PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO La terapia del grazie

don Giovanni Berti

don Giovanni Berti è uno dei tuoi autori preferiti di commenti al Vangelo?
Entrando in Qumran nella nuova modalità di accesso, potrai ritrovare più velocemente i suoi commenti e quelli degli altri tuoi autori preferiti!

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (14/10/2007)

Vangelo: Lc 17,11-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,11-19

11Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». 19E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Clicca qui per la vignetta della settimana.

In questi giorni sto lasciando la parrocchia dove ho speso due anni del mio ministero sacerdotale. Sono giorni nei quali la parola ricorrente delle persone che mi incontrano è "grazie".

Sento che non sono ringraziamenti formali. Al contrario dietro le parole scorgo davvero un bel legame che in modi diversi e intensità diverse ho costruito in questo tempo, attraverso le varie attività svolte, le celebrazioni e anche il semplice incontro quotidiano.

La parola "grazie" unita poi a una motivazione o un'altra ("grazie per questo...", "grazie di quella occasione che..." ecc.) è una parola che davvero mi risana. Lo dico perché cambiare parrocchia dopo solo due anni non è facile. Non è facile ed è faticoso perché non significa tanto non fare più delle attività e iniziarne delle altre in un altro posto, ma cambiare significa prima di tutto "tagliare" i legami e modificare in modo non semplice le proprie relazioni quotidiane. E ricevendo tanti "grazie", anch'io non posso che rispondere con altri personali "grazie" alle persone che devo lasciare. E mi sento più in pace...

Il Vangelo di questa domenica insiste molto su questa dimensione del "grazie". Facciamo fatica a ringraziare, perché ringraziare significa riconoscere che abbiamo avuto bisogno dell'altro. E la tentazione forte di esser assolutamente autonomi è grande e ci condiziona. Non vorremo mai aver bisogno di dire grazie a nessuno. Abbiamo paura di riconoscere che siamo poveri in molte cose e senza l'altro non possiamo farcela. E nello stesso tempo la tentazione dell'egoismo ci porta inconsciamente a non voler che nessuno ci debba dire un giorno "grazie" perché significa che abbiamo dovuto aiutare e soccorrere chi era più povero di noi in qualcosa. Ovviamente non parlo dei "grazie" formali e delle piccole cose. Parlo delle esperienze forti della vita e di quando ci imbattiamo nelle difficoltà vere nostre e altrui che ci "obbligano" a soccorrerci reciprocamente.

Dire "grazie" è anche riconoscere la libertà dell'altro dal quale non possiamo pretendere nulla. Il "grazie" che manifestiamo a voce e con i gesti risana realmente le nostre relazioni umane ammalate spesso di pretese e prepotenze e ammalate anche di isolamento e pretesa di autonomia assoluta.

E anche con Dio siamo spesso così: pretendiamo da lui tutto oppure lo ignoriamo. Imparare a ringraziare Dio significa ritrovare il giusto rapporto tra noi e l'Altissimo, che con Gesù è diventato "bassissimo", vicino a noi fin a diventare bisognoso di noi.

Mi fa riflettere infatti l'episodio del Vangelo nel quale Gesù sembra manifestare il bisogno di esser ringraziato della guarigione donata. La guarigione è stata gratuita per tutti e 10 i lebbrosi ma la finalità non era tanto la sanità del corpo, ma principalmente la relazione dei guariti con Lui e con il Padre.

Solo uno dei 10 ha riconosciuto non solo il dono ricevuto ma anche il donatore, e per questo torna indietro per dire "grazie". E in quel "grazie" a Gesù ritrova un amico e una salvezza più profonda di quella della pelle dalla lebbra.

Per questo credo che imparare a dire "grazie" sia davvero una terapia. Guarisce i rapporti tra di noi e ci fa sentire Dio vicino. Guariamo dalla solitudine della quale spesso siamo noi stessi colpevoli e ci avvicina gli uni agli altri riconoscendo serenamente che da soli non ce la facciamo. Per questo Dio ci ha messi insieme. Per avere sempre più occasioni di dirci gli uni gli altri "grazie".

Clicca qui per lasciare un commento.

 

Ricerca avanzata  (54031 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: