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TESTO Il nostro aiuto dal Signore (321)

don Remigio Menegatti  

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (21/10/2007)

Vangelo: Lc 18,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 18,1-8

In quel tempo, Gesù 1diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature

La prima lettura (Es 17, 8-13) mostra uno dei momenti della conquista della terra promessa: la battaglia di Israele contro gli Amaleciti, tribù antica e fiera, situata a sud della terra di Canaan. Mosè non partecipa direttamente alla battaglia, affidata a Giosuè, ma con la sua preghiera risulta determinante per la vittoria. Sale sul monte con altri due uomini, tenendo in mano il bastone con cui aveva operato altri prodigi: l'apertura del Mar Rosso e la sorgente di acqua dalla roccia. La preghiera della guida di Israele è fondamentale per la conquista della terra promessa da JHWH ai discendenti di Abramo.

Il vangelo (Lc18, 1-8) ripropone il valore preghiera per essere discepoli di Gesù. Luca dalle prime righe annuncia il tema della parabola: la necessità di pregare sempre, senza stancarsi. Gesù presenta un giudice disonesto che si piega alle richieste della vedova perché stanco di essere importunato. Dio – dice Gesù – a differenza del giudice ascolta "prontamente" i suoi figli. In conclusione si sottolinea un chiaro ammonimento sulla necessità di mantenere viva la fede, per presentarsi davanti al Figlio dell'uomo, il giudice universale.

Salmo 120
Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l'aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore,

che ha fatto cielo e terra.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno,
il custode d'Israele.

Il Signore è il tuo custode,
il Signore è come ombra che ti copre,
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.

Il Signore ti proteggerà da ogni male,
egli proteggerà la tua vita.
Il Signore veglierà su di te,
quando esci e quando entri,

da ora e per sempre.

Il salmo, come ogni altro, è preghiera; preghiera suggerita da Dio – è la sua Parola insegnata a noi – perché noi possiamo degnamente rivolgerci a lui. Preghiera che insegna a pregare, soprattutto in questa domenica in cui la Parola di Dio sottolinea il valore di dialogare con il Signore. Lo mette in luce anche il versetto che alterniamo alle strofe: "Il nostro aiuto viene dal Signore".

In questo caso il salmo è come una professione di fede, che utilizza alcune immagini per dire chi è Dio, come lo ha percepito il credente, e attraverso quali esperienze. Nella Bibbia la fede non si riduce mai ad una serie di titoli "filosofici", da imparare a memoria. È piuttosto il canto di gioia di chi ha incontrato l'azione di Dio e lo suggerisce ad altri perché sia conservato nel tempo.

Le immagini: il Signore è il creatore, custode di Israele che non riposa perché veglia sempre sul suo popolo; è ombra che difende dal sole e permette il cammino. Le azioni: ha fatto cielo e terra, si pone alla destra dei suoi amici come alleato per difenderli e proteggerli da ogni male. È fedele: la sua azione è stabile, "da ora e per sempre". Da nessuna altro viene la salvezza: quando alziamo gli occhi, per invocarne protezione, è lui l'unico pronto a rispondere e donare all'uomo la forza.

Un commento per ragazzi

Un tempo a scuola ci insegnavano a scrivere le lettere, e ci facevamo provare per imparare rispettando tutte le regole ponendo al loro posto indirizzo, mittente, introduzione specifica – "caro, carissimo, egregio signore, molto reverendo..." – e il saluti finali con le solite frasi "di circostanza" fino ad arrivare a quelle più complicate. Adesso mandiamo i nostri messaggi con le mail, dove è tutto semplificato, oppure con gli sms dove le parole vengono abbreviate o sostituite da simbolici e numeri. Un linguaggio, assai lontano da quello "classico" delle lettere.

"Ciò che conta è capirsi", si potrebbe dire. È vero! Indispensabile è avere idee e poi trovare un mezzo per comunicarle. Prima ancora è importante poter godere – o voler creare – una relazione: non ha senso mandare messaggi a sconosciuti – componendo numeri a caso – tanto c'è la promozione gratis!

Se dovessimo tradurre le nostre preghiere raffrontandola con normali sistemi di comunicazione, a cosa potrebbero somigliare? Alle lettere in bella calligrafia, con le diciture previste, e tutte le parti al loro posto? Ad un foglietto su cui scriviamo di corsa un messaggio essenziale e fondamentale? A un sms inviato per noia, "tanto non si paga", e per non far la figura di chi non sa usare il cellulare?

Gesù – soprattutto nel Vangelo di Luca – viene proposto spesso in preghiera, e appare come maestro nel dialogo con Dio (cfr Lc 11, 1-13). Qui usa una parabola con dei personaggi significativi: una donna sola, una vedova, che non conta molto nella società del suo tempo. Eppure è decisa a chiedere giustizia. Non cerca la mediazione di uomini della sua famiglia o conoscenti, ma sempre maschi: si rivolge direttamente al giudice, ben sapendolo insensibile e chiuso ad ogni richiesta.

Gesù contrappone la figura del giudice a quella del Padre, attento ai suoi figli. Il giudice della parabola alla fine ascolta la richiesta della donna solo per togliersela di torno, stanco della sua incrollabile insistenza. Dio invece accoglie i suoi figli perché li ama. Anche Mosè è segno di una preghiera insistente: le sua braccia alzate portano alla vittoria contro Amalek e il popolo cananeo, risultando così determinante per il risultato, pur rimando sul monte, apparentemente lontano dalla battaglia. La preghiera è un modo per compiere il bene, anche se a volte può sembrare un modo per sfuggire l'impegno concreto, "stare sul monte" lontani dalla vita concreta. Ciò che conta poi non è tanto la posizione del corpo – comunque non proprio secondaria – quanto la convinzione: prego non per stancare Dio, per sfinirlo di parole, bensì per manifestare a lui che anche per me l'"aiuto viene dal Signore che ha fatto cielo e terra". Una preghiera che manifesti la fede e la sostenga, dato che il Signore non smette di rivolgere a noi il suo sguardo benevolo. La fede è una delle condizioni essenziali per dare corpo alla preghiera; altrimenti è come una bella lettera, vergata con calligrafia su carta pregiata, rispettando le norme stilistiche, ma priva di legame e sentimenti verso il destinatario. La spediamo, ma ci crediamo poco, oppure siamo già critici e prevenuti verso chi dovrebbe accogliere le nostre richieste.

Una preghiera semplice, ma non banale; non necessariamente lunga, con tante parole, ma neppure fatta per essere a posto e non doverci più pensare. Una preghiera che ha la freschezza del dialogo tra un bambino e i suoi genitori, la vivacità del discorso tra amici, la purezza e bellezza con cui ci rivolgiamo all'amato tenuto in grande considerazione, la serenità e fiducia che nasce dalla certezza di essere ascoltati. Una preghiera "insistente" sostenuta da una fede che attraverso la stessa preghiera si manifesta e si nutre, si esprime e si educa. Una preghiera ricca di "fantasia", legata alla nostra vita quotidiana ma anche nutrita dalla Parola di Dio, perché se è vero che risulta essenziale la nostra personale esperienza di fede, altrettanto importante è ascoltare le vicende di altri e farne tesoro per noi stessi.

Una preghiera che ci metta ancora più in contatto con Gesù, che era per i suoi amici – e lo può diventare anche per noi – vero maestro di preghiera.

Un suggerimento per la preghiera

"O Dio, che per le mani alzate del tuo servo Mosè hai dato la vittoria al tuo popolo, guarda la tua Chiesa raccolta in preghiera; fa' che il nuovo Israele cresca nel servizio del bene e vinca il male che minaccia il mondo, nell'attesa dell'ora in cui farai giustizia ai tuoi eletti, che gridano giorno e notte verso di te." Lo chiediamo anche noi, insieme a Cristo, il nostro Signore.

Libri di don Remigio Menegatti

 

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