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TESTO Quando sei nato non puoi più nasconderti

Marco Pedron  

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (21/10/2007)

Vangelo: Lc 18,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 1diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Il vangelo di Lc oggi ci presenta questa parabola. A prima vista sembra una parabola semplice, ma se la si legge con calma, con attenzione, con cura, si coglie lo spostamento del centro che si è verificato.

Il centro della parabola, all'inizio, era la donna che lottava con tenacia, senza arrendersi. La parabola infatti diceva: "C'era una donna e c'era un giudice ingiusto". La situazione sembrava irreversibile, senza via di scampo. Eppure la tenacia della donna ha piegato il destino. Così il giudice, di fronte alla sua insistenza, l'ha ascoltata (18,2-5).

All'inizio, sulle labbra di Gesù, il senso della parabola era: "Lotta con tenacia e non ti arrendere". Il che poteva valere per la preghiera come per qualunque altra cosa. Il volere una cosa con tutto se stessi e con tutte le proprie forze, spesso la fa accadere.

Poi il centro della parabola si è spostato dalla donna al giudice. Perché?

Quando Lc scrive, infatti, la situazione è cambiata. Questo brano, infatti, si trova in una sezione detta piccola apocalissi (17,22-18,8) dove Lc descrive le persecuzioni e i conflitti dei primi cristiani dopo la morte del Signore. In questa nuova situazione i credenti soffrono i malvagi e tutto sembra lottare contro di loro (espulsioni, ingiurie, denunce, interrogatori, martiri, ecc). Satana adesso sembra scatenarsi e vincere. Lo stesso Signore sembra averli abbandonati e loro si sentono persi. Lo stesso Signore sembra essersi rinchiuso nel suo silenzio e non ascoltarli più.

Allora i cristiani dicevano: "Ma Lui dov'è? Ma guarda che mondo! Ma non ci ascolta? Ma cosa fa Lui?". Ed ecco la risposta di Lc: "Ma sì che Dio vi ascolta. Se perfino un giudice iniquo, malvagio, ascolta una donna, anche solo per togliersela dai piedi, come potete pensare che Dio non ascolti voi, il vostro dolore e i vostri drammi? State tranquilli Lui vi ascolta, anzi, vi dico, che non vi farà aspettare tanto ma che farà giustizia presto" (18,1.6-7).

Lc continua: "Anzi non ti preoccupare se Lui ti ascolta o no. Questa cosa è certa. Piuttosto preoccupati di mantenere salda la tua fede, di non perderla perché sul fatto che Lui venga o meno, non ci sono dubbi: verrà" (18,8). Quindi prega per non perdere la fede in un momento duro come questo.

Lo spostamento è quindi chiaro: da Gesù a Lc, dalla donna al giudice, dal "mettici tutta la forza" al "prega per non perdere la tua fede".

Oggi la parabola dice: "Fa' quello che dipende da te: prega". Ma sulle labbra di Gesù la parabola diceva: "Fa' tutto quello che dipende da te (preghiera, lotta, tenacia, rivendicazione, protesta, ecc) e non arrenderti di fronte ad un no".

La parabola detta da Gesù non parlava della preghiera. La preghiera è solo un'applicazione (ai primi cristiani non rimaneva altro che fare questo; non potevano fare nient'altro).

La parabola ci presenta un giudice. Per la Bibbia i giudici avrebbero avuto il compito proprio di difendere i più deboli: vedove, bambini e poveri. In realtà spesso la Bibbia condanna le ingiustizie che si commettono, con la complicità e l'appoggio degli stessi giudici (1 Re 21,8-14; Am 5,10-33; Mic 3,1-2); come si vede, da che mondo è mondo, i problemi di oggi ci sono sempre stati!

Il giudice non teme nessuno, se ne infischia di quello che la gente può dire in giro. Non ha una coscienza morale sviluppata che gli crea sensi di colpa o che lo faccia pensare o soffrire rispetto a ciò che fa. Fa il male e, per lui, non c'è nessun problema.

C'è anche una vedova. Le vedove erano la categoria più debole della società perché non avevano né lavoro né protezione.

Questa vedova continuava ad andare dal giudice: il verbo (in greco all'imperfetto) vuol dire che ci andava sempre, ogni giorno. Oggi si direbbe: "Era un sidio! Era na' rompi....".

Poiché la vedova si rivolge ad un solo giudice, e non davanti ad una corte giudiziaria, allora siamo certi che si tratta di una questione di soldi. La donna (probabilmente) dev'essere pagata (credito con qualcuno, eredità da ricevere) ma non ha i soldi per "comprarsi" il magistrato e per farsi giustizia.

Siamo di fronte quindi ad una situazione apparentemente impossibile: il giudice è un opportunista e uno che fa solo i fatti suoi. La donna soldi da dargli non ne ha. Che altro rimane da fare se non arrendersi?

Tre rane finirono in un grande bidone di latte. Il problema fu che saltate dentro non riuscivano più ad uscire fuori. Nel latte non c'era un punto d'appoggio solido per uscire. Provarono e riprovarono ma non ci fu nulla da fare. Due si arresero: non c'era niente da fare e annegarono nel latte. Un'altra nuotò anche se non c'era nessuna possibilità di uscirne, e nuotò così tanto da trasformare il latte in burro. Trasformato che fu in burro, riuscì a saltare fuori. Questa è fede.

La maggior parte della gente di fronte alle situazioni dice: "Impossibile da superare!". In effetti non tutto nella vita si può superare. Ma tutto si può affrontare.

Le persone dicono: "Non ce la faccio!". "Ma ci hai provato?". Perché spesso la gente abbandona l'impresa ancora prima di provarci, o al primo tentativo andato male. Molte persone dicono: "La partita è persa!". "Ma se devi ancora giocartela?". Attenzione perché noi spesso scambiamo per "impossibile" ciò che è solo "difficile" o "non come vogliamo noi".

C'è chi si rassegna: "Sì, non c'è niente da fare. Troppo forte per me questa situazione. Io non posso competere con lui. Mi devo adeguare".

C'è chi fa la vittima: "Povero me; capitano tutte a me; un'altra volta!; ecco ti pareva!; in che mondo viviamo!; ma perché sono così sfortunato?".

Vi ricordate di quando vostra madre vi diceva: "Vai a prendere il sale sullo scaffale in cucina". Voi andavate e poi dicevate: "Non c'è!". Continuavate a cercarlo e poi le dicevate: "Non riesco a trovarlo". Così arrivava lei e prendeva il sale che stava proprio lì sullo scaffale davanti a voi: "Ma sei orbo? Non vedi che ce l'hai davanti?". Il punto è che tu dentro di te avevi già programmato: "Non ci riesco; non lo troverò; non ho voglia di portarglielo e quindi di trovarlo, ecc". E così non potevi di certo trovarlo.

Questo vangelo dice: "Provaci, non far finta; provaci per davvero; non guardare alla difficoltà, fidati di te, delle tue forze e soprattutto del fatto che Io sono con te; non so se ce la farai ma lotta con tutto te stesso, come quella donna". Una persona dice: "Vorrei cambiare; sono insoddisfatto di me e del mio carattere". Così decide di andare da un counselor per farsi aiutare. Dopo tre incontri (!?): "Non c'è niente da fare, sono sempre lo stesso".

Un'altra persona: "La mia fede si sta spegnendo". Così prende la decisione di frequentare degli incontri sul vangelo. Dopo un po' torna e dice: "Penso che si sia spento tutto". "Quante volte ci sei andato?". "Tre" (!?).

Una coppia: "Ci stiamo allontanando". Così decidono di portare i figli dalla nonna e di ritagliarsi una sera alla settimana per stare insieme, parlarsi, avere dell'intimità, andare al cinema o mangiare una pizza. Dopo alcuni mesi tornano: "Speravamo che qualcosa cambiasse, ma siamo al punto di partenza". "Vi siete presi il vostro giorno settimanale libero?". "Ah, sì, padre, l'abbiamo fatto ben due volte" (!?).

Non fingere: provaci, insisti, con tutto te stesso, con tutta la tua forza e usando tutte le strategie possibili.

La strategia della donna non è molto ortodossa ma funziona: rompere le scatole!

Il verbo greco 'hypopiazein' (hypo=sotto e ops=occhio) vuol dire "colpire sotto l'occhio, fare un occhio nero, dare una sberla", quindi "finché non venga ad aggredirmi". E' l'immagine di chi prende un pugno che lo mette k.o. In realtà è poco verosimile che questa donna potesse far ciò.

In senso figurato il verbo può significare invece "seccare, importunare, far fuori, far diventare nero il volto, diffamare, far perdere la faccia". Per il giudice la vedova è proprio una seccatura, una rompiscatole. Non è che tu devi fare così (ce ne sono già tante di persone così in giro!); ma se ci tieni ad una cosa, se una cosa per te è importante, allora usa tutte le strategie possibili.

C'è un barbone che viene da me a chiedermi l'elemosina ogni giorno. Per le prime due settimane non gli ho dato niente. Ma lui continua imperterrito a venire e a suonare il campanello tutti i giorni. Ha molta fede quell'uomo (fede che otterrà!). Infatti, pur di cavarmelo dai piedi, ogni volta gli do due euro.

I bambini conoscono benissimo questa strategia. Siamo alla sagra e un bambino vuole dello zucchero filato. Il genitore: "No". Così il bambino piange. Il genitore: "Puoi piangere finché vuoi tanto non te lo compro". Il bambino piange ininterrottamente per un quarto d'ora. Allora il genitore esausto, dice: "Va bene te lo prendo, purché la smetti". Questa è fede.

Cosa fai quando una tua situazione ingiusta non viene considerata? Cosa fai quando qualcuno ti dice un no? Facciamo un tentativo, due, tre, poi smettiamo e ci sentiamo vittime che non possono fare niente. Invece questa parabola fa un grande invito: "Insisti (che qui vuol dire "rompere le balle", essere insistenti, assillanti)". In-sistere vuol dire "stare in quella cosa": non mi arrendo. Ci tengo e non mollo l'osso.

Thomas Edison per trovare il filamento più adeguato per la lampadina elettrica fece migliaia di esperimenti ad esclusione. Dopo averne fatti 9.999, un amico gli chiese: "Hai forse intenzione di andare incontro a 10.000 fallimenti?". Lui rispose: "Non sono fallimenti, sono scoperte; ho scoperto che anche questo non funziona". E, infatti, alla fine, scoprì il filamento giusto. Questa è fede.

Insisto non perché sono cocciuto o testardo e non voglio vedere che è impossibile. C'è un uomo che è stato lasciato da sua moglie dopo tre anni di matrimonio. Adesso ha trent'anni. Le persone gli dicono: "Perché non ti trovi una compagna?". "Perché io so che lei ritornerà!". Ma è un'illusione della sua testa, è un non vedere la realtà, perché lei ha già un altro con cui convive e per nulla al mondo tornerà indietro.

Insisto perché aver tenacia, non arrendersi, dice quanto noi crediamo in quella cosa, quanto noi ne siamo coinvolti, quanto è importante per noi. Lottare significa che metto tutta la mia energia per ciò che è importante; lottare è credere che Dio mi dà una mano (ed è proprio così!); lottare è aver la fiducia che si troverà una soluzione.

Certo che se voglio la mia soluzione altrimenti niente (cioè rifiuto alcuna soluzione), allora, forse, non la troverò mai.

Molte persone confondono le due cose: lottano, ma tentano di piegare il destino alla loro volontà. Pensano: "Se ce la metto tutta, avverrà come credo io". Ma questa non è lotta, è magia (è il bambino che prega così tanto che crede che il suo sogno si avvererà). Lottare vuol dire: non ti arrendere e abbi fede. Perché c'è una soluzione, perché c'è una via d'uscita, perché si può affrontare questa situazione; magari però non come pensi o come vorresti tu.

Fede non è: Dio fa' come voglio io (che le cose cioè si pieghino alla mia volontà). Questa è onnipotenza! Fede è essere certi (e se lo saremo, avverrà) che c'è un modo per affrontare la situazione.

Lottare significa: "Mi amo!". Se mi amo, lotto per me. Lotto perché io sono importante. Ogni volta che rinuncio ad un mio diritto, che rinuncio ad esprimermi, a farmi sentire, mi sto lentamente uccidendo.

E perché poi gli altri dovrebbero rispettarci se poi neppure noi lo facciamo. Se ti ami, lotta per te.

La situazione della vedova sembra già persa in partenza. Eppure lei ha una cosa che fa la differenza: la fede. Questa donna, non sa come, ma ha la fiducia che qualcosa possa cambiare e agisce in conseguenza.

Se tu non credi che qualcosa possa cambiare (fede, fiducia) non cambierà. Questo è un assioma della vita. Ma se tu credi che qualcosa cambierà, se tu ne sei sicuro e ti attivi per questo, stanne certo che accadrà. Anche questo è un assioma della vita. So che sembra incredibile (infatti è fede, non logica): ma se tu ci credi in una cosa, tutte le forze esistenti lottano con te; e se tu non ci credi, tutte le forze esistenti lottano contro di te.

In realtà tutto questo è scientifico: la fede attiva tutta una serie di memorie favorevoli del cervello che permettono il verificarsi di quella cosa; mentre la non fede attiva le memorie sfavorevoli.

Norman Cousin diceva: "Per guarire non sempre i farmaci sono necessari, ma la fede sempre". E' stato fatto un esperimento su pazienti ulcerosi. Divisi in due gruppi: al primo fu somministrato un farmaco nuovo, sperimentale ma che, dicevano i medici, aveva poteri straordinari; addirittura, forse, li avrebbe fatti guarire. Infatti il 70% di loro ottenne da piccoli ad enormi benefici. Al secondo gruppo fu somministrato un farmaco i cui effetti, a detta dei medici, erano totalmente ignoti. Solo il 25% dei pazienti ottenne dei miglioramenti. Essendo lo stesso farmaco per i due gruppi, vedete che differenza! Il primo gruppo aveva una speranza, una fiducia nel farmaco, molto più grande del secondo gruppo, e si è visto! Ma non è questo la cosa straordinaria: il farmaco, in entrambi i casi, non era un farmaco. Non aveva nessun proprietà. Solo che i pazienti non lo sapevano.

C'è un uomo che a 31 anni è fallito come uomo d'affari; a 32 è stato bocciato ad un'elezione politica; a 34 un'altra bocciatura politica; a 35 gli è morta l'amata moglie; a 36 ha avuto un crollo psichico; a 38 ha perso un'altra elezione politica; a 43 non è riuscito a farsi eleggere deputato; a 46 e a 48 ci ha riprovato ed è stato di nuovo bocciato; a 55 non è riuscito a farsi eleggere senatore e così a 58. Uno sfigato? A 60 anni è stato eletto presidente degli Stati Uniti. Il suo nome è Abraham Lincoln.

Virgilio dice una cosa meravigliosa: "Possono perché credono di potere".

Se tu non credi di potercela fare, non ce la farai. Si racconta questa storia: il grande generale giapponese Nobunaga decise di attaccare anche se aveva solo un soldato per ogni dieci soldati nemici. Era sicuro che avrebbero vinto, ma i suoi soldati erano pieni di dubbi. Mentre erano in cammino verso il campo di battaglia, si fermarono ad un santuario scintoistico. Dopo aver pregato nel santuario, Nobunaga uscì e disse: "Ora getterò in aria una moneta. Se viene testa vinceremo. Se croce, prederemo. Ora il destino rivelerà il suo gioco". Gettò in aria una moneta. Venne testa. I soldati erano così desiderosi di combattere che vinsero facilmente la battaglia. Il giorno dopo un assistente disse a Nobunaga: "Nessuno può cambiare il destino". "Giustissimo", disse Nobunaga, mostrandogli una moneta che aveva testa su entrambe la facce. Se tu credi, sarà!

Al contrario Outlaw dice: "Occhio ai tuoi pensieri, perché si trasformano in parole! Occhio alle tue parole, perché si trasformano in azioni! Occhio alle tue azioni, perché si trasformano in atteggiamenti! Occhio ai tuoi atteggiamenti perché si trasformano in carattere! Occhio al tuo carattere perché si trasforma in destino".

In questo vangelo la vedova è la parte ferita, lesa, vulnerabile, quella che sente le emozioni. La vedova è una parte di noi.

Ma dentro di noi c'è anche il giudice. E' quella voce che dice: "Tientelo per te; non far vedere quello che provi; non farti vedere che piangi; non farai mica vedere che ci sei stato male?; non farai mica vedere che ti sei arrabbiato per queste cose?; non farti vedere che sei triste; non mostrare che sei preoccupato; non farai mica vedere che questo è un problema per te?; non farai mica vedere che hai paura?". Il giudice è quella voce dentro di noi che dice: "Zitto; mettiti in un angolo!; egoista, pensi sempre a te!; c'è chi sta peggio di te!; sai come lo farai star male se esprimi questa cosa!; bisogna adattarsi (=subire)". Il giudice dice: "Non creare casini!; poi si litiga; poi si arrabbia; è un tuo genitore, gli devi rispetto!; se alzi la voce poi provi un'emozione forte dentro di te; poi ne sei scombussolato; se lo fai ti rifiuta o ti lascia; se lo fai te la farà pagare; con tutto quello che fa per te!, ecc".

E poi quella voce distruttiva che ci hanno passato: "Porta pazienza!". Col cavolo, che porto pazienza! Con questa strategia c'è stato imposto di tutto, c'è stato fatto sopportare di tutto e di più. Le atrocità della vita accadono per due motivi: uno perché c'è chi le fa; e due perché c'è chi lo sa e non dice nulla.

Nel vangelo la vedova interviene: "Col cavolo!, che me ne sto zitta! Rivendico i miei diritti; rivendico il mio diritto di parola; rivendico la mia dignità; rivendico il rispetto; rivendico che ci sono anch'io". La vedova dice: "Per niente al mondo tu o giudice mi chiuderai la bocca; io voglio che la mia situazione, la mia emozione, sia considerata".

Quando sei nato non puoi più nasconderti (titolo di un film di Marco Tullio Giordana): ci sei, esisti! Fatti sentire, non nasconderti.

Fai come la vedova: non ingoiare e non farti andare bene la sofferenza. La cosa peggiore non è soffrire (come quella vedova), ma adattarsi alla sofferenza ("tutti soffrono!"), giustificarla ("la sofferenza ti insegna cose importanti"), assecondarla ("se è volontà di Dio, la accetto").

Una donna: "Mio marito va sempre al bar; non mi parla e quando è in casa pretende un sacco di cose da me. Devo essere sempre disponibile, fisicamente e moralmente. Quando lui parla io devo essere pronta per lui". Poi continua: "Io offro tutto a Dio. E' il mio sacrificio per Lui". Non credere che Dio sia contento del tuo sacrificio. Dio vuole la vita non la morte (tua). Dio è più felice, e tu stai meglio, se inizi a mettere dei paletti, a dirgli di no, smettendo di subire.

Il silenzio di tuo marito ti ferisce. Glielo dici o no? Da una parte stai male, ma dall'altra se tiri fuori la questione si creano delle tensioni. Che si fa? Una voce ti dice: "Porta pazienza, stai zitta". Un'altra ti dice: "Fa' sentire la tua sofferenza".

Al lavoro: non ti senti considerato. Una voce dice: "E' così, sei dipendente, non comandi tu, non puoi fare niente". L'altra: "E' giusto che tu tiri fuori ciò che non fa".

Eredità: quattro fratelli maschi e una sorella femmina. I fratelli decidono (in base a cosa non si capisce) che, se la loro sorella vuole la sua parte di eredità, si prenderà in casa la madre sola. Non è giusto, ma lei abituata a subire, non sa cosa fare ed è paralizzata dal senso di colpa: "Ma come faccio a dire di no a mia madre?". Non è questo punto: cinque fratelli, diritti e doveri uguali per tutti.

Il padre superiore sposta di mansione un confratello (in questi momenti si è sempre confratelli! bah!?), mettendolo in un posto dove lui non vuole andarci. Sa che se ci andrà il padre superiore sarà molto contento e guadagnerà stima ai suoi occhi (il papà di un tempo). Dice lui: "E poi io sono tenuto all'obbedienza" (l'obbedienza non è servilismo). Solo che andarci è tradire se stesso. Ma se non ci andrà deluderà il padre superiore. Che si fa? Tradire se stessi e accettare; oppure deludere il superiore e dirgli di no?

La vedova e il giudice sono dentro di te. La vedova dice: "Voglio giustizia anche per me! Voglio vivere! Ci sono anch'io!".

Il giudice dentro di te invece dice: "Come ti permetti? Zitta tu! Non rompere".

Il vangelo ti invita e ti stimola: "Tira fuori la tua voce; lotta per la tua causa; se rompi a qualcuno, pazienza: il fatto di esistere comporta che non puoi andare bene a tutti; fatti sentire; non ti arrendere".

La cosa peggiore che tu puoi fare a te è metterti il bavaglio e condannarti al silenzio forzato. Non ucciderti, amati: datti spazio e datti voce; tu ci sei, fatti sentire.

Pensiero della settimana
Esisto; io esisto. Dio lo vuole: per questo ci sono.
Non devo dimostrare a nessuno il mio valore.
Non devo meritarmi e "fare il bravo" per esserci.

Non devo giustificare ciò che faccio per non farmi rifiutare.
Non devo comprarmi l'approvazione degli altri adeguandomi.

Non devo nascondermi per ciò che io o i miei familiari hanno fatto.

Non devo adeguarmi al sistema per avere il diritto di esserci.

Vi piaccia o no; voluto o non voluto, io ci sono e la Vita mi vuole.

Ho tutto il diritto ad esserci: Dio lo vuole, per questo ci sono.

 

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(es.: Mt 25,31 - 46):
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