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TESTO Commento su Luca 18,1-8

mons. Ilvo Corniglia

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (21/10/2007)

Vangelo: Lc 18,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 1diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Il popolo di Israele, liberato dalla schiavitù, lascia la terra d'Egitto e si inoltra nel deserto. È un cammino minacciato da tante insidie. Una di queste è l'attacco militare da parte degli Amaleciti (Es. 17,8-13: I lettura). Una battaglia dura si protrae per tutta la giornata: gli Israeliti riportano una vittoria schiacciante sugli aggressori. Il segreto del successo: Mosè, sul monte, tiene le mani alzate fino a sera. Di per sé l'espressione non indica che Mosè è in preghiera. Piuttosto con le braccia distese egli proclama, in un gesto profetico, che il Signore protegge il suo popolo e invita a conservare la fede in Lui, a fidarsi di Lui in questo momento estremamente critico. Fiducia che si esprimerà naturalmente nella preghiera.

La comunità cristiana, e in essa ogni fedele, quando sperimenta la lotta contro le forze del male sempre operanti lungo il suo cammino, ritroverà ogni volta sicurezza e serenità in Colui che è il suo "custode", la "protegge da ogni male" e "veglia" su di essa (cfr. sal resp.).

Fiducia che sostiene e consolida la fedeltà a Dio nel tempo della fatica e della prova. È il richiamo forte di Paolo al discepolo Timoteo nella lettera che gli scrive dal carcere, in prossimità della morte (2Tm 3,14-4,21: II lettura). L'Apostolo desidera incoraggiarlo: "Rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto". Lo esorta cioè a restare fedele al Vangelo che ha ricevuto da lui, che ha assimilato, che cerca di vivere e comunicare agli altri. Questa fedeltà poggia su due basi solide. La prima: "sapendo da chi l'hai appreso"; cioè l'insegnamento di Paolo, testimone oculare del Risorto e custode geloso della tradizione evangelica che parte da Gesù. L'altra: "le Sacre Scritture" dell'A.T., che sono finalizzate a Gesù e in Lui trovano il loro compimento. Timoteo le "conosce fin dall'infanzia". È stato educato a familiarizzarsi con esse e a interpretarle cristianamente dalla madre e dalla nonna. La fede ha il suo primo canale di trasmissione nella famiglia.

Il rapporto con le Scritture è decisivo. La ragione? "Tutta la Scrittura è ispirata da Dio". L'affermazione vale per gli scritti dell'A.T. (quando Paolo scriveva, non esisteva ancora una raccolta di testi del N.T.), ma riguarda sicuramente la Bibbia intera. "Ispirata da Dio": tutti questi libri, in tutte le loro parti, provengono da un'azione diretta di Dio; sono effetto di un "soffio", cioè di un influsso particolare di Dio. Sono opera del suo Spirito. Vale a dire: "scritti per ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa. Per la composizione dei libri sacri Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo Egli in essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori tutto e solamente quello che Egli voleva fosse scritto". Così interpreta il documento conciliare "Dei Verbum" n.11. Da tutto ciò deriva la necessità e l'efficacia somma della Scrittura per l'insegnamento e per la formazione di un cristiano maturo.

A questo punto, l'esortazione di Paolo a Timoteo e a ognuno di noi diventa ammonimento accorato ("Ti scongiuro"): "Annunzia la parola" in tutte le forme e con insistenza. È il richiamo forte al compito dell'evangelizzazione. Lo ripetono oggi con vive forza il Papa e i nostri Vescovi. Come Timoteo, anche noi siamo invitati a lasciarci "evangelizzare" sempre più – attraverso un rapporto costante col Messaggio Cristiano e con la Sacra Scrittura – per diventare capaci di "evangelizzare" in modo efficace.

Un altro aspetto veramente essenziale della fede è la preghiera perseverante. Gesù ne sottolinea la necessità e l'efficacia. "Bisogna pregare sempre senza stancarsi", cioè senza scoraggiarsi, superando la tentazione di pensare che non serva, ma con tenacia e insistenza (cfr. Lc 11,11ss.). Per rendere più comprensibile e convincente questa affermazione, Gesù porta il caso esemplare di una povera vedova. Rimasta priva del sostegno del marito, si trova di fronte un avversario che vuole derubarla. Essa non ha mezzi per ricorrere ad avvocati e tanto meno per ingraziarsi il giudice con qualche bustarella. Convinta delle sue buone ragioni, spinta dal bisogno, ricorre all'unica via per ottenere giustizia e con coraggio continua a interpellare il giudice che ha in mano la sua causa, perché difenda i suoi diritti. Il giudice, che è un uomo senza cuore e non ha nessun rispetto di Dio né del prossimo, non ha nessuna intenzione di esaudirla. Ma lei insiste con tenacia indomabile. Alla fine il giudice, non per senso del dovere, ma per togliersi questo continuo fastidio ed evitare ulteriori seccature, si decide ad accogliere la sua richiesta, e le fa avere quanto le spetta. Gesù trae lo spunto dall'episodio per esortare i discepoli a rivolgersi a Dio con fiducia incrollabile e con perseveranza. Egli infatti non è un giudice ingiusto e disonesto, ma è il nostro Padre (cfr. Lc 11,2) giusto e tenerissimo. Smettere di pregarlo è rifiutargli la nostra fiducia, non riconoscere più che è il nostro Padre e considerarlo come impotente o indifferente. Così viene meno la nostra fede. Assieme alla nostra preghiera è sempre in gioco la nostra fede in Dio, che è e rimane nostro Padre. Egli non è sordo. Non può non esaudirci. Ma noi non possiamo prescrivergli come e quando deve farlo. Una cosa sappiamo con certezza: non ci lascerà andare in rovina, ci salverà. Anche se può provarci a lungo, agirà in nostro favore. Di Lui ci si può, ci si deve fidare: il suo aiuto è sicuro, perché la sua potenza e il suo amore sono realtà assolutamente sicure.

Non è però altrettanto sicura la capacità degli uomini di mantenere in tutte le prove la fede in Dio come Padre. "Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?". Questa domanda finale di Gesù provoca una certa inquietudine ed è un invito a vigilare perché quando verrà – non ci ha detto quando – ci trovi saldi nella fedeltà a Dio e vivi nella fede, cioè perseveranti nella preghiera.

Viviamo in una società dove molti, prigionieri di un pessimismo opprimente, pensano che Dio non interviene mai e abbandona gli uomini in balia delle ingiustizie e della miseria. Ma la Chiesa – simboleggiata dalla vedova della parabola – non si stanca di consegnare a Dio in una preghiera insistente l'immensa sofferenza dei popoli, sicura che Egli farà trionfare la giustizia. Questa preghiera incessante vuole implorare da Dio la luce della fede per i miliardi di uomini che ancora non credono in Gesù, unico Salvatore di tutti. È l'impegno che ci richiama in modo speciale la Giornata Missionaria Mondiale che oggi si celebra. Ci ricorda che la Chiesa intera è "inviata" da Cristo. Ogni cristiano è "inviato". Io, tu, ciascuno, siamo responsabili dell'annuncio del Vangelo ad ogni uomo.

Come vivere in concreto la missione? Puoi partire, se Dio ti chiama, entrando a far parte della schiera dei missionari (sacerdoti, religiose, religiosi, laici) che nelle posizioni più avanzate annunciano il Vangelo in paesi lontani. Magari potresti regalare qualche mese...qualche anno... Puoi far dono a Dio della tua sofferenza, unita a quella di Gesù. È la moneta che paga di più. Puoi far dono dei tuoi beni per sostenere l'opera di evangelizzazione e di promozione umana che la Chiesa compie in tante parti del mondo (cfr. es. la raccolta che si tiene oggi in tutte le chiese...). Puoi pregare: la preghiera per la causa missionaria ha una forza incredibile etc. etc..

"È necessario pregare sempre". Sempre, quindi anche ora e ogni volta che lasci risuonare nel cuore questa parola di Gesù. Pregare è parlare a Dio con amore. Puoi farlo spesso.

-Es. quando hai capito cosa Dio vuole da te – e ciò può accadere in ogni momento -, gli dici: "Lo vuoi tu? Lo voglio anch'io".

-Es. quando fai qualsiasi azione, la incominci e l'accompagni con una dichiarazione a Gesù: "Per dirti che ti voglio bene!"

-Es. gli ripeti: "Grazie, perché mi vuoi bene!" e ancora "Ti affido questa...quella persona e in modo speciale coloro che si affaticano nell'annunciare il Vangelo...".

Ogni sera, pensando alla tua giornata, costaterai che il "pregare sempre" non è un'impresa impossibile e che è segreto di felicità.

Il Signore può essere soddisfatto di come a livello personale e comunitario viviamo la "missione"?

 

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