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TESTO Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto (324)

don Remigio Menegatti  

XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (11/11/2007)

Vangelo: Lc 20,27-38 (forma breve: Lc 20,27.34-38) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 20,27-38

In quel tempo, 27si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: 28«Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 29C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. 32Da ultimo morì anche la donna. 33La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 34Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Forma breve (Lc 20, 27.34-38):

In quel tempo, disse Gesù ad alcuni8 sadducèi, 27i quali dicono che non c’è risurrezione: 34«I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature

La prima lettura (2 Mac 7, 1-2.9-14) ci racconta di avvenimenti del secondo secolo avanti Cristo, sotto la dominazione siro-ellenistica. Sette fratelli reagiscono alle richieste del dominatore straniero, che vuole costringerli a sacrificare agli idoli, vivono la fedeltà all'Alleanza di Dio e mostrano una fede incontrollabile nella risurrezione. La risurrezione è una convinzione andata via via maturando e precisandosi nel popolo di Israele, ma senza un significato univoco. Le diverse interpretazioni vedono i vari gruppi religiosi attestati su diverse posizioni: i farisei ritengono possibile la risurrezione, mentre i sadducei la negano, avendo di essa una visione troppo umana: il ritorno alla vita precedente, con i legami precedentemente costruiti, come quelli familiari.

Il vangelo (Lc 20, 27-38) mostra le conseguenze di queste diverse posizioni: Gesù si trova a confrontarsi con i sadducei, che negano la possibilità di risorgere. Per dimostrare la loro posizione riferiscono il fatto possibile – anche se certo non frequente – di sette fratelli che hanno sposato via via la stessa donna per assicurare la discendenza. "Nella risurrezione di chi sarà moglie?" chiedono a Gesù. Il Maestro porta il discorso su un piano superiore: nella risurrezione non riprendiamo la vita attuale, ma entriamo in una piena comunione con Dio e con i fratelli, con nuovi legami, decisamente diversi da quelli attuali, come è il rapporto moglie – marito.

Salmo 16
Accogli, Signore, la causa del giusto,
sii attento al mio grido.
Porgi l'orecchio alla mia preghiera:

sulle mie labbra non c'è inganno.

Sulle tue vie tieni saldi i miei passi
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t'invoco, mio Dio: dammi risposta;

porgi l'orecchio, ascolta la mia voce.

Proteggimi all'ombra delle tue ali;
io per la giustizia contemplerò il tuo volto,

al risveglio mi sazierò della tua presenza.

Il salmo anche se non la cita direttamente, ha come sottofondo la morte e la speranza della risurrezione. Ci si rivolge al Signore con particolari richieste proprio quando la vita umana va verso la sua conclusione e l'uomo avverte che non gli rimangono molte possibili vie d'uscita.

La preghiera di invocazione, frutto di fede autentica, è sostenuta da un comportamento contraddistinto dalla fedeltà: "sulle mie labbra non c'è inganno". Questa fedeltà diventa motivo per innalzare con forza al Signore la propria richiesta – "sii attento al mio grido" – nella certezza di essere esaudito. L'invocazione usa alcune immagini simboliche: "sulle tue vie tieni saldi i miei passi", "porgi l'orecchio, ascolta la mia voce", "proteggimi all'ombra delle tue ali".

Si attende la morte come un sonno da cui risvegliarsi e scoprire che il Signore è rimasto fedele, al fianco di chi lo ha invocato con cuore sincero: "al risveglio mi sazierò della tua presenza" e "per la giustizia contemplerò il tuo volto".

Un commento per ragazzi

Difficilmente i ragazzi al campo scuola mettono in pratica l'indicazione – anche se ripetuta spesso – di avere a disposizione felpa, borraccia e capellino. Così quando c'è da uscire per un'attività, tutti devono correre in camera a cercare il necessario. Lo stesso vale per la torcia elettrica: chi si sogna di portarla da basso anche sapendo che ci sarà la "caccia notturna"? Quando serve, tutti di corsa in camera a prenderla. Sembra proprio che alcune cose sia decisamente superflue, lontane, inutili... fino a quando non servono, e allora si fanno le corse per mettersi a posto.

Chiaramente il discorso della morte e di ciò che avviene in seguito ad essa è visto come lontano, e quindi ben più superfluo della felpa o torcia elettrica nei giorni del campo scuola. Per tanti ragazzi la morte è solo virtuale, ben presente, ma unicamente nel gioco che si fa su computer, palmare o videofonino. La morte come una realtà "non vera", estranea, che interessa solo come gioco. Se poi tocca direttamente...e allora ci si ritrova impreparati e in chiara difficoltà. Anche perché le risposte non sono già al loro posto, sicure, come invece avviene per la felpa e la torcia elettrica – grazie alle mamme che preparano la valigia –.

La morte è una realtà difficile, ostile, da ignorare (se non nel gioco) fin che non si presenta con la sua terribile realtà. Gesù non vuole fermarsi a parlare della morte; punta la sua attenzione, e richiama la nostra, su ciò che esiste già e dura oltre la morte, e non ci verrà tolto neppure alla fine della vita umana. Si tratta dell'amore di Dio, della sua fedeltà, del dono di una vita che non è la riproposta fedele dell'attuale, dove si prende moglie o marito, e si prova la gioia di avere figli. È una realtà nuova, in cui saremo con Dio, ma in una forma diversa dall'attuale. Diversa, ma non per questo meno vera.

Lo incontreremo in modo ancora più intenso e stabile...dove però il come...è difficile dirlo! Questa difficoltà a trovare gli esempi giusti per farci comprendere la vita che continua nonostante la morte, mette alcuni – al tempo di Gesù erano i sadducei – nella condizione di contestare e screditare, per concludere che non esiste risurrezione. In questo modo anche adesso si tenta di banalizzare la morte, così che la realtà a noi ancora sconosciuta si riduce a un gioco, popolato da zombie, e ricco di effetti speciali, abbastanza sadici. Gesù non ha il gusto del macabro, non punta su particolari disgustosi, che attirano l'attenzione curiosa del lettore. Lui sottolinea la fedeltà di Dio e il dono della sua vita divina, dono che già qui cominciamo a gustare e che – per chi lo desidera e lo chiede – non verrà meno quando passeremo la porta della morte. Una porta che sembra banale, ma che ci farà certamente soffrire. Una porta che fa entrare nella sala dove Dio ha preparato per i suoi amici – e quindi nella sua disponibilità per tutti! – il banchetto della vita (anche qui usiamo delle immagini per tentare di spiegare il senso di vita e di gioia). Banchetto dove passerà lui stesso a servire i suoi figli, divenuti "uguali agli angeli, e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio". Infatti "Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui". Così ci dice suo Figlio e nostro fratello, Gesù. E di lui vogliamo fidarci.

Queste ultime domeniche dell'anno liturgico e la prima del nuovo – l'Avvento fino al 16 dicembre – ci aiutano a guardare verso una realtà che non appare chiara, ma sta davanti a noi. È come una strada che siamo comunque chiamati a percorrere, senza temere la nebbia che l'avvolge. Gesù ci aiuta a diradare questa nebbia perché vuole che andiamo incontro a lui non vivendo questo tempo come una condanna, con il senso della paura, tentati si fuggire e impossibilitati a farlo.

Ci parla di un Dio fedele, che non abbandona i suoi figli e non dimentica il bene da loro compiuto, puntando sull'amore più che sulla giustizia. Ci chiede una fedeltà vera, non di facciata, solo per sfuggire il male; ci sprona a prepararci. Prepararsi non vuol dire puntare sulla morte, agitarsi per essa, quanto invece vivere con disponibilità e generosità, perché già adesso, e anche dopo, possiamo gustare la gioia che nasce dalla comunione con il Dio fedele.

Un suggerimento per la preghiera

"O Dio" anche noi vogliamo riconoscerti come "Padre della vita e autore della risurrezione" e credere che "davanti a te anche i morti vivono". Ti chiediamo: "fa' che la parola del tuo Figlio seminata nei nostri cuori, germogli e fruttifichi in ogni opera buona, perché in vita e in morte siamo confermati nella speranza della gloria." Lo chiediamo con il nostro Signore Gesù Cristo, il vivente nei secoli.

Libri di don Remigio Menegatti

 

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