano perché in latino non si capisce niente", la prima reazione fu: "Assolutamente no. Si è sempre fatto così!". Ma era solo una fissazione.

Fissazione è quando sei come un gelso, ostinato sulle tue posizioni, cocciuto e testardo ("Si è sempre fatto così!"), e per paura di cambiare e di ciò che comporta, ti ostini a percorrere la solita via, quella conosciuta e più facile.

Einstein (e se ne intendeva di queste cose!) diceva: "Spezzare l'atomo è nulla in confronto a spezzare il pregiudizio!".

La nostra società è piena di fissazioni. Persone che hanno deciso una cosa e quella rimane per tutta la vita. La fissazione impedisce di crescere ma preclude la fatica e la sofferenza nel trovare nuove strade più consone alla situazione. Molte persone si sono fatte un'idea sulle cose e per loro quella è la realtà. Un'idea sull'amore: l'amore è così. Un'idea su Dio: Dio è così. Un'idea sulla politica: la politica è così. "Questa cosa si fa così e basta; quella persona per quanto possa fare sarà sempre così (è una sentenza di morte!); non potrò più perdonarlo; le cose vanno sempre così allo stesso modo; non cambierà mai".

C'è una storia su come noi a volte siamo fissati come un gelso. La piccola Mary era in spiaggia con la madre. "Mamma posso giocare con la sabbia?". "No, tesoro, se no ti sporchi i vestiti". "Posso entrare con i piedi nell'acqua?". "No, se ti bagni ti viene il raffreddore". "Mamma posso andare a giocare con gli altri bambini?". "No, se non poi ti perdi". "Mamma, mi compri il gelato?". "No, se no ti fa venire il mal di gola". La piccola Mary, allora scoppiò a piangere. La madre si rivolse ad una signora lì presente e le disse: "Per amor del cielo! Ha mai visto una bambina più nevrotica?".

La fede è innanzitutto elasticità, non rimanere ancorati, fissati, sclerotizzati nelle nostre posizioni o nelle nostre idee o nei nostri schemi. Fede è potere cambiare, poter divenire. Fede è poter dire alle nostre rigidità: "Vattene". Fede è dare possibilità alle persone, è credere nel Dio che le abita. Fede è donar fiducia.

Nella seconda parte del vangelo Gesù fa un altro esempio tratto dal modo di vivere del tempo. Un servo che rientra dai lavori dei campi o dell'allevamento non si mette a tavola con il suo padrone, ma lo serve finché il padrone non abbia finito. Solo dopo potrà anche lui mangiare. Solo quando non sarà più utile al suo padrone perché avrà compiuto tutto ciò che doveva compiere, solo allora potrà considerarsi a posto.

E' un esempio e va capito. Inutile non vuol dire miserabile, indegno: definisce il momento in cui il servo ha compiuto tutto e non deve fare altro. Il servo in realtà è molto utile al padrone. L'identificazione non è sull'essere servi rispetto ad un padrone che pretende da noi, come se noi fossimo solo esecutori, pii e umili obbedienti, come se noi dovessimo solo fare perché siamo servi. L'identificazione si realizza nel momento in cui, dopo aver fatto tutto, non c'è altro da fare; nel momento in cui uno s'accorge d'aver fatto tutto e d'essere non-utile perché non può fare più niente.

Un uomo aveva seri problemi di comunicazione e d'incontro con sua moglie. "Dovete farvi aiutare", gli dicono. Tutti gli amici cercano di aiutarli: "Così non andrete avanti tanto". Ma cosa decidono loro? Decidono che la soluzione è costruirsi un'altra casa. Perché farsi una casa li unisce. Tutti li sconsigliano, ma niente da fare.

Giunti a questo punto, che si fa? Quando ce l'hai messa tutta, quando le hai provate tutte, non puoi nient'altro che dire: "Sono servo inutile. Ho fatto tutto quello che dovevo fare", e te ne vai a letto tranquillo perché non tutto dipende da te.

Si fa così tanto per i ragazzi del catechismo. Ci si prepara, si fanno le uscite, i campiscuola, gli incontri di formazione per i genitori, si anima la messa, si impara tecniche nuove e sempre più vicine ai ragazzi. E' molto frustrante, a volte, che si preferisca a tutto a questo: lo shopping, il supermercato, "era stanco", "si è dimenticato", "la domenica è l'unico giorno dove possiamo dormire". Ma quando succede, che si fa? Continua a fare la tua parte, fino in fondo, con tutta la passione e l'amore che puoi. E quando hai fatto tutto dì: "Sono servo inutile, ho fatto tutto quello che potevo fare", e te ne vai a letto tranquillo. E se un giorno qualcuno dirà: "Padre, mio figlio frequenta brutte compagnie...; si è allontanato dalla chiesa...; non mi ascolta più", rispondi con grande serenità, senza nessun astio e desiderio di vendetta, ma con verità: "Adesso signora? Bisognava pensarci prima!".

Tu puoi mandare un sacco di messaggi agli altri e darti tantissimo da fare: "Lavori troppo; te la stai raccontando; hai nascosto il problema; stai facendo finta di niente; ma non vedi che sei freddo come una pietra?; sei sempre in competizione con tua moglie per avere l'ultima parola; hai bisogno di fermarti; fai un po' di silenzio; rientra in te; perché trattieni il tuo dolore?; non ti serve a niente fare così; non vedi che sei insoddisfatto?; perché accusi gli altri quando è la tua vita che non funziona?; sei pieno di rabbia; sei sull'orlo; hai bisogno di aiuto; sei staccato da te; usi gli altri, ecc". Ma se gli altri non li recepiscono che si fa? Fai la tua parte con tutta la passione che puoi. Quando hai fatto tutto, poi dì: "Ho fatto tutto ciò che potevo, adesso non servo più".

Essere "servi inutili" è veramente liberante (inutile nel senso di "non più utile", non che io sia stato inutile). Altrimenti la vita diventa ansiosa perché se tutto dipende da te ti distruggi, ti fai centomila sensi di colpa, non va mai bene niente e c'è sempre dell'altro da fare.

"Servi inutili" vuol dire: "Io faccio tutta la mia parte e la faccio fino in fondo. Ma so che non sono Dio e che non tutto dipende da me. So che ci sono forze più grandi di me e so che non posso cambiare la testa agli altri. Quindi faccio la mia parte fino in fondo e con tutta la passione che posso. Ma fatto questo, allargo le braccia, lascio le proprie responsabilità alle persone e vado a letto sereno".

Di fronte a tante situazioni, che si fa? "Ma se avessi... forse però... se non avessi detto quella parola... avessi fatto diversamente... forse potevo fare di più...". "Che si fa?". Si allarga le braccia e ci si affida alla Madre Vita e a nostro Padre Dio. Bisogna saper riconoscere ciò che possiamo fare, ciò che dipende da noi, quanto noi possiamo aiutare, influenzare ed essere di sostegno alle persone e quanto dipende dagli altri. Faccio tutto quello che dipende da me ma non posso fare ciò che tocca a te.

Fa male... fa terribilmente male vedere che una persona si rovina con le sue mani. Ti verrebbe voglia di prenderla e di scuoterla; ti verrebbe voglia di sostituirti; cosa non faresti, cosa non daresti. E' che non si può. E' che non serve. Fa male vedersi con le mani legate; fa così male vedere che le persone potrebbero uscire dal mare e salvarsi e, invece, a volte decidono di annegarci dentro. Ma se uno non si vuole salvare dal mare chi lo può tirare fuori? Accettare che non tutto dipende da noi, dalla nostra reale e buona fede e volontà, ci fa male. Ci sbatte in faccia il nostro limite (che devo riconoscere). Ci sbatte in faccia che non siamo Dio. Allora è importante per me sapere quando è il momento di dire: "Sono servo inutile: di più non posso fare". E' importante per me fare la mia parte, tutta, fino in fondo, ma sapere anche dove tu devi fare la tua. E se uno ha deciso il contrario è una sua decisione e tirerà le sue conseguenze; se uno vuole affogare nessuno lo può salvare.

Ce l'hai messa tutta? Adesso basta. Adesso sei un servo inutile. Adesso vai a letto, sta in pace e dormi tranquillo. "Siamo servi inutili. Abbiamo fatto tutto quanto dovevamo fare".

E' meraviglioso avere la consapevolezza di essere servi inutili.

Quando in un percorso di accompagnamento la persona cresce, diventa autonoma e si sviluppa, viene un momento in cui chi la guida deve dirle: "Ti ho insegnato tutto ciò che sapevo e ti sono stato d'aiuto. Adesso non ti posso più aiutare, adesso sono "servo inutile"".

Quando si è a capo di un'associazione, di un organizzazione, di un'istituzione, è fondamentale essere consapevoli di quando, dopo aver fatto tutto ciò che era nelle proprie possibilità, è ora di tirarsi in parte, è ora di andarsene, è ora di lasciare spazio ad altri. Si tratta di essere coscienti che lì si è fatto e dato tutto ciò che si aveva. Adesso basta, perché se si rimane lì, e non si ha nient'altro da dare, ci si fossilizza.

E' fondamentale, quando si è genitori, ad un certo punto dire ai propri figli: "Ti abbiamo dato tutto quello che avevamo; ti abbiamo insegnato tutto ciò che sapevamo; adesso sei grande e noi non ti siamo più di aiuto (certo che possiamo aiutarli, capite!!!). Vai per la tua strada!". Si può essere servi inutili perché si è stati servi utili. Ma se si ha dei rimorsi oppure se si ha bisogno di essere utili allora ci si attacca alle persone e non le si lascia andare. E, invece, bisogna sapere ed essere ben consapevoli quando si è utili e quando non si è più utili.

Gli antichi indiani quando arrivavano alla vecchiaia e sentivano di non essere più utili (nel senso che avevano dato tutto ciò che dovevano dare, che avevano vissuto una vita piena e ricca e che erano felici della loro esistenza), andavano nella foresta da soli a passare il tempo che gli rimaneva. Poter vivere con tutta l'intensità, la forza e la passione questa vita ed essere consapevoli di quando è ora di lasciarla perché si è dato tutto quello che si aveva e si aveva da dare: questa è dignità e questo è vivere. Come Gesù che in croce disse: "Tutto è compiuto! Adesso sono servo inutile". Ho vissuto con tutta la passione e la forza che potevo, ho annunciato tutto ciò che dovevo annunciare e testimoniato tutto ciò che dovevo testimoniare. Ho fatto tutto ciò che dovevo fare e realizzato per cui sono nato.

Essere servi inutili è la sensazione di aver vissuto al massimo, tutto, di non essersi sottratti a nulla, di essere andati fino in fondo. Per questo adesso si può dire: "Tutto è compiuto".

Pensiero della settimana
"La vita con tutti i suoi segreti mi è nuovamente accanto,
come se la potessi toccare.
Ho la sensazione di riposare sul suo petto nudo,
di sentire il battito regolare e leggero del suo cuore.

Sono fra le braccia della vita e ci sto così sicura e così protetta.
Penso: com'è strano. C'è la guerra.
Ci sono i campi di concentramento.
Piccole barbarie si accumulano di giorno in giorno.

Camminando per le strade, io so che in quella casa c'è un figlio in prigione, in quell'altra un padre preso in ostaggio,
o un figlio diciottenne condannato a morte.
E questo capita a due passi da casa mia.

So quanta gente è agitata, conosco il grande dolore umano che si accumula e si accumula, la persecuzione e l'oppressione, l'odio impotente e il sadismo: so che tutte queste cose esistono, e continuo a guardar bene in faccia ogni pezzetto di realtà nemica.

Eppure, in un momento di abbandono, io mi ritrovo sul petto nudo della vita e le sue braccia mi circondano così dolci e protettive, e il battito del suo cuore non so ancora descriverlo: così lento e regolare e così dolce, quasi smorzato, ma così fedele, come se non dovesse arrestarsi mai, e anche così buono e misericordioso.

Io sento la vita in questo modo, né credo che una guerra, o altre insensate barbarie umane, potranno mai cambiarvi qualcosa.

... Guardo la vita in mezzo a tutto questo orrore che mi circonda: eppure è così bella la vita, così perfetta la vita.
...Non ci posso far niente io sento così:
meravigliosamente questa vita e questa mia vita".

(Dal Diario 1941-1943 di Etty Hillesum, Adelphi)

 

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