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TESTO Commento su Luca 18,9-14

Omelie.org - autori vari  

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (28/10/2007)

Vangelo: Lc 18,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 9disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

1. Poche volte prestiamo attenzione al fatto che il Signore, come dice San Pietro, "resiste ai superbi, agli umili invece dà la sua grazia". Se lo tenessimo presente, faremmo più volentieri il bagno di umiltà che è necessario per seguire Gesù. Invece, come ci ricorda questo brano del vangelo odierno, siamo portati solo a gloriarci, magari solo sul palcoscenico della nostra coscienza, proprio come fa il fariseo: "Io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri e neppure come questo pubblicano". Neppure ci scuote la conclusione del Cristo per il quale il pubblicano "tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro".

2. Eppure, come ci dice Sant'Agostino, il Signore ci ricorda di tener presente di quello che siamo, cioè uomini, per natura fallaci e, comunque, sempre bisognosi di ravvedimento, di penitenza e di perdono. Solo a costoro, che si riconoscono bisognosi dell'aiuto di Dio, viene concesso l'aiuto della grazia. Agli altri la grazia non si concede, perché è ritenuta superflua. La pienezza di sé la esclude e la tiene lontana. La superbia ci fa stare in piedi davanti al Signore, pieni della nostra ridicola sufficienza. Invece, bisogna sentirsi indegni persino di "alzare gli occhi al cielo". Bisogna chiedere pietà dei nostri peccati, riconoscendo che solo il Cristo Signore può redimerli.

3. Dio non chiede altri sacrifici se non quello del nostro orgoglio e della nostra presunzione. Cambiare noi stessi è ben più difficile che cambiare il mondo, ma proprio questo ci viene chiesto con tanta insistenza: cercare di cambiare noi invece che gli altri, insomma convertirci. Convincersi che senza l'aiuto di Dio, anche questo è impossibile. Capire, finalmente, che senza di Lui non possiamo fare niente di buono. Sentirci dipendenti dalla grazia di Dio che ci rende nuovi, diversi e capaci di camminare verso la salvezza. È questo il vero senso dell'umiltà. Quello che ci ricorda sempre che "chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato".

4. In un mondo dominato dall'orgoglio una simile posizione non sempre potrà essere compresa, a volte anche da chi ci sta accanto, per questo bisogna chiedere al Signore che ci aiuti ad essere perseveranti. Lo ricorda con parole inequivocabili l'odierna lettura di San Paolo quando, nella persecuzione, sperimentò la solitudine: "nessuno mi fu vicino, ma tutti mi abbandonarono". Eppure, con quell'estrema umiltà che lo portò ad imitare il Cristo, chiede che quell'abbandono "non sia a loro imputato".

5. Solo così potrà vantarsi nel Signore "ho terminato la corsa, ho mantenuto la fede". A riprova che solo nel Signore possiamo gloriarci, quando a venire esaltata è la sua gloria. Solo questo ci consente, come ci ricorda sempre oggi San Paolo, di meritare "la corona di giustizia", che spetta a quanti attendono con amore la sua manifestazione. Cristo deve essere la ragione della nostra vita e lo sarà a patto che diventi la ragione della nostra attesa.

Commento a cura del prof. Rocco Pezzimenti

La nostra società, "viaggia" a punti. Ci sono i punti della patente, c'è il punteggio di fine anno a scuola. Raccogliamo con fedeltà i punti quando andiamo al supermercato. C'è anche la scheda punti regalo per il gasolio o la benzina...

Continuiamo ad accumulare punti per avere la soddisfazione di un "premio", di un regalo, di un dono che di fatto abbiamo già acquistato comperando i prodotti di chi mette in palio i premi.

Per incentivare ancor più il nostro desiderio di essere premiati esiste persino la carta fedeltà che si acquista per ottenere maggiori vantaggi nei momenti speciali.

Penso che il fariseo del racconto evangelico abbia un po' la nostra stessa mania: cerca di accumulare punti, per avere dei premi, dei vantaggi da Dio.

Sale al tempio a pregare, ma la sua preghiera non è altro che una lode di sé. Mostra la sua "tessera" a Dio, la tessere dei "punti" che con fatica ha accumulato e gli fa un resoconto preciso.

Prima di tutto lo ringrazia perché non è come tutti gli altri uomini ladri, ingiusti, adulteri. Insomma sente di essere bravo. Sente che Dio è proprio dalla sua parte. Non può che essere così con una condotta integerrima e secondo le regole prescritte, a cui si è attenuto scrupolosamente.

La sua preghiera è superba. Entra nello spazio sacro con i propri "sandali", cioè con la sua logica e con il rischio reale di incapsulare Dio nei propri schemi.

Pur rivolgendosi a lui, di fatto rigetta ogni dipendenza da lui. Si sente esperto nella fede. È un cavilloso estimatore di tutti i codici che regolano il comportamento religioso. Li conosce a memoria. Ma la regola sclerotizza il suo cuore al punto tale che si fa un'immagine di Dio... "a sua immagine". È così incentrato sulla sua "perfezione" che credendo di rivolgersi a lui, in effetti si rivolge al suo io che idolatra.

La sua preghiera è separazione divisione tra persone buone e cattive. Senza alcun dubbio si pone nella schiera degli eletti escludendo tutti quelli che non sono come lui.

Pur ritenendosi esperto di cose religiose, di fatto non conosce Dio. Non ha ancora capito che Il Signore non è in vendita e ciò che gradisce non sono i riti precisi e ben fatti secondo le "regole", ma un comportamento segnato dall'amore.

La preghiera del fariseo gli ritorna addosso in un circolo vizioso di chiusura, perché dove non c'è spazio per gli altri, non c'è spazio neppure per Dio.

La prima lettura mostra che solo la preghiera dell'umile penetra le nubi, cioè è capace di arrivare a Lui. È una preghiera che lo raggiunge e lo coinvolge in una risposta feconda e ricca di amore.

Così la preghiera del pubblicano che, ultimo nello spazio sacrale, non osa alzare gli occhi al cielo e continua a battersi il petto in segno di riconoscimento del proprio limite e dei propri errori. La sua preghiera è la richiesta di misericordia divina: "Abbi pietà di me peccatore". Si toglie di fatto i "sandali" il pubblicano, proprio come Mosè davanti al roveto ardente. Cioè non impone a Dio il suo giudizio, ma si rimette alla volontà Divina.

La richiesta di misericordia non è forse il ritornello che dopo quella della lode ritroviamo più spesso nei salmi? "Pietà Pietà di me o Dio secondo la tua misericordia" pregava il Re Davide implorando da Dio il perdono dei suo peccati... e in un altro salmo "Se consideri le colpe Signore, Signore chi potrà sussistere? Ma presso di te è il perdono perciò avremo il tuo timore"

Queste parole sono il canto-preghiera di tutti gli uomini e di tutte le donne che riconoscono chi è Dio il Signore e si rivolgono a lui con umiltà.

E Dio a questa preghiera risponde, perché più che le apparenze lui guarda i nostri cuori, conoscendoli profondamente.

Anche noi la domenica saliamo al tempio a pregare. Il rito pone all'inizio della Eucaristia l'atto penitenziale: Signore pietà... E' solo "togliendoci i sandali" che possiamo entrare in comunione con Dio amore, che subito dopo attraverso le letture ci parla con parole di amore spingendoci ad essere amore proprio come lui, perché come afferma san Paolo nella seconda lettura questo messaggio di speranza raggiunga per mezzo nostro tutti gli uomini.
Questo bel racconto riguarda tutti noi.

In quale personaggio ci riconosciamo?

Commento a cura di Suor Piera Cori

 

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