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TESTO Tempo di fiducia e di speranza

padre Gian Franco Scarpitta   Chiesa Madonna della Salute Massa Lubrense

I Domenica di Avvento (Anno A) (02/12/2007)

Vangelo: Mt 24,37-44 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 24,37-44

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 37Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, 39e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. 40Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. 41Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.

42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.

Se fonti certe ci informano che ci verrà data una cospicua somma di denaro extra in aggiunta allo stipendio, ci rallegriamo ed esultiamo questa notizia, aspettando con fiducia che il valsente ci venga versato. Quando poi finalmente la cifra ci viene consegnata, allora ce ne rallegriamo e avvertiamo un senso di gioia e di sicurezza. Tale e quale è l'atteggiamento di chi vive nella speranza: sperare significa aspettare con fiducia che si realizzi qualcosa che ci è stato promesso e in cui noi abbiamo riposto la nostra fiducia; quindi la speranza è una virtù che si lega alla fede e che noi coltiviamo nell'attesa fiduciosa di qualcosa di consolante che avverrà in futuro.

Questo preambolo è necessario per comprendere il senso della liturgia di oggi che apre un intero anno liturgico con la prima Domenica di Avvento: noi infatti viviamo nell'attesa che si realizzi la promessa che il Signore ci ha fatto della sua venuta futura e che noi abbiamo riconosciuta come veritiera attraverso la fede. Il Signore della vita e della gloria, che ci si è rivelato come Dio Salvatore e liberatore e che ha affermato il suo amore nei nostri riguardi entrando nella storia terrena nella persona di Gesù Cristo, ha promesso di tornare a visitarci e di instaurare una dimensione definitiva di gioia e di salvezza in futuro; ragion per cui noi lo aspettiamo e viviamo il nostro tempo – parole della Liturgia – nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo.

Quando arriverà il nostro Salvatore? Quando si realizzerà questa promessa?

I passi scritturali di oggi descrivono il realizzarsi di tale promessa nell'assoluto futuro, ossia al termine della storia, quando tutti i popoli saranno radunati presso il monte del tempio del Signore (Isaia I lettura) che sarà più alto dei colli per accogliere tutte le genti e tutte le nazioni", il che simbolicamente indica il momento definitivo della salvezza universale, nella quale il male sarà definitivamente sconfitto e il bene trionferà incontrastato per la gioia dell'uomo. Il Vangelo di Matteo si serve di immagini rovinose e catastrofiche per presentare l'avvicendarsi di questi eventi finali della storia ai fini di descrivere la supremazia di Dio sul mondo e la validità del giudizio definitivo sulla storia: eventi terrificanti segneranno il termine della malvagità umana e la restaurazione di tutte le cose, proprio come avvenne ai tempi del diluvio universale, quando Dio fece irrompere la furia delle acque per restaurare l'umanità decaduta, senza tuttavia condannare il solo uomo giusto della terra. Il tutto da realizzarsi in tempi ultimi e definitivi, la cui conoscenza è data solo al Signore. Per dirla con Pietro, ci attendono "cieli nuovi e terra nuova nei quali avrà stabile dimora la giustizia" e noi viviamo nella continua attesa che si realizzino tali promesse dimenandoci nella storia con attitudine di speranza e aspettativa futura. Dio infatti oltre ad essere il nostro presente e il nostro passato è anche il nostro futuro.

La speranza tuttavia non è un attendere nella vacua e banale passività inoperosa, né tantomeno comporta che in noi si viva l'oggi della storia all'insegna della paura di un giudizio di drastica condanna a cui il Figlio dell'uomo sottoporrà tutti gli uomini: la speranza che scaturisce dalla fiducia degli eventi futuri non ci esula dagli impegni quotidiani e non relega la nostra vita alla fuga da questo mondo per l'attesa di una gioia sospirata che è solo ventura, in quanto lo stesso Signore che attendiamo nel fulgore della sua gloria è lo stesso Cristo che abbiamo già avuto in dono nel mistero dell'incarnazione e di cui abbiamo appreso le orme del Regno, lo stesso Gesù Cristo che che non ha mancato di manifestarci il suo amore e la sua benevolenza salvifica e per il quale tutti gli uomini vanno accolti e recuperati dal peccato. Questo Signore ci esorta a vivere il presente nella gioia e nella costante operosità disinvolta all'insegna del bene e della pace, nella concordia e nella giustizia, appunto perché il futuro è un dono che si attende nella contentezza e nell'esultanza. Occorre vivere insomma la pienezza del presente nella fiduciosa attesa del futuro perché il futuro che ci viene incontro sia quello della realizzazione delle attese del presente. Attendere l'avvento di Dio alla fine della storia deve quindi comportare estrema fiducia e rinnovato entusiasmo, allontanando ogni tendenza a fuggire dalla scena di questo mondo ma vivendo il nostro tempo nella costante testimonianza del Regno di Dio nonostante il persistere delle tenebre.

La speranza ci incoraggia a vivere sempre l'oggi considerando il futuro. Se prestiamo un po' di attenzione, da parte di tutti si ha sempre la necessità di attendere, non importa quali siano le nostre attuali condizioni, la realizzazione di un futuro migliore e del resto l'uomo non può vivere alla giornata ma aspirare al domani progettando il proprio futuro a cui protendersi a partire dal presente. L'attesa dell'avvento finale di Dio ci è di sprone a considerare sempre il nostro avvenire realizzando che il nostro futuro è appunto lo stesso Dio e di conseguenza a credere e a sperare senza riserve nel domani, a fuggire ogni paura e ogni inquietitudine relativa alle incertezze avveniristiche e a guardare al tempo che ci aspetta con estrema serenità e omettendo ogni apprensione. Dio è il nostro futuro nel duplice senso che ci aspetta e che intanto ci viene incontro.

Ma se abbiamo parlato di un futuro ultimo di cui non conosciamo date né scadenze e che ci è dato di attendere nella gioia e nella speranza, il tempo di Avvento che comincia adesso ci invita a vivere la fiducia e la speranza per i tempi di una gioia ravvicinata corrispondente. Durante queste settimane saremo invitati a coltivare in cuor nostro la fiduciosa attesa di un Dio che verrà a salvarci non soltanto al momento estremo della storia, ma già adesso, tutti i giorni, poiché è il Dio che vuole assumere la nostra stessa dimensione storica condividendo tutto con la nostra umanità debole e precaria. Si tratta del Dio che viene a trovarci facendosi Bambino. Se la speranza nel Dio futuro è fiducia in un Dio Salvatore definitivo, la speranza in un Dio Bambino che ci è stato promesso è fiducia in un Signore che instaurerà la gioia piena in tutte le circostanze dell'oggi per cui i nostri giorni trascorreranno all'insegna della letizia e della consolazione interiore perché Dio Bambino sarà apportatore della novità promessa della pace che consiste nel rinnovamento radicale della trasformazione dell'uomo. Questo Bambino ci è stato promesso infatti come restauratore dell'umanità a partire dal cuore di ciascuno e il suo arrivo venturo non può che comportare un clima previo di attesa fremente e allo stesso tempo consolante e fiduciosa che sussiste nella nostra immediata esperienza nel termine Avvento.

 

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