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TESTO Commento su Luca 23,35-43

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XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) - Cristo Re (25/11/2007)

Vangelo: Lc 23,35-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] 35il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

L'Anno Liturgico si chiude in modo molto significativo con la solennità di Cristo Re per evidenziare il frutto del Mistero pasquale celebrato nel corso dell'anno, il frutto appunto della sua regalità che il Signore risorto, il Vivente, sta misteriosamente estendendo attraverso lo scorrere delle generazioni umane, per consegnare questo Regno quando sarà definitivamente realizzato, al Padre, alla fine dei tempi.

Lo rivela Paolo in un passo della sua prima lettera ai Corinzi, vero squarcio di altissima luce sull'esito escatologico della storia umana "... alla fine Cristo consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza: Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto sotto i suoi piedi tutti i nemici. L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche Lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti" (1 Cor 15,24 seg).

E' necessaria una premessa per comprendere nella giusta luce le letture della celebrazione eucaristica di questa solennità.

Notiamo anzitutto che il tema del Regno di Dio attraversa tutta la Scrittura, dall'Antico al Nuovo Testamento, come una delle linee portanti di tutta la Storia della salvezza.

Nel NT è il fulcro del proclama iniziale della "Buona notizia" di cui si fa annunciatore Gesù stesso fin dal suo primo apparire sulle strade della Palestina. In Mc 1,14-15 abbiamo il suo preciso esplicito enunciato: "Dopo l'imprigionamento di Giovanni (il Battista) Gesù venne in Galilea annunciando la buona notizia di Dio, dicendo che era compiuto il tempo fissato (il kairos) e che si è fatto presente il Regno di Dio".

Da tutti i passi evangelici, -e sono numerosissimi-, nei quali si tratta di questo Regno, risulta con assoluta chiarezza che non si tratta di un regno politico o militare, e neppure di un territorio su cui venga esercitato un qualsiasi potere supremo. Con altrettanta chiarezza si evidenzia invece che si tratta di un Regno esclusivamente spirituale, il quale meglio andrebbe definito come "signoria di Dio", cioè esercizio dell'autorità creaturale e di paterno amore da parte di Dio sugli uomini, da questi liberamente riconosciuta e accolta.

Questa signoria divina fu rifiutata da Adamo e dopo di lui ogni uomo nasce con le conseguenze di questo rifiuto del progenitore: il peccato originale.

Cristo Signore con la sua perfetta obbedienza d'amore di Figlio al Padre - fino alla morte in croce – distrugge le conseguenze del rifiuto adamitico e con la sua risurrezione inaugura il ripristino di questa regalità divina che troverà il suo compimento universale alla fine dei tempi, quando la storia umana sarà ormai compiuta come Storia della salvezza dell'umanità redenta e divenuta "figlia nel Figlio" del Padre.

Di questa restaurata signoria il Figlio, il Signore risorto, il Vivente, nel succedersi delle generazioni umane, è il misterioso realizzatore con il titolo di Re. La sua però è una regalità per così dire provvisoria, come abbiamo visto nel passo citato della lettera ai Corinzi. Questa è la regalità di Cristo oggetto della odierna solennità, che la potenza del "memoriale" liturgico attualizza nell'assemblea, nella Chiesa e misteriosamente in tutta l'umanità.

Le letture odierne dovrebbero essere contestualizzate in questa luce.

La l^ Lettura narra la consacrazione regale di David, il quale nel AT è celebrato come il Re ideale per la sua fedeltà a Dio e alla Alleanza, nonostante la sua fragilità umana umilmente confessata. Come tale il NT lo vede quale figura profetica di Cristo Signore e della sua regalità. L'unzione con l'olio della consacrazione a Re di David è profezia della "unzione" che lo Spirito Santo operò in Gesù nell'atto del suo concepimento (Lc l,35), e confermata al momento del battesimo nel Giordano (Lc 3,21).

Il racconto della crocifissione nell' odierna pagina dell'Evangelo di Luca, evidenzia in modo altamente simbolico di grande espressività, la regalità di Gesù crocifisso, che proprio sulla Croce - vero trono regale!- è proclamato Re: "C'era una scritta sopra il suo capo: "Questi è il Re dei Giudei" (23,37).

Giovanni nel suo racconto della crocifissione sottolinea alcuni particolari di significato profetico: "Pilato compose l'iscrizione e la fece porre sopra la croce. Vi era scritto: 'Gesù il Nazareno, il re dei Giudei'.... in ebraico, in latino, in greco. I sommi sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: Non scrivere: Il re dei Giudei, ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei. Rispose Pilato: Ciò che ho scritto, ho scritto"! (Gv 19,19-22).

Questa regalità, così sorprendente, addirittura sconvolgente nella sua manifestazione esterna, rifiutata, schernita dal popolo che assiste alla crocifissione, dai soldati che la eseguono, e da uno dei malfattori anch'esso crocifìsso, con sorpresa è riconosciuta dall'altro malfattore, il quale rimprovera il suo compagno di sventura e rivolto a Gesù riconoscendo la sua innocenza, umilmente lo supplica: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". Stupendo atto di fede da mettere accanto a quello celebre del Vangelo di Marco, dove un pagano, il centurione comandante del gruppo dei soldati incaricati della esecuzione dei condannati, riconosce ad alta voce: "Veramente quest'uomo era il Figlio di Dio!"( Mc 15,39 )

Dobbiamo soffermarci su questo versetto del racconto lucano della crocifissione per coglierne un significato di grandissima importanza anche nel contesto della odierna solennità.

Il "buon ladrone" dice a Gesù: "Ricordati di me quando sarai nel tuo Regno". Gesù gli risponde: "Oggi, sarai con me nel Paradiso", identificando il suo Regno con il "Paradiso".

Notiamo anzitutto che la parola "paradiso" nel NT si trova soltanto qui in questo testo di Luca, nella 2 Cor 12,4 e in Ap 2,7, testi che confrontati si illuminano a vicenda. E' la parola con la quale la Bibbia dei Settanta traduce il termine ebraico "giardino" quello dell'Eden, ripetuta più volte appunto nel cap.2 della Genesi.

Il testo di Luca, il cui dettato nel testo greco è particolarmente debitore della Settanta, adoperando il termine "paradiso", allude al giardino dell' Eden, dove il Creatore aveva posto Adamo e dal quale questi fu cacciato dopo il peccato.

Il linguaggio simbolico del racconto della Genesi prima del peccato esprime un intenso rapporto di intimità tra Dio e Adamo, rapporto di comunione di vita.

Gesù, dicendo al buon ladrone: "Oggi sarai con me nel paradiso", voleva significare che lo avrebbe portato nella condizione di comunione di vita con Dio, come era nell'Eden primordiale!

Allora questo è il Regno di Dio, che Cristo sta ripristinando con il suo sacrificio pasquale di cui è il primo atto è la Croce e che si concluderà con la Risurrezione: sta nascendo misteriosamente la nuova creazione(Ap21,1.5:Is 65,17.22;1P3,11) nella quale Dio ristabilisce la signoria d'amore rifiutata da Adamo - come proclama lo splendido inno Cristologico della 2a Lettura (Col 1,21).

Il ladrone, il peccatore, che ha riconosciuto il suo peccato,, con il suo atto di fede nella regalità di Gesù come lui crocifisso, al seguito di Lui che proprio lì sulla croce sta divenendo il nuovo Adamo, il primogenito della nuova creazione (Col, 18), sarà il primo ad rientrare in quell'Eden (nuovo giardino-paradiso della nuova creazione), il cui ingresso era stato chiuso dopo il peccato del primo Adamo.

Quel ladrone è eloquente simbolo dell'umanità peccatrice redenta da Cristo Signore e perciò riportata alla comunione di vita con Dio nella accettazione piena della sua regale signoria di amore, quella signoria che il Figlio con il suo sacrificio pasquale ha restaurato, o meglio sta restaurando misteriosamente attraverso le generazioni lungo la storia dell'umanità :è la dinamica dialettica del "già e non ancora".

Una domanda forse affiora a questo punto: se è vero che il Regno si sta instaurando, sia pure incoativamente, è possibile vederne un qualche segno?
La risposta è decisamente affermativa.

La signoria d'Amore di Dio è presente e traspare nei Santi di ogni tempo, quelli ufficiali e quelli anonimi che un occhio 'purò sa scorgere nel proprio ambiente di vita, perché li rende 'diversi' e perciò visibili la loro coerenza cristiana, testimonianza indubbia della presenza della 'signoria' di Dio nella loro vita.

Ma oggi c'è anche un fenomeno ormai notato e studiato con stupore anche dai giornali e dalla TV: quello di folle sempre più numerose che accorrono ad ascoltare un Papa, il quale non indulge certamente a modi e parole accattivanti. Questo fenomeno insieme a quello del ritorno del sacro che sta attraversando tutte le culture a livello mondiale, non sono forse l'affiorare della signoria di Dio, il quale estromesso dalla cultura del postmoderno, silenziosamente sta ritornando come risposta al bisogno di valori non effimeri, e perciò dell'Assoluto, di Dio, che nulla riesce a sopprimere nel cuore umano?

Tornando al testo evangelico non dovrebbe sfuggirci un altro particolare delle parole di Gesù: "Oggi sarai con me...". Questo "Oggi" detto da Gesù mentre da compimento alla missione redentiva affidatagli dal Padre, fa inclusione con l'"Oggi" con il quale aveva aperto quella sua missione nella sinagoga di Nazareth quando aveva detto: "Oggi si è adempiuta questa scrittura". (Lc 4,20)

Quell' OGGI (corrispondente all'ORA del Vangelo di Giovanni) è il "Kairos" cioè il momento fissato dall'eterno decreto divino, eternamente presente perché fuori del tempo cronologico degli uomini, nel quale trova finalmente compimento il disegno di salvezza per l'uomo nella restaurazione della regale signoria d'amore di Dio. Quell' OGGI è anche quello che il memoriale della Liturgia attualizza per noi.

Di fronte alla ricchezza, certamente appena sfiorata, di questa pagina dell'Evangelo di Luca, l'inno Cristologico della 2a Lettura già citato, diventa l'espressione dell'incontenibile esultanza dei redenti, perché trasferiti dal Padre dal regno delle tenebre a quello del Figlio diletto.

L'epiclesi dello Spirito nella celebrazione della Eucaristia odierna, faccia cantare nel nostro cuore, fiorire sulle nostre labbra, testimoniare nella nostra vita questo inno di supplice adorazione, di lode e di ringraziamento affinché il Regno cresca attraverso le vicende della nostra storia e abbracci tutta l'umanità nella giustizia, nell'amore e nella pace.

Commento a cura delle Benedettine di Citerna

 

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