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TESTO L'evidenza vera di questo Regno

padre Gian Franco Scarpitta   Chiesa Madonna della Salute Massa Lubrense

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) - Cristo Re (25/11/2007)

Vangelo: Lc 23,35-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 23,35-43

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] 35il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Mentre tiriamo le somme dell'intero itinerario liturgico che abbiamo percorso durante questi 12 mesi, grazie all'iniziativa di Pio XI (Istitutore della presente Solennità nel 1925) siamo invitati a considerare che il Cristo di cui abbiamo celebrato liturgicamente le varie tappe, del quale ci siamo affascinati a proposito dei singoli episodi evangelici che lo interessavano e di cui ci siamo spronati vicendevolmente a seguire i moniti e gli insegnamenti il Signore Dio che tutto regge e detiene.

Cristo va preconizzato sotto l'aspetto della sua indiscussa regalità, essendo Egli Signore perché Dio universale in quanto Figlio generato dal Padre sin dall'eternità nello Spirito Santo quindi preesistente e infinito nonché Assoluto come Dio; a lui vanno le nostre riconoscenze di lode e di acclamazione poiché nella fede lo riconosciamo come il Signore che nella comunione con il Padre e con lo Spirito Santo sorregge l'intera realtà del cosmo guidando la nostra vita e guardare a Gesù Cristo come elemento storico che percorre le strade della geografia terrena non deve distogliere l'attenzione dal carattere della sua regalità. Egli è sempre il Signore, il Dio che esercita l'indiscusso predominio su tutto il creato.

Nell'Antico Testamento Dio veniva più volte definito come il Dio degli dei, nonché Signore dei signori, grande forte e terribile (Dt 10, 17). Isaia a più riprese rimarca queste caratteristiche di grandezza e di piena ineffabilità di colui che definisce il Tre Volte Santo (Is 6, 1 – 10) e la cui gloria pervade tutta la terra, attribuendo a Dio la piena Signoria regale, come pure nell'Esodo si afferma che Dio regna per sempre; e anche in Gesù Cristo Verbo di Dio fatto uomo emerge lo stesso concetto di Signoria e di regalità. Egli è il Signore e Re in senso pieno.

Tuttavia il regnare di Dio in Cristo assume delle particolarità molto interessanti. Quello di Gesù infatti è un regno del tutto singolare che differisce notevolmente dalle concezioni della mentalità giudaica del suo tempo e dalle comuni convinzioni intorno al dominio e al governo, giacché il suo regno "non è di questo mondo". Non si tratta di un'estensione geografica, né di un esercizio dispotico di governo su un popolo suddito che passivamente obbedisce, né di un regime egemonico di preponderanza sulle masse. Per definire adeguatamente il Regno di Dio e la signoria regale di Gesù Cristo occorre per forza guardare la sua vita terrena nello specifico delle opere di misericordia verso gli ultimi, i poveri, gli indigenti, gli esclusi e gli abbandonati: Cristo regna non già perché comanda ma perché si umilia facendosi uomo in mezzo agli uomini, povero con i poveri e servo di tutti. Il Regno di Dio in Gesù Cristo si evince dalla concretezza del bene con cui egli rende manifesto a tutti l'amore del Padre e l'evidenza di questo regno viene data dal fatto che "i ciechi vedono, gli storpi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti resuscitano, ai poveri è annunciata la buona novella (Lc 7, 22). Cristo è Signore per il fatto che instaura una logica di servizio con il suo agire spassionato per l'umanità e il suo regno impone una dimensione di pace e di giustizia che interpella il cuore degli uomini e che scaturisce dalla persistenza del suo messaggio che è espressivo della sua persona. Ma l'evento più convincente di siffatta regalità divina in Cristo è l'infame patibolo della croce: in esso avviene che Dio si autoconsegna all'umanità sottomettendosi alle sue insufficienze e alle sue miserie per essere di essa maggiormente servitore nello specifico dell'effusione del sangue di redenzione. La croce è il culmine nonché l'emblema dell'essere Signore di Cristo poiché proprio in essa si evince come tale signoria si allontani dalla comune concezione di questo secolo per costituirne una sfida: nel sangue Cristo regna maggiormente e indubbiamente perché indubbiamente ama..

Come afferma Paolo ai Filippesi, "Cristo Gesù... pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile a noi." (Fil 2, 1-6) e a questa dimensione di servizio e di espressione amorosa siamo invitati ad associarci noi tutti, affinché riscontriamo l'efficacia del regno non già nell'immediatezza vacua e meschina delle imposizioni politiche legiferatrici ma nell'estemporaneità dell'affrancamento da ogni legge scritta per la gioia di'essere figli di Dio e partecipi del Cristo Signore. In altre parole, che Cristo sia re in quanto servitore impone che anche noi, liberi di amare e di servire come lui, ci affasciniamo della medesima dimensione di giustizia, uguaglianza, solidarietà che egli è venuto ad apportare perché possiamo vivere la pienezza della novità del regno di amore e di pace di Cristo e così anche noi regnare assieme a lui. Vivere l'amore reciproco e persistere nella giustizia e nella comunione solidale vuol dire infatti partecipare inesorabilmente di questo essere Signore di Cristo per essere Signoria anche noi a nostra volta.

Il regno di Dio in Cristo non è tuttavia una mera realtà spiritualistica (Ardusso) e non ci distoglie dalle ottemperanze in seno alla convivenza civile e non demotiva nell'osservanza delle leggi scritte della nostra Costituzione: appunto perché liberi nel Figlio di Dio che ci ha riscattati dalla schiavitù del peccato, noi ci sentiamo appartenenti al nostro sistema terreno di leggi e prescrizioni non già nello spirito della passiva sottomissione quanto piuttosto secondo un sentire di responsabilità personale e di presa di coscienza che ci induce ad osservare ogni normativa come orientamento efficace di convivenza, nella consapevolezza di dover realizzare il bene comune e di promuovere le relazioni nella società; cosicché uno dei risvolti concreti del regnare di Cristo è l'incuterci sollecitudine nel riconoscere il Signore anche nelle istituzioni vigenti affinché già nelle comuni interazioni realizziamo la nostra dimensione di vita in Cristo.

Nonostante il privilegio di essere figli di Dio in Gesù Signore siamo costretti oggigiorno a riscontrare, accanto all'indifferentismo etico e religioso che misconosce già di per se Dio togliendo spazio alla vita dell'uomo, anche fenomeni raccapriccianti di fuga verso deplorevoli allucinazioni: è' demoralizzante, per esempio, che nella nostra epoca non siamo riusciti a palesare la dinamica speciale del regno di Dio in Cristo attraverso la nostra testimonianza di vita al punto che adesso la cronaca ci descrive il sorgere di una nuova fede incentrata sul culto ad un fuoriclasse argentino: che si veneri un calciatore celebrando riti e funzioni religiose secondo apposite liturgie specifiche è segno della mancata efficacia della nostra missione di annuncio del Regno di Dio e che da parte nostra si è mostrato poco entusiasmo nell'evidenziare a chi è smarrito e disorientato il vero volto del Signore che è via, verità e vita ma soprattutto la nostra fallacia è stata quella di non aver saputo recare agli altri la gioia di un Dio re che sebbene Signore e padrone dell'universo è proclive a rendersi sollecito nel servire gli uomini fino alla morte di croce. In un certo qual modo abbiamo vanificato anche lo stesso supplizio di Gesù al patibolo, visto che non siamo stati capaci di distogliere i nostri contemporanei dalle illusioni e dalle false certezze

 

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