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XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (14/10/2007)

Vangelo: Lc 17,11-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,11-19

11Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». 19E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

PRIMA LETTURA
Dal secondo libro dei Re (5,14-17)

Nella tradizione biblica si conserva il ricordo di molti miracoli compiuti da Eliseo, il profeta discepolo del grande Elia vissuto nel IX secolo aC. La guarigione del generale siriano Naaman è sicuramente uno dei più noti. In un'epoca in cui la fede nel vero Dio sembrava entrata irrimediabilmente in crisi entro lo stesso popolo eletto, uno straniero, guarito dalla lebbra, viene a rendere gloria all'unico Dio. Gesù stesso rimase ammirato di questo episodio, fino a citarlo come un modello di fede per i popoli pagani.

SECONDA LETTURA

Dalla seconda lettera di S. Paolo apostolo a Timòteo (2,8-13)

Paolo ha incontrato spesso molte opposizioni, non solo quella dei pagani, ma soprattutto quella degli ebrei suoi fratelli nella fede. Ed anche quella di cristiani rimasti troppo attaccati alle pratiche ed alle tradizioni religiose giudaiche, tanto da essere definiti dagli storici: Giudeo-cristiani. Tutto ciò non poteva però incatenare la parola divina destinata a cambiare il mondo liberandolo dalle pastoie del ritualismo e del fondamentalismo.

VANGELO
Dal vangelo secondo Luca (17,11-19)

Dieci lebbrosi si accostano a Gesù per chiedere di essere sanati. Come se li avesse già guariti Gesù li invia a far constatare ai sacerdoti la loro avvenuta guarigione. L'attestazione scritta dei sacerdoti avrebbe loro permesso di tornare alla vita sociale, annullando il comando di vivere ai margini dei villaggi e lontano da ogni persona, una precauzione sanitaria crudele verso i malati, ma che cercava almeno di salvare i sani dal contagio della lebbra.

I dieci lebbrosi obbediscono a Gesù e vanno verso il tempio, ancora malati, ma fiduciosi nella guarigione. Di fatto questa avverrà lungo la strada, mettendo in chiaro il senso del comando di Gesù: era la prova della fede che aveva chiesto loro, mettersi in cammino, già fiduciosi nel miracolo. E' una prova che tutti e dieci superano. E per questo vengono sanati. Questi uomini che "stavano a distanza" e che la vita sociale aveva emarginati, erano degli uomini di fede, di grande fede. E' il primo messaggio di questo vangelo!

Emarginandoli, anche se apparentemente per motivi validi e razionali, la società si era privata di una grande ricchezza: dieci uomini di grande fede. Ma anche dieci uomini di grande sapienza. Un particolare, forse secondario nell'inizio della parabola, non dovrebbe però essere dimenticato: uno di loro era un samaritano. Cioè un nemico, un avversario etnico, politico e religioso.

L'amara esperienza dell'emarginazione li aveva arricchiti di una nuova sapienza, ed essi non emarginavano più. Almeno nel loro gruppo di disperati e sofferenti, tutti erano accolti.

Quanto può essere più povera una società che non sa farsi accogliente, ma emargina e divide gli uomini!

I dieci lebbrosi non hanno implorato invano la pietà di Gesù: lungo la strada il miracolo si compie. Certo la loro fede è stata grande. Quando sono partiti non avevano altro che la parola di Gesù, ma questo è bastato loro per mettersi in cammino. Una bellissima immagine di ciò che dovrebbe sempre fare la Chiesa intera ed ogni singolo cristiano di fronte alle difficoltà ed ai dubbi. Mettersi in cammino fiduciosi, perché la promessa di Dio non può abbandonarci.

Ottenuta la salvezza nove continuano nel cammino. Era logico il loro comportamento. Non erano andati da Gesù a chiedere la guarigione? Una volta ottenutala che motivo c'era di tornare indietro? Non era forse stato lo stesso Gesù a mettere loro fretta: andare dai sacerdoti anche prima di essere sanati? Non era forse questa la cosa più importante? Poi magari avrebbero anche avuto modo di ringraziare il loro benefattore, di lodare Dio che li aveva salvati, ma ogni cosa a suo tempo.

Il samaritano, l'unico che torna indietro a ringraziare il Signore non dissente sul loro comportamento. Poi anche lui andrà dai suoi sacerdoti, obbedendo ad una legge comune per ebrei e samaritani. Ma dissente sull'ordine di priorità e soprattutto su una scoperta fondamentale. Vuol lodare Dio e ringraziarlo per quanto ha ottenuto e per fare questo non va al tempio, non si reca dai sacerdoti dell'Antico Testamento, ma va da Gesù.

Se ha ottenuto la salvezza del corpo, ha però trovato in Gesù molto di più: Colui che può parlare a Dio in nostro favore, Colui che può metterci in comunione con l'Altissimo. Per questo torna da Lui. Se prima era prioritaria la salvezza del corpo, ora è prioritario stare con l'inviato del Padre, lodare Dio, ringraziare del dono ricevuto e della conferma della fede. "Cercate prima di tutto il Regno di Dio e tutto il resto vi verrà dato in aggiunta" dirà Gesù ai suoi discepoli e seguaci. Questo straniero, questo samaritano, questo apparente nemico della vera fede, ha capito più di tutti gli altri cosa è prioritario.

Quanti di noi facendo l'esame di coscienza trovano che, tutto sommato, non hanno compiuto nulla di meno che buono. Nel calcolo finale delle pendenze potrebbero considerarsi in pace con Dio e con gli uomini; ma quanto spesso l'ordine delle nostre priorità tradisce un ordine dei valori che è molto diverso da quello evangelico? La lode di Dio resta spesso come appendice finale delle mille occupazioni di ogni giorno.

Il messaggio della parabola si chiude quindi con quest'ultima esortazione a ridare priorità alla cose più importanti e prima fra tutte alla lode, alla preghiera di ringraziamento, per gli innumerevoli doni con cui Dio ci arricchisce ogni giorno.

Commento a cura di don Nazzareno Marconi

 

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